Palma D’onofrio, insegnante di cucina, originaria di Taranto per più di trent’anni ha peregrinato con la propria famiglia per tutta Italia, lasciando nel suo cuore uno spazio sempre presente per Taranto, che lei stessa definisce: “La sua casa”.
La cucina entra nella sua vita da piccolina, complice l’innata curiosità, inizia a indagare tra impasti e fornelli grazie alle nonne, che rispetto alla mamma le permettevano di sperimentare, giocare e impastare dalle orecchiette alle tagliatelle, alimentando in lei un amore che nel tempo è cresciuto trasformandosi da gioco in passione per poi diventare anche un lavoro. La cucina era la stanza di casa dove trascorreva le sue giornate, al fianco delle nonne, era proprio di lì che tutto si animava, diventando il fulcro della sua vita. La cucina per lei è un concetto ampio che abbraccia significati profondi che riaprono cassetti di ricordi belli di vita vissuta. Da pochissimi anni è ritornata a vivere a Taranto, grazie al pensionamento del marito, ha deciso di lasciare Roma, città dove ha vissuto per vent’anni per tornare in Puglia, dove ha deciso di scrivere un altro capitolo della propria esistenza, che la vede impegnata tra vino, cucina e solidarietà.
Che Taranto hai ritrovato al tuo ritorno?
Sono tornata a vivere a Taranto dopo 33 anni di vita vissuta lontano dalla Puglia, precisamente dal 1986 al 2022, ho girato l’Italia per dodici anni per seguire il lavoro di mio marito, da Livorno a Catania, scegliendo alla fine Roma come base per permettere anche ai miei tre figli di avere una stabilità soprattutto per la scuola. Il mio legame con Taranto non si è mai interrotto perché tutte le estati le trascorrevamo qui, poi i Natali e anche la Pasqua. Devo dire che sono stata bene in tutte le città in cui ho vissuto e le persone che ho trovato ovviamente hanno fatto la differenza. Taranto è quella che ho considerato sempre la mia casa, appena rientrata qui mi sentivo un po’ persa perché ovviamente non avevo dei punti di riferimento, ma la città è la stessa e l’ho ritrovata più consapevole della propria forza e della propria bellezza. Fortunatamente mi sono trovata in un momento storico in cui questa città vuole scrollarsi l’immagine del solo comparto siderurgico, riappropriandosi della sua bellezza e della sua cultura.
Venerdì 23 febbraio sarai alla Scuola del Gusto di Molfetta per una tua lezione dal titolo: “Le verdure d’inverno”, cosa dovranno aspettarsi i partecipanti?
Parleremo di verdure invernali comprendendo oltre alle tabelle nutrizionali, anche come scegliere una tipologia di broccolo rispetto a un altro, come utilizzarne gli scarti e come cucinarli al meglio. In inverno troviamo verdure dal gusto amarognolo come le cime di rapa o dolciastre come i finocchi, prepareremo una Tarte Tatin ai finocchi rovesciata, per me la ricetta è come se fosse un mezzo per raccontare qualcosa di più: dalle tecniche alla scelta della cottura. Dobbiamo incoraggiare il consumo delle verdure, è importante.
Cosa ti mancava di più della Puglia?
Dipende da dove ero, in alcune zone mi mancava il mare, altre volte alcuni cibi, nonostante mi sia sempre accontentata, sposando la cucina del luogo dove vivevo. Grazie a questo oggi la mia cucina è un mix di sapori e cibi della nostra bell’Italia.
Spesso le donne sono pronte a fare dei bilanci di vita il tuo ad oggi qual è?
Io in questo momento vivo una fase che considero della terza età, non perché ho sessantuno anni, ma perché sono a un altro livello di vita. Ho vissuto una vita da mamma e da casalinga e ne ero felice, poi ho seguito la mia passione ed ho ritrovato il lavoro, oggi ho ricominciato a lavorare, avendo anche un risvolto sociale, come quello di fare vino con tutta la mia famiglia nella terra del Primitivo di Manduria e portare avanti un progetto di solidarietà che riguarda le donne vittime di violenza domestica della mia città.
Ci racconti meglio di questi progetti?
Appena sono arrivata a Taranto ho pensato di voler fare qualcosa di bello per questa città ed è così che è nata “Artemide”, grazie ad Angela Blasi, presidente dello sportello sociale per l’ascolto: “Etra”. Artemide è un gruppo di donne, comprese tra i 35 e i 65 anni, vittime di violenze domestiche che vogliono rimettersi in gioco, facendo un corso di formazione enogastronomico, dal quale verrà fuori una brigata per realizzare catering di ricette tradizionali della nostra terra, recuperando anche le tradizioni più dimenticate. Questa è una forma di business etico che pone al centro le donne che hanno voglia di riscatto, le formerò perché solo attraverso la conoscenza si può essere libere.
Poi c’è “Anosto Noma”, l’azienda dove tutta la mia famiglia è impegnata per produrre Primitivo di Manduria, c’è mio marito che da ex dirigente bancario ci controllerà i conti, William, il mio primogenito che vive a Londra, ci aiuterà con l’export, mia figlia Claudia che ha mollato il suo lavoro per seguirci in questa avventura, si concentrerà sul marketing e la comunicazione e poi mio figlio Alfredo si occuperà dei vigneti. Il nome indica una frase greca che significa: “senza nome”, proprio come le nostre etichette perché vogliamo che ognuno si identifichi in loro seguendo il proprio essere.