L’indomani del convegno tenutosi a Corato (Ba), il senatore traccia la road map per portare la regione al centro del fenomeno
L’oleoturismo può diventare un “secondo raccolto”. Il Senatore Dario Stefàno è profondamente certo dei benefici che questo fenomeno economico, territoriale e sistemico può portare alla Puglia. Istituito con i commi 513 e 514 della Legge sul Bilancio dello Stato per il 2020 e attuato con il Decreto Ministeriale 36174/2022, l’oleoturismo è l’attività turistica realizzabile intorno al mondo dell’olio di oliva. Nonostante le criticità legate a questo segmento del comparto alimentare, questa attività può anche curare “ferite” territoriali come i problemi sulla rete idrica, la bassa redditività e la rinascita post-Xylella. Come è emerso anche dal convegno “L’Oleoturismo. La nuova stagione dell’olio”, tenutosi il primo luglio presso la cooperativa Terra Maiorum di Corato (Ba), organizzato dal comune di Corato e dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio, in collaborazione con Edagricole e Tecniche Nuove Libri. Ne è emerso che le leve da azionare sono due: ricezione regionale della legge nazionale e organizzazione del sistema territoriale attorno a questa immensa possibilità.
L’intervista a Dario Stefàno
Nel lungo percorso, durato due anni, che ha portato la legge sull’oleoturismo a diventare realtà, qual è stato l’ostacolo più grande da superare?
In estrema sincerità, l’ostacolo più grande è stato forse quella sorta di lassismo che a volte accompagna il passaggio dei provvedimenti ai Ministeri. Si tratta dunque di un ritardo che non mi stupisce, dal momento che sono stati gli stessi tempi che avevano già interessato la norma sull’enoturismo, con l’aggravante, però, di non aver saputo ottimizzare il lavoro fatto con il decreto per il turismo del vino che è stato usato come un vero e proprio canovaccio. Per entrambi, ho guidato un lavoro istruttorio e di preparazione di una bozza a più mani con le associazioni di categoria.
Durante il convegno L’Oleoturismo. La nuova stagione dell’olio ha dichiarato: “l’oleoturismo, l’enoturismo e le norme conseguenti sono state l’occasione per dimostrare come l’appello a cui l’Europa ci chiama da anni per una multidisciplinarietà del settore agricolo, possa essere sostenuto in una chiave nuova. La Puglia è un esempio straordinario sotto questo punto di vista”. Quali sono i geni della regione Puglia che la rendono patria d’elezione dell’oleoturismo?
I geni sono esattamente davanti ai nostri occhi e sono quel mare di ulivi che delineano il paesaggio pugliese, punteggiando da nord a sud un territorio incredibile con i suoi 400 km di lunghezza. Dal Gargano al Salento, la Puglia è senza dubbio la terra per antonomasia dell’ulivo e quindi dell’olio: dagli ulivi millenari a quelli che segnano la rinascita eroica post-Xylella, la Puglia non ha rivali riguardo all’oro verde, potendolo declinare in paesaggi, storie, tradizioni, strutture e attività diversi. Sottolineo storie e tradizioni, perché resistono anche alla violenza di una batteriosi devastante.
Oltre alla creazione del decreto attuativo della legge sull’oleoturismo, quali saranno le criticità sul campo da superare affinché la Puglia diventi tappa obbligata per gli appassionati di olio?
Come avvenuto per l’enoturismo, il vero impedimento alla piena operatività della norma rimane il processo farraginoso proprio all’adozione definitiva da parte delle Regioni, poiché il decreto ministeriale per la sua piena attuazione deve essere recepito dalle singole Regioni, anche solo con una presa d’atto. Una farraginosità che non si giustifica, considerato che l’emanazione del decreto attuativo è sempre preceduta da un passaggio in Conferenza Stato Regioni, dove in entrambi i casi (enoturismo e oleoturismo) si sono espresse favorevolmente e in maniera unanime, ma tant’è… In fase d’adozione, per l’enoturismo abbiamo registrato esperienze diverse, alcune molto positive che hanno brillato per efficacia e celerità, altre invece molto travagliate, come avvenuto proprio nella nostra Puglia, dove giusto quasi un anno fa, veniva approvata – con rilevante ritardo – una norma capace di scontentare praticamente tutti, tanto che è stato necessario presentare un’ulteriore proposta di legge approvata giusto a febbraio scorso che ha messo mano e rimedio a diverse storture. Delle criticità fisiologiche legate alla complessità dell’iter normativo, occorrerebbe però saper fare esperienza, e in questo senso il mio auspicio è che la nostra Regione possa recuperare maggiore attivismo e un più convinto protagonismo su un tema su cui la Puglia può diventare l’emblema nazionale dell’oleoturismo.
Per esserci oleoturismo deve esserci coltivazione olivicola. Ma questo segmento agroalimentare – come tanti altri – deve vedersela con alcuni problemi, tra cui siccità, cattivo stato della rete idrica (che produce dispersioni fino al 20% nella sola regione Puglia), Xylella (e ritorno della magistratura al blocco degli espianti) e bassa redditività. Come agire?
Se ci produrremo in un attivo e dinamico sviluppo dell’oleoturismo, combatteremo proprio i disagi e i pericoli appena elencati. Fare oleoturismo significa, infatti, operare una maggiore cura del territorio, sviluppare una crescente attenzione e sensibilità al green e all’ambiente, favorire investimenti in servizi e sistemi innovativi e di alta compatibilità ambientale nella produzione stessa dell’olio. La Xylella ha per certi versi anticipato i problemi di cui soffre il nostro pianeta e che noi abbiamo l’obbligo di curare e prevenire. Allo stesso tempo, poi, abbiamo storie e tradizioni che hanno saputo resistere a questo terribile batterio che ci restituiscono solide motivazioni e concrete opportunità.
Quali potrebbero essere gli effetti economici per gli imprenditori agricoli? Avete già qualche dato concreto o proiezione?
L’oleoturismo, detto in termini molto diretti, può diventare una sorta di “secondo raccolto”, che spetterò agli olivicoltori saper ripetere anche più volte all’anno. La possibilità di integrare, infatti, il settore primario in quello più composito del terziario, che gode adesso di un’attenzione e una ricerca straordinari, sta veramente a noi saperla non solo cogliere ma soprattutto sfruttare. È questa la dimensione, ma anche la sfida, a cui l’agricoltura moderna ci chiama.