Chef Salvatore Totò Pacifico: “Oggi la cucina che mi piace è la stessa che piace agli ospiti, di impronta mediterranea e con un tocco di Puglia”

Oggi è il resident chef dell’incantevole ristorante stellato Faro di Capo D’Orso-Andrea Aprea di Maiori, ma il lucerino Salvatore Totò Pacifico a 33 anni può vantare un lungo cursus honorum presso stabilimenti prestigiosi. Ha infatti lavorato all’Unico di Milano, all’Osteria Arbustico di Valva, ai Portici di Bologna in qualità di sous-chef di Emanuele Petrosino, alle Calandre con sua maestà Massimiliano Alajmo, al Piccolo Principe di Viareggio quale junior sous-chef e Da Vittorio a Brusaporto. Ad Amalfi, tuttavia, ha per la prima volta assunto la responsabilità quotidiana di una cucina importante. “Abbiamo aperto al pubblico il 25 aprile, per il terzo anno in cobranding. Tanto che il ristorante porta il nome di Aprea. Siamo partiti con un’impronta forte da parte sua, poi nel tempo ho inserito anche cose mie, accanto ai suoi classici, sempre in forma condivisa. Ho sempre stimato la sua cucina, che considero fra le migliori d’Italia anche per la cura totale”.

Tu però sei pugliese. Che ricordi hai della tua terra?

Vengo da una famiglia originaria del Sannio e del Beneventano, poi i nonni si erano trasferiti a Lucera. Papà agricoltore, mamma parrucchiera, in casa mia si mangiava una cucina casereccia, naturale, di base agricola. Ovviamente stagionale, perché mio padre si presentava in casa con il fiore di zucca e la melanzana, oltre le sue forniture, e il giorno libero di mamma portava perfino la gallina, perché aveva gli animali. Poi la scuola alberghiera, le stagioni estive, i lavoretti nei ristorantini del paese, la prima esperienza in Francia con la scuola, un anno in Germania e l’inizio dei “percorsi Michelin”. Il primo è stato Frank Rizzuti. E non ho praticamente più lavorato in Puglia.

Però c’è stato Felix con Lo Basso.

Quando è mancato Frank, sono partito per Milano e ho lavorato per due anni con lui all’Unico. Ero giovanissimo e incontrare la sua creatività dava uno sfogo pazzesco alla mia mente pugliese. Erano gli anni dell’Expo, Milano era bellissima. Ricordo in particolare le orecchiette fatte a mano e il paninetto a focaccia col pomodorino, che propongo tuttora al ristorante.

Un maestro importante, in buona compagnia sul tuo curriculum.

Io rifarei tutto ciò che ho fatto fino ad oggi, perché da ognuno ho imparato qualcosa, chi per l’organizzazione, chi per la creatività, chi per il palato. Ho lavorato con tanti cuochi del sud, soprattutto campani. Poi ho preso in mano la cucina del Faro, per la prima volta da chef, e confrontandomi con Aprea, mi ha fatto capire l’approccio al cliente. Oggi la cucina che mi piace è la stessa che piace agli ospiti, di impronta mediterranea. Difficile che usi il katsuobushi; se devo scegliere fra soia e colatura, alici cantabriche o di Cetara, yuzu o limone sfusato, non ho dubbi. Resta un po’ di Puglia qua e là. Oltre alla focaccina di semola con pomodorino e origano di montagna, in mezzo a pani di tutt’Italia, propongo un dessert che richiama il caffè leccese con mandorla e mosto cotto per l’acidità o un pesce con fave e cicoria, uno dei miei piatti preferiti. Sto anche lavorando sulla farina di grano arso.

Torni spesso a casa?

Da Maiori in due ore sono a Lucera, in famiglia. Ma professionalmente conosco poco le mie zone, anche se facendo bene con un bel gruppo, penso si possa lavorare. Sento la Campania come la mia terra di adozione, anche gastronomicamente. In brigata ho tutti ragazzi campani e siamo anche amici, facciamo sport e beviamo la birra insieme. Trasmettono la forza della tradizione e del prodotto. Adesso per esempio uscirà un risotto con concentrazione di scarola imbottita e ricci di mare, salsa di pinoli e uvetta marinata in aceto.

Come ti vedi fra dieci anni?

Mi vedo esattamente come ora, forse un po’ più maturo, forse con una famiglia. Ma sul lavoro e nello stile di vita, uguale ad oggi. Sempre in Italia, anche in una struttura alberghiera. Oggi la ristorazione sta cambiando, perché sono diversi i rapporti di vita degli operatori: una necessità che la mia generazione è chiamata a interpretare.

 

Ricciola, fave, cicoria e spuma di salmoriglio

Per la crema di fave:

500 g di fave secche

1 patata

1 foglia alloro

1 costa di sedano

1 carota

1 scalogno

1 spicchio di aglio

Olio extravergine di oliva

Sale

 

Procedimento:

Lasciare le fave in ammollo per una notte, il giorno seguente sciacquarle bene, coprirle di acqua in una pentola, unire patata, alloro, sedano, carota, scalogno e lessare. Quando saranno pronte, eliminare gli aromi e mixare il tutto aggiungendo l’olio extravergine di oliva caldo, in cui avremo fatto imbiondire l’aglio. Regolare di sale.

 

Per la cicoria:

500 g di cicoria selvatica lavata e asciugata

1 spicchio di aglio

Peperoncino

Olio extravergine di oliva

Sale

Selezionare le foglie piccole che useremo crude; bollire le grandi in acqua salata, raffreddare in acqua e ghiaccio e saltare con olio aromatizzato all’aglio e peperoncino.

 

Per il pane di semola croccante:

Pane di Altamura

Colatura di alici

Olio extravergine di oliva

Prelevare le croste di pane di Altamura, tritarle al coltello e rosolarle in padella con olio fino a renderle croccanti. Aromatizzare con la colatura di alici.

 

Per la spuma di salmoriglio:

400 g di olio di semi

100 g di succo di limone

50 g di aceto bianco delicato

20 g di aglio crudo senz’anima

100 g di prezzemolo

10 g di origano secco

500 g di fumetto di ricciola ridotto

Mixare a freddo tutti gli ingredienti, tranne il fumetto, filtrare allo chinois fine ed emulsionare con il liquido, ricavato dalla lisca della ricciola, in modo da ottenere un’emulsione stabile. Inserire nel sifone per spume e caricare.

 

Per la ricciola:

Tranci di ricciola spinati

1 kg di sale grosso sporco

Olio extravergine pugliese

Sale di MaldonRiscaldare il sale in una pentola di ghisa munita di coperchio, adagiarvi i pesci sul lato della pelle, chiudere e spegnere il fuoco, praticando una cottura delicata. Eliminare la pelle e condire con olio extravergine pugliese e sale di Maldon.

 

Per la finitura:

olio all’erba cipollina

origano fresco

germogli di prezzemolo

Per la composizione del piatto, porre alla base dell’olio all’erba cipollina, versare la crema di fave, disporvi la cicoria saltata e il pane croccante, adagiare sopra il trancio di pesce guarnito con foglie di cicorietta crude, foglie di origano fresco e germogli di prezzemolo. Servire in accompagnamento la spuma di salmoriglio.

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