Camillo Silibello con “Cibus” porta nei piatti una cucina dissidente

«Messapo venne poscia, de’ cavalli
il domatore e di Nettuno il figlio,
contro al ferro fatato e contro al foco.» Eneide, pag. 342

Publio Virgilio Marone scrive l’Eneide. Meravigliosa e falsa. E si ispira al suo mondo trasfigurandolo. Così il mitico Messapo diventa tosco, ma è l’eroe che porta nel nome la sua vera origine: la Messapia.

Nel cuore della terra di questo antico e civilissimo popolo, di cui restano testimonianze archeologiche e letterarie. Antiche vestigia, cinte murarie e Kaìlia, dopo millenni, Ceglie! Non a caso Messapica. Società più matriarcale che paritaria. Le donne detenevano il potere del cibo e della educazione della prole. La Messapia ha conosciuto guerre, invasioni e ogni sciagura che a quei tempi (un po’ come adesso) si poteva abbattere tra gli umani. Eppure i Messapi, mille volte colonizzati, hanno sempre avuto la capacità di colonizzare i loro colonizzatori. E la Messapia ha conosciuto la povertà ma mai la carestia. Nessuno mai è morto di inedia. Clima, posizione geografica, territorio e sapienza delle donne, hanno sempre garantito qualcosa che saziasse e, via via, anche con grande soddisfazione del palato.

A Ceglie Messapica ci sono tante testimonianze di competenza coquinaria che per riuscire a mangiare male a Ceglie devi essere un campione di sfortuna. E oggi abbiamo scelto un Tempio, un tempio della sapienza nel quale gli officianti sono notissimi. Qui investighiamo sul futuro e, dunque, sui nuovi Sapienti. Sapranno essere all’altezza della génie?

Camillo, di Angela Amico e Angelo Silibello.

Un ragazzone (mi sia concesso il termine) del 1994, una specie di genio della lampada per corporatura e simpatia, indubbiamente la dimensione lo rende forzuto ma la sua potenza più grande sta nel luccichio degli occhi e nel suo sorriso contagioso. Il Tempio ha un nome famoso: Cibus, luogo magico nel quale si entra da cliente e si esce come amico. E quella soglia è stata varcata da moltissimi negli anni, che Angelo Silibello (più noto come Lillino Brasciola, spero che mi perdoni) e Angela Amico hanno saputo essere custodi e narratori di una epopéa leggendaria.

Camillo Silibello è nato lì, in quella cucina dominata da due donne, ovviamente, fantastiche altrettanto ovviamente: nonna Giovanna e zia Filomena, (e qui gli occhi di Camillo luccicano di più) che riuscivano a rendere preziosa ogni cosa, financo la carne di mulo (ne sono testimone diretto e se era un reato è andato in prescrizione!)

Il CIbus è il luogo nel quale la “sagna penta” è una specie di icona verso la quale ci si deve genuflettere e l’agnello in umido è il premio del paradiso.

Poi però il tempo passa e arriva Camillo, 35 anni ma con il basto della conoscenza che si è riempito certamente nelle scuole (Alberghiero di Ceglie e Master dovunque) ma soprattutto si è conformato fin dalla più giovane età, quando Nonna e Zia gli hanno messo in mano un coltello ed un tagliere come si usava tra i Messapi. Adesso lo chiamerebbero “lavoro minorile” allora si chiamava “educazione”. In fondo affettare cipolle o grattare pelouche, a sei anni e mezzo, hanno la medesima funzione. In entrambi i casi puoi anche piangere, ma le cipolle almeno poi te le mangi. E Camillo ha respirato la cucina del Cibus, finché, alla fine della adolescenza, ha avuto finalmente la Sua padella.

Che farai Camillo, pensi che la cucina sia il tuo futuro o è troppo faticosa?

Anche la vita è faticosa ma è così bella, e la cucina è ancora più bella!

Quanto pesa cucinare al Cibus?

