Esegesi emozionale: flusso di coscienza senza autocensure che porta ai confini dell’io per scioglierne nodi, dubbi, ambiguità. È qualcosa di più della semplice introspezione, è molto più simile ad una ipnosi regressiva che consente di recuperare anche frammenti di percezione del presente e del passato. Questo è il “lavoro” alla base dell’ultimo album del musicista e cantautore barese Fabio Milella. “In bilico sulle nostre emozioni”, che già nel titolo fa riferimento al campo semantico d’elezione dei testi (quello dei sentimenti, in primis dell’amore), contiene tredici tracce ed esce nel 2019 con musiche e arrangiamenti di Tommaso De Vito Francesco (oltre che dello stesso Milella). Più recente (gennaio 2022) il singolo “Chiedimi se sono felice”. Poi, nello scorso novembre, è la volta del video “Ti ho mentito per anni”, ultimo estratto del suo terzo album: Milella ci mette la faccia per raccontare in prima persona la difficoltà di incontrare a distanza di tempo qualcuno che si è amato nella totale incapacità, però, di riuscire a capirsi. Rabbia e malinconia, insomma, in quattro minuti che riportano alla dimensione del sogno in uno sfogo ripulito da tutte le interferenze esterne. Sul volto del protagonista, infatti, luci ed ombre che sono quelle della sua anima. Fondamentale la presenza del violoncello di Paola Damiana De Candia, che inchioda alla riflessione.
In pochi, nel panorama musicale italiano, riescono in maniera così efficace ad aggirare le riserve razionali dell’ascoltatore e parlare alla parte più ancestrale, quella delle emozioni. Uno di questi è Vasco Rossi, tra i preferiti di Milella insieme a Ivano Fossati e Niccolò Fabi. “Dice due-tre cose sbattute in faccia e tanto basta per visualizzare una scena o situazione”, spiega a proposito del rocker di Zocca (Vasco ndr). “La scrittura, però, non è mai una sola. – continua – Amo anche lo stile un po’ più criptico di Fabi e la raffinatezza di Fossati.”
Paragona la composizione al completamento di un puzzle, dove parola, metrica e musica hanno la stessa importanza. Un gioco di incastri in cui le note danno risalto alla parola in sé, creando la magia anche grazie alla ricerca della rima. Non è un caso che Milella usi sistematicamente il dizionario dei sinonimi e dei contrari quando scrive canzoni e non è un caso che faccia anche un altro mestiere basato sull’importanza delle parole. “Essere giornalista mi porta ad essere più attento ai testi e ad essere un buon osservatore – dice – ma la condizione indispensabile per comporre canzoni è la sensibilità e la capacità di scavare dentro se stessi.”
Ti ho mentito per anni, schema composto da tre strofe e due ritornelli in successione, utilizza un linguaggio semplice ma fa ampio ricorso alle figure retoriche: ossimoro, antitesi, metonimia. Queste ultime sono responsabili di un testo che si articola su due registri affatto incompatibili, quello alto del cantautorato di qualità e quello più popolare della ballata rock che piace al grande pubblico.
Del resto, il Milella di oggi non è certo quello di vent’anni fa. Non è il ragazzo di quindici anni che canta ad una serata tra amici di scuola con l’emozione in gola. “All’inizio scrivevo canzonette.”, ammette. Il primo album di inediti, Chi fa da sé fa per tre, anticipato dal singolo Dispetto, è del 2011. Nel 2012, con ElettroOttanta, esplora tutt’altro genere: i successi degli anni ’80 rivisitati in chiave elettronica.
Artista imprendibile, che decide di restare in silenzio quando la sua musica ha bisogno del tempo necessario per evolvere, ha studiato musica da bambino per poi sganciarsi dal pentagramma alla ricerca della sua forma di espressione: il canto.