Oggi parliamo di calce. E no, non mi sono messo a costruire case o a imbiancare i muri delle abitazioni di Ostuni. La calce ha un suo ruolo anche in cucina, in quanto viene usata sin dall’antichità per trattare alcuni cibi. Addirittura risale ai tempi dei Maya la creazione della masa harina, cioè la farina di mais per fare le classiche tortillas. In Messico i chicchi di mais, se non trattati, produrrebbero una farina che non ha la capacità di unirsi, pertanto, attraverso un processo chiamato nixtamalizzazione, cioè la cottura e poi l’ammollo in una soluzione alcalina di acqua e calce spenta, si ottiene l’ammorbidimento della pellicola esterna. Vengono poi macinati e la farina ottenuta diventa più malleabile e con l’acqua riesce ad agglomerarsi in modo da ottenere un impasto che può essere steso per fare le tortillas ma anche altre tipicità messicane.
Altro curioso utilizzo della calce avviene in Cina, dove le uova di anatra vengono conservate per mesi in un impasto di the, calce, creta, cenere e sale. Questo processo trasforma l’albume in una gelatina dal colore ambrato che non ha un grande sapore, ma il tuorlo fermenta e diventa verde scuro e cremoso, dal gusto e dall’odore pungente che ricorda quello dei formaggi erborinati. Le uova così trattate prendono il nome di pidan o uova centenarie e, per quanto lontane dalla nostra cultura, rappresentano senza dubbio un’esperienza particolare per chi riesce ad assaggiarle. Sono, inoltre, una importante fonte di vitamina B12 e per i Cinesi sono un piatto che viene servito come antipasto nelle occasioni conviviali, talvolta accompagnato da salsa di soia, zenzero sottaceto o tofu. Io l’ho assaggiato e devo dire che non mi piace, però forse sono stato anche un po’ condizionato dall’aspetto che, essendo molto diverso dall’uovo fresco, mi è sembrato marcio, soprattutto il tuorlo. Però per i Cinesi è un cibo prelibato e in queste cose conta molto l’abitudine ad un certo sapore.


Ad esempio, un classico è il polpo che noi Baresi, mangiamo crudo, considerato una prelibatezza ma che, tanti anni fa, ho fatto assaggiare ad un giovane ungherese, il quale rimase piuttosto schifato e mi disse che sapeva di sapone. Insomma ognuno si abitua al cibo della propria terra e il gusto è, spesso, soggettivo. Comunque la calce viene usata anche in Puglia per preparare le cosiddette olive alla calce che, così trattate, si addolciscono e prendono un bel colore verde intenso. Si preparano mettendo le olive in un impasto liquido di acqua, calce e cenere, tenendole per circa una settimana. Trascorso questo tempo si puliscono bene tenendole a bagno in acqua pulita che deve essere cambiata più volte finché non risulta limpida. A questo punto si prepara una salamoia con acqua, sale e aromi vari, in particolare finocchietto selvatico, anice, scorza di limone, rametti di mirto, alloro e si ricoprono per farle insaporire. Dal gusto aromatico, sono una vera prelibatezza e vengono usate come antipasto o negli aperitivi, ma anche semplicemente come snack di mezza giornata, perché, come le ciliegie, una tira l’altra!


