I pomodori sono una cosa seria in Puglia, a tal punto, che l’azienda Paglione, ne ha fatto una questione di famiglia. Nel 1994 Beniamino Faccilongo e Maria Costanza Albano hanno un’idea semplice: mantenere intatte le qualità dei propri pomodori, come appena colti, per realizzare le migliori conserve. Seguire i ritmi dettati dalla natura, affidandosi alla filosofia della “filiera corta”, producendo in biologico è stato l’elemento fondante di questa realtà. L’Agricola Paglione è incastonata nell’agro di Lucera tra il Subappennino Dauno e il Tavoliere delle Puglie, una terra dove le grandi piantagioni di pomodori non hanno confini.
Nicola Faccilongo è un uomo con le mani ben piantate nella propria terra, da tre anni è subentrato al papà Beniamino, il cambio generazionale non ha comportato stravolgimenti strutturali perché la filosofia Paglione non cambia. Core business dell’Agricola Paglione è il pomodoro, coltivato riscoprendo anche le tipologie autoctone come la “Prunil”, un pomodoro dal quale si ricava una passata dolce da gustare già nel vasetto. L’olio, che viene prodotto solo nelle sue annate migliori, rappresenta una scelta di qualità, che spesso costa sacrifici soprattutto economici ma che ripaga nel lungo termine. Nasuta, Peranzana, Leccino e Coratina sono le quattro cultivar dalle quali si ricava un olio prezioso dai profumi intensi, mai invadenti. La produzione vinicola è limitata a cinque tipologie differenti, ed ogni bottiglia è numerata. L’azienda produce una Doc, sconosciuta ai più, chiamata Cacc’e Mmitte, dove il vitigno autoctono Nero di Troia è presente in parte maggioritaria, che riesce a conferire al vino un forte carattere.
Nicola, cosa ha comportato il cambio generazionale all’interno dell’azienda?
Il passaggio formale da mio padre a me è avvenuto circa tre anni fa, in verità non ho avvertito dei grossi cambiamenti perché lavorando in azienda da quando avevo 15 anni mi sono sempre sentito parte integrante di tutto questo. Abbiamo sempre mantenuto un senso di continuità, le metodologie lavorative sono rimaste invariate, è cambiato solo il modo di comunicare, realizzando una comunicazione più incisiva soprattutto sui nuovi canali social. Il mio apporto era orientato a rendere la nostra realtà un’azienda a rifiuto zero, riutilizzando l’acqua e i residui vegetali come le bucce dei pomodori, la diffusione del virus mi ha momentaneamente frenato, facendoci giocare in difesa, ma sarà il mio prossimo obiettivo.
Cosa rappresenta per te lavorare con metodo biologico?
Per me rappresenta il futuro, l’agricoltura ad alta intensità sta creando problemi nei campi, producendone la desertificazione. Bisogna tornare ad un approccio più olistico, altrimenti i suoli si esauriranno. Si dovrebbero allungare le rotazioni, alleggerendo il peso della chimica all’interno delle coltivazioni sennò fra meno di dieci anni non riusciremo più a coltivare. Noi andiamo oltre il biologico ed è stata una scelta di vita perché eravamo contrari ad un certo tipo di agricoltura industriale e intensiva, siamo contenti della strada intrapresa e dei risultati avuti, stiamo lavorando per abbattere a zero il nostro impatto ambientale, attraverso il riutilizzo delle acque e degli scarti.
È iniziata la raccolta, che notizie hai dal “campo”?
Per quest’anno non ci possiamo lamentare, anche le quantità sono buone, nonostante su Foggia ci siano stati problemi per quanto riguarda i pomodori, la nostra si può definire una produzione ottimale. La presenza del ragnetto rosso e giallo e la mancanza di automezzi per il trasporto della merce sta creando problematiche proprio nella zona del foggiano. Noi avendo una filiera corta ovviamente non risentiamo di questo disagio, il nostro calo produttivo, del 10%, è stato provocato dal caldo eccessivo dei mesi di luglio e agosto.
È stato difficile reperire manodopera?
Per la nostra produzione, che non si attesta su grandi numeri il reperire manodopera non è stato un problema.
Siete un’azienda artigianale, aumentare i numeri produttivi è tra i vostri prossimi obiettivi?
Sicuramente nei nostri programmi c’è aumentare la produzione, attraverso l’acquisto di nuovi campi, restando sempre fedeli al nostro metodo produttivo. Ogni anno cerchiamo di aumentare la produzione, in futuro vorremmo raggiungere il doppio di quello che produciamo attualmente, preferisco non dire i numeri per una questione di scaramanzia.
Il Covid ha determinato ripercussioni sulla vostra realtà?
Abbiamo avuto ripercussioni per le vendite in Italia, abbiamo registrato un aumento per quanto riguarda i mercati esteri, attestandoci per il 2020 con un calo complessivo del 30%.
Sempre più pizzaioli scelgono il vostro pomodoro, qual è il vostro segreto?
Chi vuole fare una pizza buona si rivolge a noi, il nostro segreto è dovuto al fatto che la pizzeria sa uscendo fuori dal cliché del luogo di ripiego rispetto alla ristorazione, riqualificando il settore con l’attenzione agli ingredienti. La nostra qualità organolettica si dimostra anche nella lavorazione e nella fase di cottura, anche con i nostri differenti oli abbiamo iniziato a fare un gioco di abbinamento con le varie pizze.