Cucinare al Cibus è sapere che ogni sera vengono a trovarti degli amici, e non puoi fare una brutta figura con gli amici. Il peso si porta volentieri.

E i tuoi genitori sono stati severi?

Da loro ho imparato due cose fin da piccolo: la libertà e l’educazione. Mi hanno sempre lasciato libero di fare. E di questo li ringrazio.

Ma gli “amici” del Cibus sono abituati al top del top …

Non sarò certo io a fargli cambiare abitudine

Però non pensi di portare qualcosa di diverso, di tuo?

Lo ho fatto …

Dimmi dunque due piatti ai quali sei particolarmente legato

Sorride – Orecchiette di grano arso con …. – ascolto con piacere e salivando. Niente ricette, da oggi si chiamano “orecchiette di grano arso alla maniera di Camillo”

E poi?

Senza dubbio il piatto che ti ha portato all’intervista – sorride ancora

Già, una intuizione favolosa: i tortelli con le lumache

E adesso è lui che mi guarda interrogativo visto che la mia mente attraversa il tempo e lo spazio .. Mi riprendo.

Come vedi la cucina del 2030?

Io non posso che ribadire la storia secolare di questa terra e, magari, mi viene una idea che poi sottopongo agli amici e sento il loro giudizio. Chi viene al Cibus ci viene perché è il CIbus e non somiglia a null’altro che al Cibus. Io e mio fratello siamo qui e ci saremo anche nel 2030.

Ma quali sono le tre materie prime territoriali alle quali Camillo non rinuncerà mai!

Olio Extra Vergine di Oliva, Olio Extra Vergine di Oliva, Olio Extra Vergine di Oliva mi viene da dire. Però sarebbe sfuggire alla domanda, e allora aggiungo due cose: le farine dei grani nostri e la carne di bovini podolici. Lo so che è difficile da trattare, è compatta ecc. ecc. ma noi siamo messapi e non possiamo cambiare adesso!

E se dovessi scegliere tre materie prime esotiche con le quali ti contamini o hai intenzione di contaminarti?

Il pepe, d’ogni tipo, sono un fanatico del pepe. La salsa di soia. – pausa –

Non mi viene nulla, in questa terra abbiamo già tutto, le nostre erbe, i nostri aromi, Nonna Giovanna e Zia Filomena si facevano bastare tutto …

Camillo siamo quasi alla fine, quali forme di cottura preferisci.

Noi usiamo molto la pignata, e, al Cibus, impera ancora il forno a legna. Poi tutto va bene, la pecora puoi anche cucinarla nel forno a microonde, ma gli amici che ti devono dire?

Lo strumento principale di Camillo in cucina.

Ovviamente il mio coltello, un trinciante giapponese che uso per tutto anche se ho una bellissima collezione.

E così Camillo abbiamo terminato il nostro dialogo, solo una cosa, un po’ fuori sacco. Ma non mi hai parlato dei formaggi …

Ride – “i formaggi del CIbus sono una dotazione di serie, non ne parliamo perché io i formaggi non li cucino, ma papà è ancora in campo e i formaggi sono il suo territorio”

Anche nel 2030?

Anche dopo!

Ci vediamo presto Camillo, con mia moglie, la Betty e Francesco. Tu intanto misurati con la sagna penta che noi abbiamo bisogno di respirare il tempo in cui fummo giovani. Al lettore va detto che Camillo è di poche parole e, dunque, questa intervista la ritengo preziosa e lo ringrazio infinitamente.

Per i pochi che lo ignorano il Cibus è il prototipo della cucina dissidente. Nella sua presentazione è scritto: «La dissidenza di una cucina comincia dal basso, dalle mani, dalla terra, dalla fatica. Il dissidio con le logiche industriali si manifesta di varietà antiche, di materie prime e nella ricerca di processi di trasformazione puramente tradizionali figli di incontri tra contadini e artigiani. Resistiamo su questa posizione per consentirvi assaggi di sapori dimenticati.»

E comprenderete perché, chi scelse la parte più scomoda della storia ne è affezionato seguace.

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