Con l’arrivo di ottobre si apre ufficialmente la stagione del tartufo, esistono otto tipi di tartufi differenti e il loro costo, spesso, davvero proibitivo, raggiunge per alcune tipologie il prezzo di migliaia di euro al chilogrammo. Questi pregiati funghi sotterranei sono presenti e ricercati anche in Puglia, per via del loro sapore unico sono un ingrediente che accompagna i piatti di questa stagione. In regione ne sono diffuse tre specie (lo scorzone, il bianchetto e l’uncinato), mentre altre cinque sono molto più rare da rinvenire (il nero pregiato, il tartufo nero, il nero di Bagnoli Irpino, il brumale e il bianco).
Il tartufo pugliese è stato finalmente riscoperto e valorizzato e la zona della Murgia rappresenta quel territorio maggiormente vocato al ritrovamento di questi funghi così preziosi. In passato i ristoratori erano a caccia dei tartufi provenienti dal Nord Italia, specialmente dalla zona di Alba, con il suo tartufo bianco. Oggi per fortuna il trend è cambiato e i “funghi made in Puglia” sono una garanzia per le preparazioni di questo periodo.
Le tipologie di tartufo più facili da reperire e di conseguenza anche più commerciabili sono: il Tuberum aestivum detto “scorzone”, poi c’è il Tuber aestivum uncinatum chiamato “uncinato” e infine il Tuber borchii, ovvero il “bianchetto”, ambito a livello nazionale. Questa specie cresce anche in altre parti d’Italia ma in Puglia ha qualità organolettiche differenti, infatti, molti tartufai si stanno battendo per garantirgli il marchio Dop. I prezzi di vendita oscillano tra i 150 e i 200 euro al chilo per lo scorzone, mentre il bianchetto e l’uncinato oscillano tra i 700 ed i 1000 euro al chilogrammo. C’è poi il nero pregiato, tipico solo di alcune zone del leccese, che arriva anche a 1000-1500 euro al chilo. Esiste comunque una “borsa del tartufo” online dove è possibile trovare tutte le quotazioni.
Il tartufo nasce grazie all’umidità e quindi la sua crescita dipende dalla generosità delle piogge che devono poter penetrare in profondità nel sottosuolo. Questo fattore deve essere legato a un habitat dove sono presenti aree boschive come pinete e querceti. È più facile reperire i tartufi vicino al pino d’Aleppo, il pino nero, la quercia ed il cedro. Si tratta di piante diffuse in Salento, ma anche nella Murgia fra Cassano, Santeramo, Gioia del Colle e Sammichele. Si stima che nel parco dell’Alta Murgia ci siano 11mila ettari di patrimonio boschivo vocato al tartufo. È un’area ampia, anche se negli ultimi anni sta subendo dei disastrosi attacchi da parte dei cinghiali, che mangiando tutto ciò che trovano nel terreno, disperdono così le spore dei funghi, inibendone lo sviluppo.
I cani sono dei validi supporti per poter dedicarsi alla caccia del tartufo, il “Lagotto romagnolo” è una delle razze maggiormente utilizzate, ma abbiamo anche il Pastore tedesco e il Volpino. Per loro tutto risulta come un gioco poi tocca al tartufaio, tramite la tipica vanga a lama piatta, scavare nel terreno per capire se l’amico a quattro zampe ci ha “visto” giusto. I tartufi pugliesi crescono da pochi centimetri fino a mezzo metro sottoterra e possono raggiungere anche un peso considerevole, intorno agli 800 grammi. La legge nazionale e regionale stabilisce i periodi di raccolta di ciascuna specie. Dal 15 gennaio al 31 aprile si può prendere il bianchetto, dal 1° maggio al 31 ottobre abbiamo lo scorzone e infine l’uncinato che va da ottobre a dicembre.
La raccolta dei tartufi non può essere realizzata da tutti, per poter procedere alla sua caccia occorre superare un esame, dopodiché la Regione rilascia un tesserino valido per 5 anni che abilita alla raccolta in Italia tranne nelle aree protette o private. L’esame è sostenuto con un esperto micologo: bisogna dimostrare ad esempio di saper capire quando un tartufo è troppo maturo, acerbo o pronto per essere mangiato. È fondamentale infatti conoscere alla perfezione il fungo e la sua fase di crescita, per garantirne la propagazione in natura, evitando di deturpare inutilmente il territorio.
In Puglia la legge regionale n.8 del 23 Marzo 2015 ha posto il limite massimo di 70 permessi speciali per la raccolta all’interno del Parco nazionale dell’Alta Murgia, tale decisione è stata presa attraverso una delibera, senza il parere di un comitato tecnico scientifico. Alcuni cavatori storici hanno però impugnato la normativa di fronte al Tar. E il Tribunale ha dato loro ragione, decretandone l’illegittimità. Ora quindi c’è un comitato scientifico che, in accordo con l’Università di Bari, sta stimando la quantità di miceti presenti sul territorio così da stabilire un numero congruo di “cacciatori”.
Ultima informazione utile da sapere per conservare il tartufo bisogna avvolgerlo in un foglio di carta da cucina e di chiuderlo in un boccaccio, provvedendo al cambio quotidiano della carta, in modo da mantenere integro il tartufo, evitando la formazione di muffe o la possibilità di far seccare il prodotto. Evitate di conservarlo immergendolo nel riso perché così facendo verrebbe assorbita tutta l’umidità, perdendo i profumi e l’essenza di questo prodotto così unico.
Foto Credit: @alessandro_cambi_di_rotta