Ho ottenuto un appuntamento con il Prof. Cataldo Tandoi, direttore dell’Azienda Agraria dell’Istituto Tecnico Agrario Statale Umberto I di Andria, dopo uno stop forzato durato due anni a causa dal Covid 19. Non nascondo una certa emozione, vista la fama che precede, sin dai miei tempi, questa scuola ritenuta una tra i migliori istituti tecnici. Prima di parlarvi di questa scuola, ci sono delle buone motivazioni che io ritengo importanti da sottolineare.
Abbiamo visto negli ultimi anni un eccesso di ragazzi ,che si sono iscritti ai vari istituti alberghieri ormai presenti su tutto il territorio della nostra Regione. Gran bellissima cosa, se non si ravvedesse però un odore modaiolo legato alla comunicazione massificata e mediatica, che dal sogno di avere i figli come campioni del calcio, ora punta al modello dello chef bello, bravo e ricco. Mi sento in obbligo di smentire questa realtà e vorrei tanto che molti giovani prendessero ad esempio questa scuola, che offre enormi potenzialità legate a tutto il comparto agro-alimentare che va dalla coltivazione alla produzione e alla trasformazione.
L’industria olivicola, vinicola, alimentare conserviera è in grande espansione e il nostro territorio in questo periodo storico gode di grandi richieste. Per cui l’augurio è di consigliare e indirizzare questa scuola a tanti ragazzi attenti al loro avvenire. Ritornando alla mia visita presso l’Istituto Agrario di Andria, accompagnato dal gentilissimo e disponibile Professor Cataldo Tandoi, proverò a lasciare qualche informazione storica, che sono le cose che più affascinano.
Struttura antichissima, esternamente imponente, nasce al fianco della basilica “Santa Maria dei Miracoli” nonché protettrice di Andria. Lo stesso palazzo ospita dall’altra metà gli uffici e la presidenza dell’ultima provincia pugliese, la Bat. Si respira un certo fascino di storia vissuta; sì perché con questa scuola si risale tranquillamente anche ai tempi precedenti all’Unità d’Italia. Da una ricerca vaga si denota già dal 1861 l’esistenza di una colonia agricola, destinata come orfanotrofio. In questo periodo la colonia, e non scuola, mi ricordava il Prof. Tandoi, aveva il compito di tramandare le tradizioni e le tecniche contadine non come cultura, non come mestiere, ma con il fine massimo di sopravvivenza. La sopravvivenza era data dalla necessità di produrre i prodotti della campagna che erano poi l’unico sostentamento per l’alimentazione della popolazione.
In un secondo periodo, che risale al 1867, pare che questa struttura sia stata un ospizio, solo dopo il 1893, c’è traccia che fosse una scuola vera, chiamata Scuola Agraria Tecnico-Pratica. Questa scuola gestirà fino alla metà degli anni ’90 del secolo scorso l’azienda agricola Papparicotta estesa per diversi ettari con l’insegnamento diversificato nei vari scomparti dell’agricoltura: oliveti, vigneti, seminativi e anche colture di legumi.
Inizialmente questa scuola formava tecnici Agrimensori in maniera molto generica e invece con gli anni a venire, con la nascita del catasto, con tutte le sue leggi derivanti di tassazione, lo Stato ben si preoccupò di dividere l’Agrimensore in due qualifiche: una da perito agrario (per l’agricoltura nelle sue varie fasi) e l’altra da geometra agrario (lo studio di tutti i vari appezzamenti terrieri e varie particelle comprese tra quelle padronali e quelle demaniali).
Nel 1922 la scuola assunse un’importanza più definita: un sacerdote di Andria, don Nicola Agresti, donò i suoi terreni adiacenti alla struttura scolastica con la sola condizione che questi fossero destinati alla scuola per uso didattico. Da questo periodo, con l’istituzione delle Province, per lunghi anni l’Istituto ha vissuto nella massima autonomia dipendendo solo ed esclusivamente dalla Provincia di Bari e lasciando per gli studenti il classico corso di perito agrario di cinque anni con la possibilità di accedere ad alcune facoltà universitarie.
La storia più recente la conosciamo tutti con le varie modifiche che si sono susseguite dagli anni ‘70 ad oggi. Questa scuola rientra nel palinsesto delle scuole regolarmente statali, confermando il suo nome in Istituto Tecnico Agrario Statale Umberto I. Con le ultime riforme scolastiche, dall’anno 2016-2017 l’Istituto si evolve in tre indirizzi: gestione, ambiente e territorio, produzione e trasformazioni, viticultura ed enologia (quest’ultima con la possibilità di un ulteriore corso di un anno per una specializzazione).
Concludo la presentazione con quattro classiche domande che rivolgo al Professor Tandoi.
Nelle varie pianificazioni degli Istituti di scuola media superiore degli ultimi anni ritiene che qualcosa non sia andato come i programmi prevedevano?
Tutte le pianificazioni e progettazioni sono soggette a varianti e pertanto non sono mai fedeli alle idee iniziali. Secondo me andrebbe rivisto l’obbligo scolastico, realizzando un percorso di studi che si completi con un titolo finito o almeno con una qualifica.
“Tradizione e innovazione” sono un po’ come il giuramento di Ippocrate “scienza e coscienza”?
La radice della parola tradizione parte da tradire, pertanto la tradizione, se costruita seriamente, sfocia in una innovazione di successo.
Quando si parla di green economy, di economia circolare e sostenibile ritiene che le scuole di indirizzo tecnico siano pronte?
Riguardo a questa domanda, posso rispondere solo per gli Istituti Tecnici Agrari che hanno nel loro DNA oltre ovviamente alla green economy, il rispetto dell’ambiente e l’economia circolare sospinta dall’economia quanto più a km0.
Mi elenca delle buone motivazioni perché i giovani possano scegliere quest’Istituto?
L’Istituto Tecnico Agrario è una scuola complessa e impegnativa ed è scelta dai ragazzi che hanno a cuore il territorio e l’ambiente, consci che dopo anni di studio possono approdare preparati ed attenti al mondo del lavoro.