Angela D’Errico, la chef dai tanti talenti divisa tra musica e cucina

La storia che vado a raccontarvi devo ammettere che un po’ mi prende e non riuscirò solo a fare il giornalista o il semplice cronista. Forse, non va bene, ma così è, e non posso farci nulla. Questa è la storia di una ragazza che ho conosciuto molti anni fa, all’inizio del suo lavoro da cuoca, ovviamente ancora inesperta ed acerba. La voglia di lavorare si intravedeva, ma ai miei occhi abituati a frequentare chef di riconosciuta bravura ed esperienza, non sembrava destare particolare attenzione. Quello che sto facendo è un mea culpa, anzi due. Il primo perché, appunto, nonostante il mio occhio esperto, non ho subito riconosciuto il lei né il talento né la caparbietà né la voglia di rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco, il secondo perché sbaglierò (volutamente) in questo articolo mettendoci quel po’ di cuore che a un giornalista non dovrebbe essere consentito.

La ragazza, anzi la donna in questione, è Angela D’Errico, e guida la brigata di cucina di Casale Pontrelli, un suggestivo agriturismo di Capurso che sta scrivendo una nuova bella pagina di ristorazione in una cittadina che ne aveva proprio bisogno.

La ragazzetta di tanti anni fa ha lasciato il posto ad una cuoca capace, creativa, con una dote non facilmente riscontrabile nella ristorazione professionale, che è la sensibilità verso gli ingredienti e la capacità di abbinarli in maniera armoniosa e creativa. L’avevo persa di vista per un bel po’ di tempo, a parte qualche piccola apparizione in un paio di serate nelle quali cucinava insieme ad altri chef, ma senza particolari slanci creativi o di tecnica fine.

Qualche mese fa, invece, un amico mi chiese di tenere dei corsi in quell’agriturismo di Capurso, che già conoscevo per la sua bellezza ma non ancora per la sua cucina e, devo ammettere in tutta onestà, pensavo svolgesse il solito lavoro “acchiappa clienti” in cerca di discreta qualità a prezzi accessibili.

Così mi affaccio per organizzare questi corsi e conosco prima Luca Pontrelli, il proprietario del casale, il quale a sua volta mi presenta la cuoca, Angela D’Errico appunto, che non mi aspettavo di ritrovare a pochi passi da casa mia.

Pian piano comincio a capire che la ex ragazzetta in quegli anni aveva cambiato totalmente passo, diventando capace di gestire una brigata di cucina, di organizzare pasti per tanti commensali, ma soprattutto in grado di esprimere una cucina sua, riconoscibile, di alto livello e attenta agli abbinamenti e alla stagionalità, alle cotture e finanche alla salubrità delle materie prime e alle caratteristiche salutistiche dei piatti.

Tutto normale? Assolutamente no, posso assicurare che non è facile trovare tutte queste qualità in uno chef.

Una collaborazione, la nostra, in quei due corsi di cucina a beneficio di alcuni soci di un’associazione di Capurso, divertente, proficua e in totale armonia.

Vero anche che Casale Pontrelli è un luogo speciale, rilevato dalla famiglia Pontrelli alcuni anni fa quando era un rudere, poi rimesso a posto e riportato ad antico splendore, con un bellissimo orto seguito da Roberto Berardi, un giovane esperto di permacultura e pratiche agricole a basso impatto ambientale.

D’estate, in quell’orto, si tengono delle serate molto belle in cui centinaia di avventori si riuniscono per gustare piatti a base di verdure raccolte in giornata, semplici taglieri di formaggi e salumi di qualità, accompagnati da birre di qualità e calici di vino naturale.

Così, una sera della scorsa estate passata nel suggestivo orto del Casale, seduti su delle balle di paglia, tra me, Luca Pontrelli e Gianfranco Laforgia, nasce l’idea di realizzare una rassegna di cene con protagoniste chef donne da affiancare alla bravissima Angela D’Errico.

Decidiamo di denominarla “Femminile Plurale” ed è in questi frequenti contatti organizzativi che imparo a conoscere ancor meglio la chef, minuta ma tosta, con tanti capelli castani che le incorniciano il viso semplice e pulito, nel quale spiccano gli occhi scuri, sempre attenti quando le parli soprattutto di cucina, per lei passione oltre che lavoro.

Così comincio ad interessarmi al suo pezzo di vita che mi manca, quello dei dieci/undici anni durante i quali non ci siamo più incontrati e così, una sera dopo il consueto incontro organizzativo di Femminile Plurale, ci facciamo una bella chiacchierata nel giardino del Casale.

