Spaghetti all’Assassina. La vera ricetta descritta dal suo inventore Enzo Francavilla

Come promesso, questo è il primo articolo in cui sarà rivelata la ricetta originale di Enzo Francavilla, unico, solo e autentico creatore degli Spaghetti all’Assassina.

Ripartiamo, quindi, dal suo racconto contenuto in una intervista video che custodisco, importantissima testimonianza della storia della cucina barese,

Nelle parti in corsivo riporterò fedelmente le sue parole.

Francavilla racconta, appunto, di una coppia di clienti napoletani che gli avevano richiesto un piatto “che non abbiamo mai mangiato”.

Enzo aveva pochi ingredienti, aveva da poco rilevato la licenza del suo “Sorso Preferito” ed era, quindi, a corto di soldi. Così si guardò intorno, vide una “capa d’aglio”, il pomodoro, il peperoncino e gli “spaghetti che gli facevano l’occhiolino”.

Così inventò quelli che sarebbero diventati gli Spaghetti all’Assassina:

“Misi a bruciare l’aglio nella padella di ferro, insieme a olio e peperoncino. Non lo mettevo a rosolare, ma lo bruciavo e poi lo toglievo.

Nell’olio bollente versavo il pomodoro crudo, in realtà pelati schiacciati con le mani, e così faceva la fiammata. Quella fiammata era “l’allegria della cucina”, che io subito andavo a coprire con il coperchio. Quel po’ di fumo che si creava, rimaneva così all’interno e mi dava il gusto agli spaghetti, come se io li avessi bruciati e, invece non era vero, erano rosolati, abbrustoliti. Nel frattempo, nell’acqua e sale portavo gli spaghetti, anzi i vermicelli, a meno di mezza cottura, quando si piegavano, li scolavo bene e li versavo nella padella con il pomodoro, per farli insaporire. Mescolavo continuamente e, se erano troppo secchi, aggiungevo altri pelati schiacciati, sempre crudi, e continuavo la cottura, finché non si erano cotti e il pomodoro ben ristretto. Poi li assaggiavo e, vedevo se la cottura, il sapore e il sale erano a posto, e con una gratinatura, un’abbrustolitura superficiale. Li lucidavo con un poco d’olio e così la mia ricetta era completa.

A quel punto li servivo a tavola, raccomandandomi di non bere mai durante il pasto ma solo alla fine, perché il piccante brucia e fa venire voglia di bere, ma se lo fai rovini tutto.

Quando hai finito, bevi e puoi baciare anche una Regina!”.

Sfatato un altro mito, quindi, direttamente dalle parole di Enzo Francavilla, secondo il quale sarebbero stati inventati per far bere tanto e, quindi, vendere più vino. Lui, addirittura, consigliava persino di bere, appunto, soltanto alla fine!

Come potrete capire dal suo racconto, quindi, la ricetta originale non ha una serie di passaggi che si trovano nelle più comuni ricette in giro nel web.

Tanto per cominciare non c’è la risottatura né la tostatura della pasta. Si tratta di due passaggi diffusi e definiti fondamentali nella ricetta dell’Accademia dell’Assassina, il cui presidente riteneva indispensabili in quella che definisce – in verità con una certa presunzione – “ricetta ufficiale”, pur non avendo mai conosciuto quella vera.

Praticamente nessun ristorante, comunque, fa la risottatura, anzi qualcuno, per comodità, precuoce persino gli spaghetti e li tiene da parte, pronti all’uso. Tanto, come direbbe il mitico chef Ruffi: “Non si è mai lamentato nessuno!”

Chi già un bel po’ di tempo addietro ebbe l’intuizione della non risottatura è la foodwriter tarantina Ornella Mirelli, la quale sostiene che, all’epoca, fosse una tecnica sconosciuta.

Tarantina di nascita ma ormai barese da una vita, passò la sua ricetta alla sua amica e bravissima scrittrice Gabriella Genisi che la inserì nel suo libro “Spaghetti all’assassina, appunto.

Ornella si era posta queste domande già molti anni fa ed è giusto rimarcarlo dando a Cesare quel che è di Cesare.

