Il Natale si avvicina, una delle festività più importanti per la chiesa cristiana, ricca di eventi liturgici solenni che celebrano la nascita di Gesù. Il Natale però è anche legato a tantissime tradizioni, non solo liturgiche, ma anche enogastronomiche. Così come ogni giorno, sempre più bambini ormai, aprono una casella del calendario dell’Avvento che comincia quattro settimane prima del Natale, allo stesso modo i focolari domestici si riempiono di tavole imbandite di ingredienti necessari alla preparazione dei dolci tipici della tradizione natalizia pugliese.
E via, chi più ne ha più ne metta, con le varietà di produzioni dolciarie di mamme, nonne, insieme ai nipotini, che impastano come se non ci fosse un domani, in grado di spaziare anche con la creatività di ognuno, a partire dai nomi con cui ogni territorio appella in maniera differente queste dolci bontà. Ad esempio nella città di Andria l’insieme di dolci prodotti in questo periodo viene chiamato nel dialetto locale “l’Rmeur”. Così chiamati perché le nonne nei primi giorni del mese di dicembre cominciavano all’alba a prepararli, quando ancora tutti dormivano in casa, loro in cucina con mattarello e spianatoia facevano rumore. Ma hanno questo nome anche perché, secondo alcuni, alla base di molte ricette natalizie ci sono le mandorle che quando vengono schiacciate o tritate fanno rumore, eccome sa lo fanno!
A prescindere però dalla storia di questo termine così curioso, non vi sono dubbi sui loro sapori e profumi, rimasti uguali anche grazie alla continuità di utilizzo degli ingredienti: il vincotto, la marmellata di mele cotogne, il cacao e l’olio extravergine di oliva. Fanno parte di questa batteria di dolci, cosiddetti “Rumori di Natale”, i dolcetti di pasta reale, le sfogliatelle, le “rose” o meglio cartellate, “l’calzncidd”-i calzoncelli, le mandorle con lo zucchero (attrroit) e “l’przzidd” (i prezzelli). Giusto per citarne qualcuno.

La mandorla è sicuramente un ingrediente molto utilizzato in tutto il tacco dello Stivale per la produzione pasticcera natalizia. In Salento è consuetudine nel periodo di preparazione al Natale creare dolci a base di pasta di mandorla nelle forme più svariate, un’usanza che via via si è sviluppata prendendo piede fino a nord della provincia di Bari. Ma è sempre bello poter parlare di ciascun territorio per una sua connotazione identitaria, anche gastronomica e culinaria.
La Puglia, terra a forte vocazione agricola, è molto spesso set cinematografico di importanti produzioni a livello nazionale ed internazionale, uliveti secolari la fanno da padrona, ma un’antica tradizione vede tra le nostre colture tipiche anche la presenza di mandorleti.
Diverse le varietà prodotte, che non hanno nulla da invidiare alla famosa mandorla siciliana di Avola. Sempre più apprezzata è infatti, nella pasticceria pugliese la cosiddetta “Mandorla di Toritto”, riconosciuta come “Presidio Slow Food”, divenuta ingrediente prezioso, anche da un punto di vista economico, visti i costi attuali delle mandorle, perché grazie al suo sapore dolce, equilibrato e pastoso, con note burrose e un profumo intenso, ben si presta alla produzione dolciaria. Tra le più famose e richieste c’è la varietà “Filippo CEA”, ma sta suscitando anche maggiore interesse nel settore della pasticceria, la mandorla “Fra Giulio”, diffusa nella provincia di Bari, nota per le sue dimensioni grandi e il buon sapore.
A base di mandorle è anche un dolce pugliese, prodotto a Ruvo di Puglia, diventato famoso in tutta Italia, a forma di zuccotto, mezza luna o mezzo sole se vogliamo, sostituisce ciò che spesso si offre ai commensali come dolce natalizio: il panettone o il pandoro, nostro malgrado visto che non appartengono alla trazione pugliese, ma provenienti dal Nord Italia. Sto parlando del “Mandorlaccio”, un dolce realizzato secondo un’antica ricetta che da tempi remotissimi si tramandava nelle campagne pugliesi. L’origine del dolce, realizzato con mandorle tritate e miele, risale all’epoca preromana, probabilmente appula, ed è presumibilmente legata ad antichi riti di rinascita e fecondità.

L’antica tradizione appula è sopravvissuta nelle campagne pugliesi fino al secolo scorso. Caduta in disuso la produzione di questo dolce non si è più sentito parlare di “Mandorlaccio” fino a quando un pasticcere pugliese non ha ritrovato la ricetta tra vecchie scartoffie di famiglie, trascritta con calligrafia minuta in un quaderno appartenuto alla sua bisnonna. La volontà di farne rivivere la fragranza ha quindi riportato in tavola il dolce della tradizione pugliese. Leggero, profumato, ben si sposa con il prelibato vino DOC “Moscato di Trani”.
Non vi resta che assaggiarli tutti!


