Il panorama ampelografico pugliese rivendica una selezione di vitigni autoctoni che nel corso degli anni ha saputo conquistare anche i palati più esigenti, dimostrando capacità qualitative degne di nota. Tra i vitigni pugliesi che meritano una menzione particolare ritroviamo l’Ottavianello, uva a bacca nera, allevata soprattutto nell’area di Brindisi, dove la ritroviamo come tipologia in purezza con l’Ostuni Ottavianello Doc. La Doc Ostuni, istituita nel 1972, prevede la vinificazione in blend con Negroamaro, Malvasia Nera, Susumaniello e Notar Domenico fino ad un massimo del 15%. In questo modo viene indubbiamente esaltato il vitigno principale come anche il territorio, che si arricchisce di una risorsa da valorizzare, anche grazie all’approfondimento e alla sperimentazione di nuove tecnologie in vigna e in cantina, con la qualità come inevitabile target.
Il nome sicuramente deriva da Ottaviano, comune in provincia di Napoli, dal quale venne introdotto nella zona appunto di Brindisi verso la fine dell’Ottocento grazie al Marchese di Bugnano, che probabilmente a sua volta lo fece arrivare dalla Francia. Proprio nel sud della Francia questo vitigno è conosciuto con il nome di Cinsaut, mentre in Sud Africa viene chiamato Hermitage ed è principalmente utilizzato in combinazione con il Pinot Nero per ottenere il Pinotage. Nel Salento l’Ottavianello era utilizzato spesso in blend con il Negroamaro e la Malvasia Nera di Brindisi o di Lecce, mentre da qualche tempo c’è un cambio di rotta che spinge i produttori a cimentarsi in nuove sperimentazioni che prevedono la vinificazione in purezza dell’Ottavianello. Attraverso un importante lavoro in vigna, soprattutto dal punto di vista della riduzione delle rese in pianta, sono arrivati buoni risultati e incoraggianti prospettive per il futuro. Vinificato in solitaria l’Ottavianello si presenta di un rosso rubino brillante, che con il passare degli anni evolve verso il rosso granato. I profumi sono caratterizzati da note di frutti rossi, sentori floreali di rosa e viola, spezie dolci e nuances erbacee. Ha una buona propensione all’invecchiamento, conservando persistenza, morbidezza e una trama tannica delicata.
“26 Agosto” Villa Agreste 2020
Il nome “26 agosto” richiama alla data della festa di Sant’Oronzo patrono di Ostuni, ad indicare un legame forte col territorio e le sue tradizioni. Questa rosato è ottenuto per poco più di due terzi da uve a bacca bianca tipiche della zona ovvero Impigno, Francaidda e Minutolo e per un terzo da uve rosse Ottavianello, Susumaniello e Notar Domenico pressate insieme con leggerezza per estrarne solo il nettare fiore. Il mese scorso Enzo Iaia ha festeggiato i 50 anni della Doc Ostuni ripercorrendo la sua storia che l’ha visto essere un pioniere nel progetto di recupero e valorizzazione di vitigni autoctoni e pressoché dimenticati. Nel 1980 queste varietà sono scomparse, a causa di due leggi: la prima, incentivava a togliere le vigne, mentre la seconda incentivava gli uliveti, così Ottavianello e Bianco Ostuni Doc sono rimaste per anni e anni Doc nominali. Ma oggi si possono assaggiare, grazie al lavoro fatto da produttori come Enzo.