La Genisi, invece, con il suo vice questore Lolita Lobosco ha contribuito tantissimo alla popolarità della ricetta, ancor più quando la serie dedicata alla sexy poliziotta è stata portata in tv e interpretata dalla bravissima attrice Luisa Ranieri.

Devo ammettere che anch’io per tanti anni ho usato quasi sempre la risottatura, ma da ora in poi non proseguirò nell’errore e sarò fedele alla vera ricetta del suo inventore.

Purtroppo la popolarità acquisita così rapidamente dagli Spaghetti all’Assassina ha lasciato troppo spazio a tutti coloro che – Accademia compresa – si sono inventati una ricetta senza alcuna base storica, autodefinendola perfetta e diffondendola come vera, quando in realtà non lo è assolutamente. E non si tratta di polemica, ma di semplice amore della verità documentata e documentabile, come amo fare sempre quando parlo di storia della cucina, basandomi su ricerche, tracce, incroci di date e mai – dico mai – sulle chiacchiere da bar.

Ma andiamo avanti e dimenticatevi, almeno nella ricetta vera, anche il concentrato di pomodoro o, peggio, quello che erroneamente e impropriamente viene chiamato “brodo di pomodoro” ma è semplicemente una diluizione del concentrato con aggiunta di acqua.

Il brodo, nella cucina vera, – lo dico a beneficio di chi voglia davvero usare i termini corretti e non a sproposito – è un alimento liquido ottenuto dalla bollitura prolungata di materie prime come carne, pesce o vegetali e assolutamente non una diluizione. Tale lunga procedura ha lo scopo di trasferire lentamente i sapori dagli ingredienti all’acqua, quindi aggiungere acqua a un concentrato non fa certamente di un liquido rossastro un brodo. È un concetto di base, che dovrebbe essere conosciuto da chiunque voglia parlare con competenza di cucina, quella vera. Purtroppo però, nel caso dell’assassina, da anni sono in tanti coloro che si sono abituati ad utilizzare a vanvera il termine “brodo”.

A meno che non si voglia far passare il concetto, allora, che “tutto fa brodo”!

La tostatura, invece, indispensabile procedura nella prima fase di un risotto, nel caso della pasta è assolutamente dannosa poiché va a vetrificarne la struttura oltre che bruciacchiarla da secca. Una procedura che sconsiglio con decisione a chi non voglia fare rivoltare nella tomba i grandi padri della cucina italiana.

Banditi dalla ricetta originale altri elementi come aglio in polvere, pomodori freschi e tutte le altre aggiunte, stracciatella e tartare varie comprese.

C’è pure chi consiglia di usare spaghetti di bassa qualità, perché rilascerebbero meno amido.

Non credeteci, la pasta che rilascia meno amido è proprio quella di qualità essiccata a basse temperature, che gelatinizza gli amidi in cottura. L’unico motivo che può giustificare l’uso di una pasta non eccelsa sono i costi, decisamente più bassi in quelle trafilate al teflon rispetto a quelle trafilate al bronzo ed essiccate a bassa temperatura, considerando che la cottura dell’Assassina è piuttosto violenta e stressa molto tutti gli ingredienti.

Riepilogando, gli Spaghetti all’Assassina originali, dal 1967 si fanno, in pratica, soltanto con 6 ingredienti:

Spaghetti o vermicelli, pomodori pelati, aglio fresco, peperoncino, olio extravergine d’oliva, sale.

Ricapitolo, quindi, il procedimento spiegato dal suo inventore Enzo Francavilla, in modo che possiate finalmente divertirvi a fare quelli veri e sentirvi anche voi parte di una bella storia di cucina e non delle aberrazioni che si stanno vedendo ormai in città e stanno appiattendo l’offerta ristorativa barese.

Ingredienti per 4/6 persone, a seconda di quanto siete golosi:

  • 500 grammi di vermicelli
  • pomodori pelati q.b. (500 grammi o più)
  • 5/6 spicchi di aglio fresco
  • peperoncino fresco a piacere (dipende da quanto piace il piccante)
  • olio extravergine d’oliva
  • sale q.b.

