Vinitaly 2025: la parola ai produttori pugliesi tra dazi, dealcolati e vitigni autoctoni

Anche il Vinitaly 2025 targato Puglia va in archivio positivamente per i produttori pugliesi. Nonostante i dazi americani confermati e poi messi in pausa, l’incalzare del no alcol, un cambio di passo per il vino regionale, ci si interroga ancora su come rendere il prodotto ancor più un’eccellenza dell’enogastronomia italiana.

Questione dazi e il no alcol

Dopo il 2 aprile il settore dell’agroalimentare italiano ha dovuto fare i conti con un commercio instabile. Da sempre la Puglia viene ben vista dagli statunitensi, a riscuotere successo in particolare, è il Primitivo, ottimo per gusto e prezzo. Sono molte le aziende che hanno costruito successo con questo ponte, ma i dazi hanno messo tutto a rischio. Durante il Vinitaly, sulla base di questa riflessione, molti produttori hanno cercato un modo per sgravare i consumatori dagli aumenti di prezzo. Per farlo si sono serviti della “cooperazione”. “La paura dei dazi è stata mitigata dall’ingegno. Alcuni importatori hanno preferito dividere il dazio al 50%, alcuni fornitori invece, riescono ad assorbire serenamente il 20%, senza sottovalutare il cambio Euro/Dollaro, con un Euro sempre più forte in grado di ridurre il 20% del dazio. Ora però, con lo stand by dei 90 giorni procediamo a lavorare serenamente”. A dirlo è Rocco Lamonarca, Cantina Lamonarca. Lo stratagemma è stato adottato da diverse cantine italiane che con gli Usa ci lavorano da sempre.

La parola dealcolati resta ancora un argomento controverso e che ancora polarizza i produttori tradizionali che non vedono nei vini senz’alcol un’alternativa possibile. Lamonarca a riguardo afferma: “La curiosità per i dealcolati c’è, ma l’assaggio ancora delude. Il mercato sarà il vero termometro per capire se si tratta solo di una bolla pronta a scoppiare oppure no”. A pensarla così sono molti produttori, ma è vero che i prodotti a zero alcol aumentano e i convegni dedicati all’argomento, numeri alla mano, confermano questo come un comparto in crescita di circa il 47% nei prossimi anni (Fonte ISWR). Per cui bene chi ci ha visto lungo ed è partito con la produzione all’estero, ma è il momento di riflettere anche sulla qualità del prodotto. Con l’avvio di poli di dealcolizzazione tutti italiani – ma attivi a partire dal 2026 – vedremo cosa succederà. Per il momento, anche in regione, è ora di aprire un dibattito informato.

Sebastiano De Corato di cantina Rivera dice: “Il Vinitaly 2025 ha visto il padiglione della Puglia con una buona presenza di visitatori tra appassionati, sommelier e operatori italiani ed esteri. È difficile fare un bilancio di numeri, ma posso dire che l’interesse era vivo e orientato anche verso le varietà autoctone meno conosciute e la qualità dei visitatori molto buona. Per quanto riguarda Rivera, abbiamo ricevuto i nostri clienti acquisiti a cui abbiamo presentato le nuove annate e discusso dei programmi per il 2025, ma anche molti nuovi contatti, anche esteri dai mercati più disparati. Ovviamente a fare banco, soprattutto con i clienti USA, è stato il tema dei dazi, fortunatamente momentaneamente sospesi; devo dire che ho riscontrato da parte loro maggiore serenità su quanto potrà accadere sul mercato rispetto a quello che ci aspettavamo. Speriamo bene”.

Il cambio di stile e la rivalutazione dei vitigni antichi

Il vino italiano è a un giro di boa e non solo per lo stile gustativo dei suoi vini. Il consumatore è sempre più esigente in fatto di calici, in cerca di vini più freschi e adatti a favorire una dieta sempre più vegetale, è necessario parlare anche di bianchi. Per la Puglia è stato un Vinitaly di scoperta e riscoperta. Scoperta dei rossi contemporanei, ad esempio di Nero di Troia del Castel del Monte, ma anche dei bianchi più freschi come la Verdeca e Bombino Bianco, spumanti da autoctono compresi.

