La carne equina è molto utilizzata in alcune zone della Puglia e le preparazioni più note sono le brasciòle baresi e i pezzetti di cavallo salentini. Alcuni tagli equini sono molto richiesti, come il diaframma, che a Bari prende il nome di falda, utilizzata per la preparazione delle brasciòle e gustosissima se cotta alla brace.


Il diaframma è un muscolo che serve alla respirazione, posizionato tra le ultime due costole basse dell’animale, dividendo l’addome dalla cavità toracica. Ha un colore rosso scuro e presenta una fibra evidente e piuttosto lasca, per cui, pur essendo un taglio magro, ha una morbidezza particolare, ma va comunque preventivamente e accuratamente nettato dalla membrana esterna, che è piuttosto dura. Per accaparrarsene un pezzo è spesso necessario avere una buona amicizia con il macellaio di fiducia, in quanto i quantitativi a disposizione sono esigui e si esauriscono nei primi due giorni della settimana, soprattutto perché si tratta di un taglio da veri intenditori.
Altro pezzo ambito sono le stecche, che si cucinano arrostite o con cipolla e pomodoro e sono molto gustose. Si tratta della parte finale delle costate, che hanno una carne magra ma saporita e a Molfetta prendono il nome di “spengètte” o “spengìdde”. Non essendo molfettese non so quale sia la forma dialettale corretta e, quindi, mi sono rivolto ad amici molfettesi che mi hanno dato queste due versioni.
Poi ci sono i tagli cosiddetti nobili, come il reale, le costate e l’entrecote, adatti a varie cotture e principalmente alla brace. Alcuni di questi, tagliati in pezzi e mescolati con muscolo e pancetta, vengono utilizzati in Salento per fare i cosiddetti pezzetti di cavallo tradizionalmente cotti nella pignata di terracotta, che anticamente veniva posizionata al calore del camino per una lunga, lenta cottura.

Dal quinto quarto, invece, si ricava il fegato, molto apprezzato e a Bari, le cosiddette “ciole di cavallo”, di cui ho già scritto tempo fa. In Veneto si cucina la pastissada de caval, ricetta tipica del Veronese, mentre nel Padovano si producono gli sfilacci, cioè carne di cavallo cotta, sfilacciata e affumicata.
Oltre al cavallo, una prelibatezza è anche la carne di asino, che si utilizza praticamente nello stesso modo. In Puglia viene allevata una razza autoctona, l’asinello di Martina Franca, che è il più grande in Italia tra le varie tipologie di questo simpatico animale, tanto da meritarsi il nomignolo di Mammut. Per le sue dimensioni è stato molto utilizzato per l’accoppiamento con la cavalla al fine di ottenere il mulo. Proprio i muli provenienti dall’incrocio con l’asino martinese, sono stati protagonisti in montagna con gli Alpini durante la prima guerra mondiale. Ultimamente mi è capitato di trovare, in una macelleria specializzata, anche la carne di mula, che non avevo mai assaggiato, così da un pezzo di reale ho ricavato dei pezzi con i quali ho cucinato un succulento brasato con funghi porcini, cipolla e birra rossa. La cottura a fuoco lento ha richiesto ben 8 ore per raggiungere una consistenza ottimale con le fibre ben rilassate e le parti grasse sciolte nel gustoso sughetto che si è formato.

Una curiosità: nel Piemonte con la carne di asino si prepara il Tapulone, ricetta nata nel comune di Borgomanero in provincia di Novara, una sorta di spezzatino cotto nel Nebbiolo e accompagnato da polenta. Leggenda narra che un gruppo di pellegrini affamati decisero di sacrificare un asino e cucinarono la carne a lungo, finemente tritata per ammorbidirla, nel vino rosso. La carne equina è magra, molto energetica e ricca di ferro, tanto da essere consigliata per gli anemici, per i bambini, per gli sportivi e per le donne in gravidenza.
In alcuni paesi anglosassoni, in Brasile, in Israele e dal 2020 anche in Grecia, la carne equina è vietata, ma ogni anno anche da noi in Italia si registra un continuo calo nei consumi di questa ottima fonte di proteine animali. La Puglia, comunque, con una tradizione saldamente radicata, resta la regione italiana con il maggiore consumo di carne di cavallo che, anticamente, era considerato un alimento povero e aveva un costo molto più basso rispetto al vitello. Non è più così, ma nonostante ciò, difficilmente un barese rinuncerà al ragù di brasciole di cavallo che, abbinato alle orecchiette, quelle piccolissime e ottenute con il solo trascinamento del coltello, rimane il piatto per eccellenza della domenica.