Voglio sapere dalla sua voce chi è e cosa è diventata in questo arco di tempo.

“Sono nata a Bari il 26 agosto 1990 e attualmente sono la chef di Casale Pontrelli a Capurso, che è un agriturismo con annessa sala ricevimenti. Sono qui da ottobre 2024 e, grazie alla famiglia Pontrelli. ho potuto portare la mia idea di cucina anche negli eventi privati, sfruttando il nostro meraviglioso orto, un progetto partito alcuni anni fa, nel quale coltiviamo quasi tutto ciò che utilizziamo in cucina.

Faccio questo lavoro perché perdo mio padre inaspettatamente il 15 giugno 2015.

Era poliomelitico e, nonostante questa grave disabilità, non ci aveva mai fatto mancare nulla e posso affermare di avere vissuto un’infanzia felice. Mi diceva sempre che io e mio fratello dovevamo studiare e laurearci, per fare ciò che lui e mamma non avevano potuto fare. Ma un tumore devastante ai polmoni ce lo ha portato via e l’ultimo periodo è stato durissimo per tutti.

Io ero iscritta alla facoltà di Economia e Commercio, mi mancavano solo cinque esami per laurearmi e dopo 10 anni di Conservatorio stavo anche preparando il concerto finale che si sarebbe tenuto pochi giorni dopo, mentre mio fratello doveva sposarsi il primo luglio.

Una situazione assurda, mio fratello rimanda il matrimonio e io non mi laureo più.

A casa i problemi erano troppi, avevamo un mutuo da pagare che si portava via tutta la pensione di reversibilità. Mio fratello, in quanto istruttore di paracadutismo militare a Pisa, comunque non ci faceva mancare il suo supporto, ma la situazione era ingestibile, anzi direi proprio drammatica.

Così sin da pochi giorni dopo la morte di mio padre convinco mia madre che dovevo rinunciare ai miei sogni per portare velocemente a casa il mio apporto economico. Vado in giro per tutti i ristoranti di Fesca, San Girolamo, Palese e Santo Spirito alla disperata ricerca di un lavoro, di qualsiasi tipo, ero disposta a fare anche le pulizie.

Ma tutti me lo rifiutano perché non avevo alcuna esperienza e non bastava la mia buona volontà.

Dopo tanti insuccessi, ero davvero disperata e alle otto di sera mi affaccio al ristorante “Ai Due Sapori” di Santo Spirito, dove il proprietario stava facendo le pulizie. Gli dissi che non sarei andata via se non mi dava un lavoro, uno qualsiasi, non m’importava quale, in sala, in cucina o anche lavare i bagni.

Gli raccontai la mia storia e il sig. Luigi mi disse di tornare il giorno seguente, da quel momento mi avrebbe formato lui dandomi lavoro per tutta la stagione estiva. Mi dette il compito di servire in sala e non concordai neppure la cifra che mi avrebbe dato, fidandomi di lui. E feci bene, perché lui vide che, dopo il servizio, mi fermavo ad aiutare e ad imparare anche in cucina, così la mia buona volontà fu premiata e, dopo una settimana, mi passò agli antipasti.

A fine stagione andai via, sentivo che valevo di più e un po’ mi sentivo umiliata dopo aver tanto studiato, però capivo che la necessità prevaleva su tutto. Dicevo a me stessa che dovevo tendere a lavorare ad alti livelli e bene, dovevo dare valore a tutti i miei anni di studio, così mi rimisi a studiare su libri, enciclopedie, internet e frequentai una scuola di alta formazione a Roma. Sentivo di voler emergere ma capivo che, per farlo, dovevo formarmi e, intanto, cerco di guadagnarmi qualcosa anche lavorando al McDonalds o facendo altri piccoli lavoretti.

Poi, a dicembre dello stesso anno, si presenta la possibilità di lavorare al Gola Bistrot a Bari, dove il patron Maurizio Mastrorilli mi accoglie come una di famiglia e mi affida il lavoro da banconista.

Ma la mia capacità di studio mi faceva apprendere rapidamente e al Gola mi sono fermata due anni fino alla fine del 2017, per spostarmi al Nina Trulli Resort di Capitolo, dove in poco tempo mi viene affidata la mansione di chef, così imparo a governare una brigata e a gestire la parte economica.

Altri due anni e, purtroppo, arriva il Covid, ma io avevo accettato di fare la chef di un locale a Bari, il Bloom che, però a settembre 2023 chiude.