Proprio autoctono è la parola chiave che sta guidando task force scientifiche regionali in grado di trasformare il concetto di vino territoriale, portando i produttori alla riscoperta del patrimonio vitivinicolo regionale. Uno di questi è il progetto Ri.Vi.Vi Valle d’Itria, focalizzato proprio sull’omonima zona che può dimostrare molto. Tra escursioni termiche importanti e varietà difficili da trovare, il progetto promosso dal Dipartimento Agricoltura, CRSFA e il centro di ricerca Basile Caramia di Locorotondo, punta a migliorare la notorietà vini, la capacità di penetrazione in nuovi mercati e la redditività degli investimenti, rappresentando un modello pilota innovativo da estendere e replicare in altri territori pugliesi. Interessante anche il recupero del germoplasma viticolo pugliese, attività all’interno del programma di Sviluppo Rurale 2014-2022 curato dal Regevip. L’obiettivo è assicurare la conservazione della biodiversità viticola intraspecifica e intravarietale, migliorarne la conoscenza delle caratteristiche produttive e tecnologiche dei vitigni pugliesi, risanare e iscrivere al Registro Nazionale delle Varietà di Vite le varietà dimenticate, i cosiddetti vitigni reliquia.

L’esigenza di puntare su questi aspetti è materia viva per i produttori desiderosi di offrire vini dal gusto autenticamente pugliese, contemporaneo e curioso. Uno di questi è Giovanni Aiello. “Il Vinitaly è stato positivo perché ci ha messi tutti in connessione. Chi ci è venuto a trovare da fuori regione ha espresso apprezzamento per un prodotto che diventa qualitativamente valente e la Puglia sta pian piano prendendo una strada volta all’elevarsi. Restano le perplessità di alcuni su uno stile di vino difficile da proporsi, quello classico. Noi abbiamo portato in fiera non solo un territorio vitivinicolo, ma una panoramica di ciò che la regione, dal punto di vista gustativo può esprimere. Con un corner dedicato ai formaggi abbiamo reso possibile abbinamenti con il mio ancestrale e i bianchi autoctoni di Puglia come la Verdeca”.

Il Primitivo di Manduria e il suo passaporto digitale

Infine il ruolo dell’alfiere di Puglia resta essenziale nel racconto del nostro Vinitaly e si tratta del Primitivo. Il Consorzio del Primitivo di Manduria porta nella manifestazione un prodotto con uno stile contemporaneo e adatto per affermarsi su mercati in continuo mutamento. Una gradazione alcolica che tende a scendere, un lavoro meno artificioso sui prodotti e controlli sempre più stringenti all’interno del consorzio, sono la prassi. “Il lancio della nuova fascetta di Stato e del passaporto digitale per il nostro Primitivo di Manduria ha caratterizzato la manifestazione. Si tratta di un QR code innovativo che consente di accedere a tutte le informazioni legate al vino. L’iniziativa dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato segna un passo decisivo verso la tracciabilità e la valorizzazione digitale della nostra denominazione. Il Primitivo di Manduria DOC e DOCG si è confermato protagonista catalizzando l’attenzione di numerosi visitatori e buyer internazionali, provenienti da Repubblica Ceca, Asia, Slovenia, Albania, Polonia e Germania. Oltre 50 etichette delle nostre aziende sono state protagoniste di un viaggio emozionante tra identità, qualità e territorio”. Così afferma Novella Pastorelli, presidente Consorzio Primitivo di Manduria.

Ravvivare l’immagine del vino contemporaneo di Puglia

Sebbene gli spunti di riflessione siano intensi e mai banali quando si parla di vino pugliese, ora nel post Vinitaly è necessario mettersi al lavoro per trasformare queste prospettive in azioni concrete sui territori di appartenenza. I produttori chiedono ancor più presenza dei consorzi, innovazioni per far fronte ai cambi di passo di clima chiedendo un incremento di tecnologia in campo e cantina, più enoturismo fuori dai sentieri battuti e maggiore cooperazione. Il tutto è volto a rendere ancor più grande la Regione e il suo vino.

 Foto Credit: @vinitalyofficial

 

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