“Pane a proscitto”, il pane di Canosa nato dall’ingegno delle donne

“Fare di necessità virtù”, affrontando la povertà senza abbattersi, riuscendo anche da un problema a ricavare qualcosa di utile che rimanga anche dopo la fine del momento ostile. È questo quello che è successo a Canosa durante il Settecento, proprio quando la città fu feudo dei principi napoletani Capece Minutolo e ne dovette subire i continui soprusi. L’elemento decisivo che fece arrabbiare la popolazione fu l’introduzione di un’imposta sul macinato, obbligando la gente a consegnare gran parte della produzione al Principe. La storia narra che per rabbia e per evitare di consegnare il grano al Principe, i contadini bruciarono i campi con tutto il raccolto. I contadini, passata la rabbia, si disperarono perché non vi era più nulla da mangiare. Furono allora le donne, anime del focolare e della famiglia, a raccogliere le spighe bruciate, a pestarle ricavandone una farina scura.

Da questo gesto di ribellione nasce il pane a prosciutto, un prodotto frutto dell’ingegno umano che si sviluppa in condizione di povertà, attraverso l’unione del doppio impasto di poca farina bianca e di farina nera, acqua e sale, dando a questo pane una forma di cosciotto, così da ingannare la fame e gustando un sapore, oggi ritenuto unico. Questo pane è la sintesi di una resilienza contadina che nell’estrema difficoltà ha l’intuizione salvifica di riutilizzare quel grano arso per sfamare le proprie famiglie. Quella farina scura che si ottiene dalla molitura del grano arso è legata alla povertà e a quei periodi feudali e oscuri in cui Canosa fu costretta a vivere per molti secoli.

Canosa di Puglia come raccontano i nonni e come raccontavano a loro volta i loro nonni fu la prima a produrre la farina di grano arso. Tuttavia, i mulini del circondario si rifiutavano di molire il grano, per via della colorazione scura delle spighe, che a Canosa si usavano chiamare “chìre di grenè jàrse”. Per molto tempo la produzione del pane a prosciutto si è persa nel tempo, restando solo come un ricordo nella memoria degli anziani, una tradizione perduta, che grazie alla lungimiranza di qualche panificio locale da qualche anno è stato rivalutata e valorizzata. Proprio nella città di Canosa c’è il ristorante Casa28 che ha voluto recuperare questa ricetta per portare a tavola un pane legato a doppio filo alla tradizione pugliese, regalando ai propri commensali un pezzo di storia da assaporare. Le origini antichissime del pane a prosciutto sono state tramandate oralmente di generazione in generazione.

Dal 2024 il pane a prosciutto è stato inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Puglia.

Ingredienti primo impasto: 250 g di farina di grano tenero 0 insieme a 250 g di farina di grano arso, si uniscono e si crea una fontana. Si aggiunge nella fontana 300 g di acqua, 5 g di lievito ,10 g di sale.

Preparazione: si impasta energicamente sulla spianatoia fino a raggiungere un impasto omogeneo. Successivamente si copre con un canovaccio e si lascia riposare per la lievitazione in un luogo non freddo per circa 1 ora e mezza. Nel frattempo, si prepara il secondo impasto con 1/2 kg di semola di grano, 300 g di acqua, 10 g sale, 5 g di lievito. Si impasta sulla spianatoia come per il precedente impasto e si copre il panetto con un canovaccio lasciandolo lievitare per circa 1 ora e mezza a temperatura ambiente. Al termine della lievitazione i due panetti vengono lavorati separatamente ottenendo due bastoni di circa 30 cm. I due cingoli/bastoni vengono a questo punto intrecciati tra loro. Il pane così ottenuto viene nuovamente sottoposto ad una ulteriore lievitazione di un’ora. Al termine della lievitazione si inforna a 220°C per circa 30 minuti altri 15 minuti a 250 °C.

Foto credit: @casa28cucinaecamere

 

 

 

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