Il mese successivo, quindi, tramite Maurizio del Gola, parto per l’Australia dove rimango poco meno di un anno, ma intensissimo, fondamentale per la mia formazione, nel ristorante Noosa, due cappelli, che corrispondono alle stelle Michelin in Europa.

Finalmente ero in una brigata importante, ben 50 persone in cucina, e ho avuto la possibilità di seguire e di imparare dallo chef Chris Hagan, soprattutto la gestione della cucina e il lavoro in team, ancor più che i piatti.  A giugno torno in Italia e vado a fare la chef in Sardegna per la stagione estiva.

L’importante bagaglio di esperienze dell’ultimo anno decido di portarlo a frutto in Puglia, convinta di tornare e dare qualcosa di mio alla mia terra, perché io sono legata alla famiglia e adoro la mia città, Bari.

E quindi finalmente torni a cucinare nella tua città?

Non ancora, perché la mia insegnante di solfeggio mi convince che, nonostante siano passati quasi 10 anni non devo mollare il pianoforte. E allora mi rimetto a studiare e compio quello che al Conservatorio hanno definito una specie di miracolo, cioè fare un concerto di un’ora e laurearmi. 

I tuoi occhi sono diventati lucidi mentre mi racconti questo passaggio.

Sì, perdonami, ma io lego moltissimo il pianoforte al ricordo di mio padre, tanto che una volta presa la laurea ho smesso nuovamente, anche se amo tantissimo la musica.

Non devi scusarti. Penso che questo sia un passaggio di grande importanza nella tua vita e nelle tua autostima. Ma poi ti fermi definitivamente in Puglia?

Eh, non ancora, perché mi chiamano al ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto, tre stelle Michelin, e accetto perché mi mancava quell’esperienza che, però, avrei dovuto fare a vent’anni. Infatti resisto solo tre mesi, soffrivo terribilmente il fatto di non avere spazio per la creatività. Io sono una creativa, dentro di me sento l’essere musicista.

La famiglia Cerea aveva puntato su di me e sono tuttora in ottimi rapporti con loro, ma non mi sentivo realizzata e non rimpiango di essere andata via, ma rimpiango il fatto di non averli conosciuti prima.

Qual è il passaggio successivo, quindi?

A questo punto arriva il momento di accettare l’offerta di Lia Procino, la mamma di Luca Pontrelli, che mi aveva conosciuta quando lavoravo a Bari e mi aveva detto che per me sarebbe stato sempre disponibile un posto da chef. Lei mi seguiva sin da allora e aveva saputo che ero anche musicista. Così, grazie a questo legame che si era creato, mi affaccio al Casale e, appena entrata, sento forte qualcosa che mi spinge a restare.

A soffitto erano e sono tuttora appese delle scale per la raccolta delle olive, alle quali sono agganciati tanti strumenti musicali. Mi sembrava un segno del destino. Poi vedo una luce proiettata sul muro, creata da alcuni prismi, e questa cosa la prendo come un segno che mio padre mi manda per dirmi che è il posto dove devo fermarmi.

Qui gli occhi tornano nuovamente lucidi, avverto forte l’emozione di Angela mentre me lo racconta. Ma dalle sue parole si capisce anche quanto Angela sia in sintonia con questo posto:

“Adoro questo luogo, qui ho la possibilità di esprimere tutta la mia creatività. C’è l’orto e io, ogni mattina, vedo cosa c’è e progetto i piatti che servirò in tavola, creando il menù. La mia cucina è molto orientata sul vegetale, ma senza escludere pesce o carne. Faccio tutto da zero, preparo le salse, perché per me un piatto deve sempre essere completato da una salsa. Adoro fare le paste ripiene, i tortelli, i ravioli, i bottoni… 

Insomma, è a Casale Pontrelli che, finalmente, Angela ha trovato la sua dimensione di artista spostando la sua creatività dalla musica alla cucina.

Ma io un progetto per lei ce l’ho nella mia testa. Vorrei vederla al pianoforte, in una serata in cui la sua brigata cucinerà per lei i suoi piatti ispirati alle musiche che vorrà suonare.

“Non ce la faccio, Sandro – mi dice con gli occhi velati di tristezza – il pianoforte per me è troppo legato al ricordo di mio padre”. E invece ce la farai, cara Angela, io ne sono certo. Hai già troppe volte dimostrato che sei capace di superare ogni ostacolo, anche il più difficile.

 

 

 

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