Fabri, il vino della cantina Rivera nato dal dolore per la prematura scomparsa di Fabrizio De Corato

Una nuova luce nella tragedia. Nel dolore più intimo: quello della perdita di un figlio e di un fratello. È nel dramma della scomparsa di Fabrizio De Corato, che la storica azienda Rivera di Andria ha voluto dar vita ad una nuova etichetta. Nel nome della nuova produzione il ricordo del giovane Fabrizio. Ricordo e omaggio a quel territorio, l’Alta Murgia, che con la vendemmia dell’ottobre del 2022 ha segnato l’avvio ufficiale di Fabri, ottenuto al 100% da uve Nero di Troia. Sebastiano De Corato è il proprietario e direttore commerciale di Rivera: quotidianamente affianca il padre Carlo e l’altro fratello Marco alla guida dell’azienda.

Sebastiano, Fabri è passione, coraggio, forza e dolore. Per voi cosa rappresenta? 

Un po’ tutte queste cose insieme, in un mix certamente non voluto e costruito, ma maturato un po’ come fosse uno sfogo in questo anno terribile per la nostra famiglia.

Fabri è anche identità territoriale. Quale in particolare?       

Quella della Murgia, in particolare dell’Alta Murgia e cioè della sezione più a nord, la più brulla e rocciosa e per questo la più affascinante, per la maggior parte protetta dal Parco Nazionale dell’Alta Murgia. In questo paesaggio che d’estate si colora di giallo delle erbe secche e bianco della pietra calcarea che la caratterizza, le uniche macchie di colore verdi sono quelle dei vigneti dei i suoi vitigni autoctoni, Bombino Nero e Nero di Troia in particolare, che si sono adattati al suo clima arido.

Quale elemento in particolare coniuga la vostra storia aziendale dalle origini alle nuove sfide attuali? 

Direi che l’innovazione è stato un tratto che ha caratterizzato la nostra storia, il nostro presente e che continuerà a caratterizzare il nostro futuro. È stata innovazione la nascita stessa della Rivera nel 1950 ad opera di nostro nonno Sebastiano in un panorama del vino pugliese dominato dalla produzione di vini sfusi, la creazione de Il Falcone, il primo grande vino rosso pugliese, nel 1971, così come l’introduzione dei vitigni bianchi internazionali nei primi anni ’80 ad opera di nostro padre Carlo e ancora il focus sui vini monovarietali da vitigni autoctoni dalla fine degli anni ’90. Mi piace ricordare che dalla metà degli anni ’90, quando sono entrato in azienda, abbiamo sviluppato e introdotto sul mercato 16 nuovi vini tra bianchi rosati, rossi e spumanti metodo classico.

Come azienda siete il simbolo di una Puglia che soprattutto nella produzione di rosati è tra le eccellenze in Italia. Da dove nasce questa crescita della Puglia Rosé in Italia e nel mondo?

Con il rosato la Rivera ci è nata. Fu il nostro classico Rosé che permise a mio nonno di affermare l’azienda appena nata e aggirare i preconcetti, a dire il vero abbastanza fondati, sui vini rossi pugliesi troppo alcolici e grezzi. Possiamo anche dire che è stata una buona dose di fortuna perché nel nostro territorio, quello che sarebbe poi diventato la DOC/DOCG Castel del Monte, era tradizionalmente coltivato il Bombino Nero, forse la più adatta varietà alla vinificazione in rosa tanto da meritare la prima DOCG dedicata a un rosato in Italia. Il rinnovato successo dei rosati pugliesi di oggi ci fa pertanto doppio piacere e lo stiamo celebrando con dei rosati che riescono a “fare mercato”, il Pungirosa prima e il Fabri ora.

Cosa fare per mantenere questo trend in grande ascesa?

Lavorare con una prospettiva di lungo termine, ma con i piedi piantati bene per terra nel breve termine. Il successo può far pensare di essere arrivati e fare scelte poco sagge presi dall’entusiasmo, mentre invece si rischia di rompere il giocattolo come sembra stia succedendo per vini di grande successo come il Primitivo negli ultimi 2-3 anni. In questo la Puglia deve ancora diventare matura.

 

 

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