Nel 2014, in occasione di una manifestazione a San Giovanni Rotondo, io e Gianfranco Vissani premiammo un signore che, per tanti anni, aveva cucinato nel Convento dei Frati Cappuccini e, quindi, anche per Padre Pio. Fu un bel momento conoscere e premiare, fra i tanti conosciuti chef anche chi aveva praticato la sua professione in totale anonimato e con grande devozione.
Ricordo che persino Gianfranco Vissani, grande maestro della cucina italiana, rimase colpito da questa particolare premiazione, che segnò un momento di particolare intensità in quella serata alla quale parteciparono tanti produttori di qualità e ristoratori della Capitanata.
Prima della consegna della targa in una rapida chiacchiera venimmo a conoscenza di alcune abitudini alimentari del Santo di Pietrelcina, tanto che poi volli incontrare quel simpatico anziano signore in separata sede per conoscere di più sulle abitudini alimentari di Padre Pio.
Mi raccontò che, come tutti gli altri confratelli, mai si era lamentato della sua cucina, ma, in particolare amava due pietanze: il fegato in padella con la cipolla e il capitone spinato al forno con l’alloro. Di questi due piatti ne andava particolarmente ghiotto ma, comunque, mangiava di tutto.
Mi spiegò anche che ogni mattina aveva l’abitudine di preparargli una tisana di erba centonodi (centinodio o polygonum aviculare) che serviva a depurare reni e vie urinarie. Gli preparava anche gli impacchi che giornalmente servivano a disinfettare e lenire i dolori delle stigmate.
Alla morte del frate, dopo alcuni anni si recò in convento Papa Woytila, il quale si sedette a tavola con i Cappuccini e il cuoco gli preparò lasagne e una grigliata di carne mista di vitello, maiale, agnello e salsicce.
Pochi mesi dopo toccò a Madre Teresa di Calcutta assaggiare la sua cucina, in particolare il “risotto in cappella”, per l’occasione inventato mettendo insieme pomodoro, avanzi di salumi, brodo vegetale e poi gratinato in forno con pecorino, mozzarella, pangrattato e uovo.
“Un bel piatto di recupero, in linea con i dettami di sobrietà francescana, ma perché in cappella?” gli chiesi.
Mi rispose che non c’era un motivo vero, semplicemente gli ricordava la forma di un cappello.
Poi, nel 2016. In occasione del patto d’amicizia siglato tra San Giovanni Rotondo (Fg) e Capurso (Ba), città unite dal culto Mariano, alla presenza dei rispettivi sindaci dell’epoca Costanzo Cascavilla e Francesco Crudele, i piatti preferiti da Padre Pio furono rivisitati da due importanti chef pugliesi, Antonio Bufi e Nazario Biscotti, alla presenza proprio di colui che li aveva preparati per il Santo.
Il cuoco 85enne simpaticamente li criticò, dicendo che i suoi erano più buoni, troppo complicati quelli dei due bravi chef e, soprattutto, troppo piccole le porzioni!