Lo scorso 15 settembre la squadra di pallavolo maschile ha conquistato la medaglia d’argento alla finale del campionato europeo. La Polonia è campione d’Europa e al Palaeur di Roma l’Italia con tre set a zero guadagna il secondo posto sul podio. La squadra allenata da Fefè De Giorgi, sotto gli occhi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di altri 11 mila spettatori non riesce nell’impresa e incassa la sconfitta. La nostra collega Patrizia Nettis, prematuramente scomparsa lo scorso 29 giugno, da giornalista sportiva e amante dello Sport non si sarebbe persa assolutamente questo match e ne avrebbe scritto ampiamente per analizzare i vari aspetti della gara. Nel suo ricordo riproponiamo l’intervista da lei realizzata all’allenatore salentino, Fefè De Giorgi.
I lettori della Gazzetta dello Sport hanno eletto la sua Nazionale come miglior squadra Mondiale dell’anno Meglio dell’Argentina di Messi, la Ducati o il Real Madrid.
La regione Puglia lo ha inserito tra i gli uomini dell’anno, modello vincente, esempio da seguire, perché è andato oltre la rete del possibile mettendo a terra sogni che nemmeno si pensava di poter avere.
Fefè De Giorgi in queste ore è nella sua Squinzano a godersi il sole della Puglia. Qualche giorno di relax prima di tornare in campo, perché, in realtà, dal campo, in questi mesi, non è mai uscito. L’oro Mondiale gli ha travolto la vita e, come lui stesso ammette, mentre i suoi ragazzi si sono riposati, lui in vacanza non è mai andato. Lo hanno chiamato nelle scuole a spiegare il successo di questa Italia campione di tutto e di un uomo «normale» che dal profondo Salento è arrivato sul tetto del mondo. Che poi, come cantava Lucio Dalla, l’impresa eccezionale è proprio quella di essere normale.
Fefé De Giorgi, il 2022 è stato talmente bello che c’è quasi da augurarsi che non finisca?
No, non sono dispiaciuto (ride, ndr). Anzi, sono molto contento di quello che siamo riusciti a fare. Già il 2021 era stato un anno importante, nel 2022 bisognava andare oltre e credo che ci siamo riusciti. Le stagioni passano, gli anni finiscono, bisogna sempre guardare a quello che verrà, è un po’ il senso dello sport che ci dà l’idea che si ricomincia sempre, ci sono nuove opportunità, altre possibilità.
Che esperienza è stata l’incontro con gli studenti delle scuole?
È stato molto bello perché ho toccato con mano quello che questa Nazionale è riuscita a trasmettere al di là dei risultati ottenuti in campo. Ho avuto la prova che abbiamo infuso emozioni, sentimenti; le facce pulite e belle dei miei ragazzi hanno colpito e credo che questo sia la cosa più importante, che lascia una traccia e ci dà fiducia. Fa morale e spinge e fare sempre meglio. Ho trovato negli studenti tanta curiosità e molta voglia di sapere.
Qual è stata la cosa che ha ripetuto più spesso ai giovani?
Ho detto loro che se hanno un sogno devono seguirlo, che i sogni non bisogna farseli togliere, ma per raggiungere quello che si vuole c’è un percorso pratico, fatto di impegno, di fatica, di lavoro quotidiano. Non bisogna pensare a voler essere perfetti, non ci si deve sentire superiori, al contrario bisogna sempre essere convinti di avere limiti. E che quei limiti si possono superare.
Lei è diventato l’uomo pugliese dell’anno per acclamazione popolare in un certo senso, eppure è un anti-divo, un eroe della normalità. Qual è stato il segreto di tanto successo?
In effetti essere normali oggi sembra una cosa strana. Ma, attenzione, non è una deminutio (ride di nuovo, ndr). Non so cosa abbia colpito in realtà, ma credo forse la storia che c’è dietro a questi successi di oggi, l’uomo che sono stato da giocatore prima e poi da allenatore. Forse l’idea che le vittorie non arrivano per caso, ma c’è tanto lavoro che poi alla fine emerge grazie a un grande impegno. il mio motto è sempre stato deprimersi con coraggio e festeggiare con sobrietà. Non ho fatto nulla di eccezionale, ma ho sempre portato rispetto per tutti, lo chiedo e lo do.
Il 2023 è un anno importante che passa anche molto dalla Puglia…
Ci sono gli Europei, la VNL, il torneo di qualificazione olimpica: è una lunga stagione, ci sarà da rimboccarsi le maniche.
Quanto ci pensa agli Europei nella sua Puglia?
Sono contentissimo perché tornare da allenatore della Nazionale campione del mondo a giocare nella propria terra credo sia il massimo. E poi a Bari ci attende una fase importante del torneo (ottavi e quarti all’inizio di settembre, ndr), abbiamo una grande responsabilità.
Lei è un prodotto di Giuseppe Manfredi. Quanti grazie sente di dare al suo presidente, che per altro è pugliese?
Uno solo, ma grandissimo, per tutto. Mi ha dato una grande opportunità, ma le parole non ripagano, sono utili, ma poi bisogna fare e concretizzare, quello è il miglior grazie.
E lei ha già fatto tanto: proprio Manfredi nella conferenza stampa di fine anno ha evidenziato quanto i numeri del movimento pallavolistico italiano siano cresciuti e tornati quasi ai livelli pre pandemia, sottolineando quanto la Nazionale abbia fatto da traino.
Questo mi fa molto piacere, ma aumenta le nostre responsabilità e i nostri doveri. Vincere è la cosa migliore da fare, ma non basta: è l’immagine che si dà quello che davvero conta. Noi in questo ci impegneremo sempre. Perché l’impresa eccezionale, dammi retta, è quella di essere Fefè.