 

Preparare, in una coppa, i pomodori pelati schiacciati con le mani e condirli con il sale.

In una padella di ferro (Francavilla usava la sartàscene, non la lionese), mettere abbondante olio, il peperoncino e gli spicchi d’aglio che faremo bruciare per poi eliminarli.

Quando l’olio è bollente, con un rapido gesto, versare i pelati schiacciati. L’olio si infiammerà e bisognerà subito mettere il coperchio, in modo da spegnere la fiamma e trattenere il fumo che si formerà e regalerà un sentore di affumicato alla pasta.

In una pentola capiente portare a bollore l’acqua, salarla e versarvi i vermicelli. Toglierli quando si saranno piegati e versarli nella padella con il pomodoro per completare la cottura. Non spezzateli assolutamente!

Nelle ricette diffuse fin qui si dice di non muovere la pasta in questa fase. Invece no, Francavilla dice che gli spaghetti vanno rimestati, a fuoco medio, proprio per favorire il matrimonio con il sugo e, se necessario, se ne può aggiungere dell’altro a crudo. La salsa pian piano caramellizzerà e si avvolgerà sugli spaghetti.

Quando la pasta sarà ben cremosa, ma con il sugo molto stretto, attendere ancora un po’ finché si sarà leggermente abbrustolita ma non bruciata, mi raccomando. A questo punto, un attimo prima di toglierla, va lucidata con un giro di olio extravergine.

La vera Assassina, insomma, è abbrustolita, leggermente tostata, ma non bruciata, quindi assolutamente non con la pasta carbonizzata come troppo spesso capita di vedere in tanti locali. Deve sapere di fumo, il sugo deve essere una crema che avvolge la pasta, gli spaghetti non devono sembrare paglia bruciata, ma “crocchiare” appena, al punto giusto. Ed essere piccanti, perché il significato di “all’assassina” è legato alla sensazione del piccante, non del bruciato.

Quindi, un altro concetto da superare è quello che diventi all’assassina tutto ciò che è bruciato, cosa putroppo diffusissima, ma di questo ne parlerò largamente nel prossimo articolo fra 7 giorni.

Ecco, con dovizia di particolari e con tutti i passaggi, la vera, originale, originaria e buonissima ricetta degli Spaghetti all’Assassina by Enzo Francavilla.

Ristoranti baresi, semplici appassionati, blogger, casalinghe/i, da ora in poi li farete così?

Se volete sentirvi parte di una storia di successo e rendere onore e giusto merito a quest’uomo nato a Foggia nel 1934 che, nel 1967 ha regalato a Bari una ricetta entrata a pieno titolo nella storia e nella tradizione della nostra città, seguite i suoi consigli e non quelli di altri.

Con grande onestà, vi dico di lasciar perdere persino quella che facevo io, molto simile ma con l’importante errore della risottatura.

È giusto dire che Francavilla la preparava nella padella di ferro, la cosiddetta “sartàscene”, non più utilizzabile nei ristoranti perché non a norma, che in molti oggi sostituiscono con la lionese, sempre di ferro ma molto più pesante e con una diversa conduzione del calore.

Il consiglio che mi sento di dare è che la padella deve condurre il calore in modo molto immediato, quindi usate tranquillamente la sartàscene a casa vostra, oppure a mio modesto parere va benissimo, in sostituzione, l’antiaderente e anche la lionese se proprio vi piace. C’è chi usa la paella, cioè la padella spagnola in acciaio, e pensate che lo chef stellato Felice Sgarra la prepara in un preziosissimo tegame in cordierite. quindi scegliete ciò che più vi piace, ma è fondamentale che trasmetta rapidamente il calore, quindi certamente no terracotta, no pyrex, no ceramica.

Provate, quindi, la ricetta originale e, intanto, vi dò appuntamento alla prossima settimana per il terzo articolo sull’argomento, in cui parlerò delle varianti e, purtroppo, ci sarà ancora tanto, ma proprio tanto da dire.

Gallery