Il racconto di Gianni Tortora, restaurant manager di Palazzo Bn a Lecce tra passato, presente e futuro

Una piacevole chiacchierata con Gianni Tortora, restaurant manager dei ristoranti di Palazzo BN a Lecce, sul suo passato, presente e Futuro (con una breve parentesi sui suoi Vini del cuore). E siccome lui, oltre ad essere un grande professionista, ha una dialettica piacevolissima, è come se questa intervista se la fosse scritta da solo.

 

PASSATO
“Da ragazzino frequentavo il Conservatorio e suonavo il flauto traverso (anche se la mia passione era il pianoforte…ma questa è un’altra storia).

Giocavo a calcio per strada con i ragazzi del vicinato e, l’anno in cui mi trovai a dover scegliere la scuola superiore a cui iscrivermi, chiesi consiglio ad uno di loro. Mi disse: ‘vai all’alberghiero, che lì non si fa niente’.

Cominciai il primo anno. Nel frattempo lavoravo nelle pizzerie e facevo il back in una discoteca (in pratica portavo il ghiaccio su e giù). Non fu facile, perché all’inizio continuai a frequentare il Conservatorio, che mi assorbiva moltissimo tempo. Per farla breve, il terzo anno fui bocciato. Il paradosso era che, per quanto andassi male nelle materie teoriche, andavo benissimo in quelle pratiche. Così, appena compii 16 anni, il mio maestro (Vito Mongelli) mi portò a lavorare nell’hotel di cui era il direttore; ero pagato pochissimo e tutti i miei colleghi mi rendevano la vita difficile perché credevano che fossi il cocco del prof. curiosamente, oggi sono tutti orgogliosi di me…

Nel 2006 ero diventato il maître di un’importante sala ricevimenti, guadagnavo molto bene e guidavo una brigata enorme. Si innescò un meccanismo per cui dovevo sempre andare oltre, sempre guadagnare di più, e ancora oltre, e oltre…

Cominciai a cercare qualcosa di livello più alto. Non avevo idea di cosa fosse l’alta ristorazione, ma mi parlarono di una nuova apertura nel 2011: il ristorante di Angelo Sabatelli a Monopoli. Quelli sono stati i miei anni d’oro. All’inizio fu dura, perché realizzai che avevo praticamente tutto da imparare. Mi rimisi a studiare, stavolta con più motivazione che mai: studiavo di notte, dopo il servizio. Una volta il galateo, il giorno dopo il vino, contattavo colleghi da cui cercavo di apprendere. Tra questi, Giuseppe Palmieri dell’Osteria Francescana; avevano appena preso la terza stella e io lo contattai in maniera molto formale, ma lui mi disse: ‘Chiamami pure Beppe, noi siamo colleghi’. Lui e i coniugi Sabatelli hanno dato l’apporto maggiore alla mia crescita professionale. Calcisticamente eravamo il Barcellona di Guardiola, premi, riconoscimenti, standard sempre più alti.”

 

PRESENTE

Milano è stata la mia casa per un po’, e in particolare il team di Olio (il ristorante pugliese di Angelo Fusillo). Avevo sempre pensato che, se mai fossi tornato in Puglia, avrei voluto farlo dalla porta principale, invece – sorride – sono entrato dal portone.

A Milano il momento buio dello scoppio della pandemia ci aveva colpiti in modo particolare, cercavo da un po’ un altro lavoro in quel periodo così incerto. L’ultimo colloquio che feci lì fu da Caveau, un locale che stava aprendo negli edifici di una vecchia banca. Io ci credo ai segni…poi mi chiamarono da BN. Non trovavo voli per venire giù a parlare con loro, così una notte, appena finito il servizio da Olio, mi misi in macchina e decisi di venire. Non mi sembrava vero: un’azienda che mi parlava di futuro e di vision mentre tutti parlavano solo di crisi. Ho accettato immediatamente. Vivevamo quel presente così difficile per costruire un grande futuro.

Nel frattempo, sono sempre rimasto un introverso, ma ho capito come mai riesco bene in ciò che faccio. La cosa che mi piace di più del mio lavoro è lo show. Quando faccio il nodo alla cravatta è come se diventassi Superman. Mi dà la carica. Punto sempre sul riuscire ad entrare in sintonia con qualsiasi cliente, un punto d’incontro c’è sempre e spesso questo riesce a farmi risolvere anche le situazioni più complicate. Il nostro è uno show in diretta, non abbiamo una seconda possibilità, dobbiamo adattarci al momento e alla situazione.”

 

FUTURO

“Ho pensato tantissime volte di fare altro, però a volte questo lavoro è come una droga, quando lo fai ti mette un’adrenalina che fai fatica a ritrovare altrove. Valuterei comunque tutto ma questa è la mia vita.

Durante il lockdown ho ripreso tempo e spazi, perché nella mia routine lavorativa è tutto sproporzionato; ho ritrovato un’altra dimensione e un nuovo equilibrio.

Non so cos’altro potrei fare; forse non me lo sono mai neanche realmente chiesto. Vorrei di sicuro vedere qual è il mio limite e continuare ad alzare sempre l’asticella. Sono un ex motociclista (ora ho poco tempo e la moto rimane spesso in garage). Hai presente quando vai in moto e ti pieghi per la curva? È lì che ti rendi conto fino a dove è il limite, perché se vai oltre cadi. Ecco, sento di non esserci ancora arrivato.”

 

I VINI DEL CUORE

“Durante uno stage presso l’Osteria Francescana assaggiai un rosso di Philippe Pacalet, e fu come incontrare l’amore della mia vita. Rimasi folgorato da quest’interpretazione di Borgogna, che adoro particolarmente.

Se invece parliamo di Champagne, sono follemente innamorato di Selosse in tutte le sue grandi espressioni, per me è LO Champagne, complesso, eterno, non ti stanca mai, è in perenne evoluzione.

Infine, un vino che d’estate bevo come se fosse acqua è il Serragghia di Giotto Bini, uno zibibbo vinificato in secco.”

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