Nessuna tradizione vinicola alle spalle, nessun podere di proprietà, né una cantina, ma una grande passione per il vino e per la filosofia, in particolare per Karl Marx. Su questa insolita combinazione di circostanze Emanuela Conversano sta costruendo il suo progetto imprenditoriale 5 e 30 Vini da coltivare. Laureata in filosofia con una tesi di dottorato su Marx e i suoi scritti antropologici, Emanuela si occupa ancora oggi di ricerca sulle società e sui modi di produzione diversi da quello capitalistico, facendo la spola tra Berlino e la Puglia. Sono temi, quelli dei suoi studi, solo apparentemente distanti dal mondo agricolo, diventati materia viva, approcci concreti e attualizzati a cui la sua impresa fa riferimento.
Una particolare coincidenza, poi, la lega al filosofo tedesco. Poco dopo aver acquistato la sua vigna, Emanuela scopre, infatti, che la famiglia Marx possedeva un vigneto a Treviri nella Mosella, uno dei territori storicamente più vocati al mondo per la viticoltura. Secondo alcune teorie le riflessioni sul capitalismo del filoso potrebbero essere partite proprio dall’osservazione dei rapporti produttivi dei lavoratori agricoli del suo territorio.
LA VIGNA, GIOVANNI E IL VECCHIO PROPRIETARIO
Dopo la laurea Emanuela torna in Puglia, dove segue un corso per diventare sommelier e lavora in un tour operator specializzato in turismo sostenibile, mettendo da parte, per un breve periodo, il suo percorso di studi. Nel 2018 con il suo attuale datore di lavoro e amico Giovanni decide di acquistare un vigneto a Gioia Del Colle, nella provincia di Bari.
“Un po’ per caso, un po’ perché ci stavamo accorgendo che c’era un territorio di vigne che si stava perdendo, sostituito da agricolture intensive, abbiamo deciso di comprare un piccolo vigneto e fondare una società semplice agricola: 5 e 30 Vini da coltivare. Il nome è un omaggio al vecchio proprietario, che ci dava appuntamento non più tardi delle 5:30 del mattino per insegnarci, trasmetterci e tramandarci tutte le operazioni colturali necessarie a custodire, coltivare a tenere in vita la nostra vigna. Abbiamo pensato di omaggiarlo perché non abbiamo nessuna tradizione vinicola alle spalle, nessuna tenuta, ma questo nome rappresenta anche un po’ una spinta, una sveglia e un atto propositivo per un piccolo progetto. Quindi ci siamo ritrovati con questa vigna di primitivo vecchia 60 anni e immediatamente ci siamo resi conto che l’approccio più consono e rispondente alla natura di quelle piante e di quel terreno fosse un’agricoltura biologica sostenibile e una vinificazione naturale”.
I VINI, L’APPROCCIO COMUNITARIO E LA TUTELA
Emanuela e Giovanni creano quindi da subito una fitta rete di soggetti ed esperti a cui affidarsi in ogni fase del progetto e con cui attivare collaborazioni in uno spirito comunitario, con l’obiettivo di avvicinarsi al metodo di agricoltura organica rigenerativa.
L’idea è quella di fare impresa tutelando i soggetti coinvolti, il terreno, l’ambiente, quindi producendo valore nell’ottica di “non valorizzazione del capitale stesso”.
“Non avevamo e tutt’ora non abbiamo una cantina, per cui ci siamo impegnati per cercare qualcuno che vinificasse la nostra uva per conto terzi, senza snaturare quel terreno e quel vigneto, quindi che ci restituisse effettivamente il prodotto di quell’uva che avevamo coltivato.
Inoltre stiamo cercando di ragionare sulla tipologia e sul numero di vini da poter produrre. Ci piacerebbe sperimentare ogni anno, ma in questo momento siamo in una fase zero. Abbiamo solo un vino in bottiglia che però è frutto di un precedente esperimento di uva da vigna da agricoltura sinergica, mentre il nostro primitivo della vendemmia del 2021 e 2022 riposa ancora in cantina. Speriamo di poter presentare a breve dei buoni vini che rispettino quella che è stata la filosofia produttiva e di coltivazione, oltre che il territorio gioiese”.
SPERIMENTARE E CONDIVIDERE
Accrescere la produzione, scoprire nuovi territori e sperimentare la vinificazione in bianco con dei prodotti di vitigni locali, come quelli della Valle d’Itria, sono alcuni dei progetti in cantiere. Tutto questo secondo un approccio comunitario. Per questa ragione Emanuela e Giovanni sono già entrati a far parte di Iazzile, una Cooperativa a Impresa Sociale che rappresenta il punto di partenza per realizzare tutto ciò.
“Per salvaguardare il territorio, la biodiversità umana, agricola e delle nostre comunità pensiamo che possa funzionare l’idea di una cantina di comunità in cui piccoli produttori possano vinificare condividendo uno spazio in cui ognuno vinifica con la propria creatività e con le proprie risorse, ma mettendo in comune il sapere e mezzi produttivi. Siamo in una fase di ideazione, siamo alla ricerca di finanziamenti di risorse, ma ci piacerebbe costruire un modello che possa essere riproducibile”.