Il Frantoio Rosso Ipogeo di Martina Franca: viaggio nella storia dell’olio e delle emozioni

Nel cuore di Martina Franca, nascosto sotto il livello stradale, si apre un luogo che attraversa i secoli e custodisce la memoria profonda di una civiltà legata alla terra e alla luce: il Frantoio Rosso Ipogeo. Un ambiente rupestre, nato nel Medioevo da una grotta naturale, modellata dall’acqua e successivamente trasformata dall’uomo, che oggi si offre come testimonianza viva di una cultura del lavoro, del sacrificio e della materia.

A riportarlo alla luce è stato Giuseppe Semeraro, restauratore e artigiano, che dal 1990 si dedica al recupero di edifici storici nella Valle d’Itria, tra trulli e masserie. Alla ricerca di un luogo abbandonato da far riportare in vita, nel 2005 si imbatte per caso in questa cavità, all’epoca inglobata nel tessuto urbano e quasi invisibile. Dopo averla sognata per tre notti consecutive, decide di acquistarla e restituirle dignità. “Ridargli vita”, afferma Giuseppe, “significa farla sopravvivere almeno per un altro secolo”.

Il Frantoio Rosso era originariamente destinato alla produzione di olio lampante, utilizzato per l’illuminazione prima dell’avvento della corrente elettrica. La Puglia, tra i maggiori esportatori in Europa, produceva olio non per l’alimentazione ma per accendere lanterne e lucerne. Fino all’Ottocento, infatti, questa era la principale fonte di luce in tutto il continente, mentre in America si utilizzava l’olio di balena.

Nel tempo, l’attività del frantoio si è adattata alle esigenze storiche e sociali, continuando la lavorazione delle olive anche per scopi alimentari, igienici e medici, come nella produzione di saponi. Questo ciclo produttivo è proseguito fino alla fine degli anni Cinquanta, quando l’avvento delle tecnologie industriali rese obsoleti i metodi tradizionali.

Durante il Novecento, il frantoio venne parzialmente adeguato ai tempi: rivestimenti in piastrelle, intonaci, presse meccaniche e macchinari andarono a sostituire gradualmente la forza animale e il lavoro manuale. Ma la struttura originaria in pietra, i passaggi scavati nella roccia e le testimonianze materiali sono ancora oggi leggibili e intatte.

Tra le caratteristiche più suggestive del luogo spiccano il Pozzetto dell’Angelo, dove si raccoglieva il primo olio puro e prezioso, e il Pozzetto del Diavolo, collegato a un inghiottitoio naturale profondo centinaia di metri, usato per raccogliere le acque di scarto. Le denominazioni, tramandate dalla tradizione popolare, conferiscono al frantoio una simbologia semplice ma potente, dove sacro e profano si intrecciano in modo naturale.

Oggi, grazie al lavoro di recupero e alla visione di Giuseppe, il Frantoio Rosso è diventato un luogo esperienziale. Si organizzano visite guidate, degustazioni, eventi culturali e test sensoriali sull’olio, durante i quali i visitatori imparano a riconoscerne le note organolettiche: dal profumo di mela a quello di timo, fino al sentore di rosmarino. Un percorso che unisce sapere, memoria e sensorialità.

In questo spazio restaurato, dove affiorano fossili incastonati nella roccia e si respira ancora l’antico odore della pietra viva, il tempo sembra sospeso. Ed è proprio qui che il passato incontra il presente, e l’emozione diventa il vero motore della memoria.

Gallery