Metti una cena onirica e quattro vini rosati da non perdere

Metti una sera a cena. Su una terrazza inventata ma fino ad un certo punto: quella di Baia Capparone, a Marina di Pulsano. La tavola è imbandita in modo semplice. I commensali sono rapiti dall’incanto del mare, certificato dalla recentissima “bandiera blu” di Legambiente. Il candore della tovaglia e i cristalli dei calici nei quali si rifrange la luna fanno subito dimenticare il livello di servizi, a cominciare da strade degne di trincee carsiche, dovrebbero rendere ancora più attraente la marina. Non è così. Per fortuna, arriva il vino. Anzi, i vini. L’estate è invadente con il suo caldo avvolgente e per certi aspetti sconvolgente. Ma pur sempre coinvolgente: perché i vini sono serviti alla giusta temperatura. Eccolo, il primo: in ordine sparso, per carità, senza alcun intendimento di stilare classifiche.

Sull’etichetta c’è una luminaria. Uno dei simboli della Puglia. Insieme al vino stesso. L’hanno messa quelli dell’azienda Plantamura su una bottiglia di rosato. Per un’azienda specializzata in primitivo, più che una esperienza, è una emozione.  “Il rosato nasce con la vinificazione in bianco – ci spiega Mariangela Plantamura, tenendo in bella mostra la sua creatura -. Dopo la diraspatura, va direttamente in vasca”. Poi, il minimo del bisolfito e la gomma arabica. “È un vino fresco, ovviamente meno alcolico, ma accattivante. Lavoriamo molto sul dosaggio del colore. La nostra azienda – spiega Mariangela – è da sempre votata alla coltivazione biologica, sulla scia di una lunga passione di famiglia, visto che siamo vignaiuoli dai primi del 900”. Il brand contemporaneo è invece nato nel 2002, proprio alla vigilia della disastrosa annata 2023.

Accanto a me c’è uno che con i vini, in qualche modo s’è “sporcato le mani”: “Questo è un vino dal carattere deciso con un’ottima freschezza – analizza Benedetto Lasorsa, già enologo presso Teanum, a San Severo, e Polvanera, proprio a Gioia del Colle. Ecco, può accompagnare le serate estive abbinandolo a fritture leggere di verdure o a una paranza; a mio parere si esalta con formaggi freschi tipo la burrata. Ma non solo: magari per i più giovani, è ottimo anche sulla pizza, margherita però, senza condimenti troppo elaborati” (“pasticciati”, ha detto, per la verità).

Ha centrato subito il bersaglio il frizzante di Casa Vignuolo. Un rosato neonato: “L’etichetta ho finito di idearla qualche settimana fa – racconta Sebastiano Spagnoletti Zeuli -. Il bombino nero è ottimo per la spumantizzazione. Come chiarificante si possono usare prodotti naturali come la patata. È un rosato marcatamente frizzante, un vino trasversale, elegante, diciamo pure immediato, facile ma non banale”. Anche in questo caso, il disciplinare del biologico è un modo di essere per l’azienda diretta da Pierluigi Spagnoletti Zeuli che sorge a una quindicina di chilometri da Andria, verso Montegrosso, uno dei centri gravitazionali della Puglia del buon mangiare (chi non conosce Pietro Zito?).

Benedetto Lasorsa, che ne pensi? “Fresco e leggero, il Primavera può essere gustosissimo come aperitivo. E in occasione di un’apericena, accompagna splendidamente piatti a base di pesce, verdure grigliate e carni bianche come pollo e tacchino”.

In questo singolare micro festival dei rosati, il Piròk si mette l’abito buono. L’AgriGirardi è una giovane azienda di Acquaviva delle Fonti. E del rosato ci parla la giovanissima (e incantevole, al pari del mare, Elena Pinto, la wine manager della casa vinicola. In contrada Cimaglia, nasce dal primitivo un rosato la cui qualità è stata certificata in un recente concorso. Il nome? “Semplice – spiega Pinto: il ‘primitivo di Rocco’, che poi è un grande amico di Bartolo, il capostipite della famiglia Girardi”, diretta dal figlio Francesco che l’azienda ha fondato otto anni fa. Allerta, Benedetto, non ti distrarre: “Questo Piròk? Debbo dire che ha uno straordinario bouquet floreale, una buona sapidità. Cosa abbinerei? Sarebbe perfetto con tartare di pesce ed insalata molto estive: raccomando l’utilizzo del mango”.

E poi c’è Peppe Zullo, untore di sorrisi. Che, in questa cena onirica sullo Ionio, ci invita a bere un vino come l’Amarosa rosé. Lasorsa, che ci dici? Il terroir si avverte nella morbidezza e nella grande versatilità. È un prodotto, come dire, ruffiano, furbetto… Io lo consiglio per accompagnare paste fresche con sughi leggeri, torte salate e, per cominciare, non certo per finire, mi sbilancerei con la focaccia barese. Concludere il brevissimo tour dei rosati con l’etichetta disegnata per il cuoco-contadino di Orsara da un artista della qualità di Leon Marino, dà il senso di un viaggio da fiaba.

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