Chi l’avrebbe mai detto?! La permanenza dei Nardini in Puglia cominciò a gonfie vele. Alberto – contro ogni previsione della moglie – organizzò il trasloco in men che non si dica. Edoardo – grazie all’aiuto di Pietro e Michele, gli amici del mare – fece amicizia con nuovi compagni di scuola. Elisa si dava il suo bel da fare tra impegni lavorativi e organizzativi di questa nuova vita e Nonna Pina… beh Nonna Pina era in brodo di giuggiole. Si muoveva avanti e indietro, sempre presa dalle sue mille faccende ma con un occhio attento alle esigenze dei suoi nuovi coinquilini.
Certo, perché da tempo la casa non rimbombava come adesso, letteralmente da cima a fondo. Edoardo, infatti, era stato iscritto ad un corso di batteria, strumento che era stato riposto, insieme agli spartiti, direttamente in soffitta, tra ceste, vecchie cornici e scatoloni dimenticati nel tempo. Solo Nonna Pina conosceva esattamente provenienza, composizione e ubicazione originaria dei suddetti scatoloni. Anche perché solo lei riusciva a comprendere la calligrafia stentata – e dall’ortografia a volte simpaticamente scorretta – con cui aveva etichettato tutto ciò che aveva riposto in quei cartoni. Però, tra una pausa e l’altra dalla musica, Edoardo si fermava a sbirciare alla voce “Foto Parenti” e ritrovava una Pinuccia molto più giovane, con zeppe ai piedi e camicia a fiori, accompagnata da volti a lui perlopiù sconosciuti.
Passò così l’autunno e arrivò il primo freddo (se gli otto gradi quasi costanti del sud Italia possono considerarsi “freddo”). Le giornate si accorciarono e piano piano dalla cucina di Nonna Pina emergevano i primi sentori di chiodi di garofano, marmellata d’uva fatta in casa e vincotto. Come da buona tradizione, l’anziana signora era solita preparare in anticipo i dolci tipici delle festività natalizie per poterli donare agli ospiti che le facevano visita e per degustarli durante i lunghi pranzi e cene di Natale. Le prime settimane di dicembre – quando il ripiano della cucina non era ricoperto di calzoni con la cipolla vari ed eventuali – erano dedicate alla produzione di cartellate, marzapani, pizzetti, sassanelli (per qualcuno detti sapienze), torroncini e altrettante tipologie di frittelle ripiene. Per questa operazione, che a tratti assumeva un carattere industriale, faceva la sua comparsa in masseria Comà Giulia, amica storica di Nonna Pina e addetta agli impasti. Comà Giulia era un donnone dalla memoria infallibile ma dal carattere poco affabile: aveva a mente tutte le ricette una ad una, ma guai a contraddirla sulle proporzioni tra farina e granula di nocciole perché diventava paonazza e andava via sbattendo la porta.
L’esercito di dolci preparati con largo anticipo veniva riposto con delicatezza nella credenza del salotto, debitamente chiuso in contenitori che da anni erano preposti a svolgere la stessa funzione: proteggere i dolcetti dagli attacchi dei golosi avventori che cercavano di sgraffignarli prima del tempo. “Albertoooo, – gridò un giorno Nonna Pina mentre beccava il padre di Edoardo in flagranza di reato con una mano nella ciotola dei sassanelli – lass perd l’ s’s’meidd !”.
Fortuna che ad Edoardo, i dolcetti al vincotto, non interessavano molto. Così, in un colpo solo si scampava il rimprovero di Nonna Pina e l’indigestione da zuccheri natalizi.
Chi può dirne altrettanto?!