Dal viaggio in Sardegna al cuore del Salento: la storia di Torre Sant’Emiliano

La storia di Torre Sant’Emiliano comincia cinquant’anni fa, quando Alberto Negro decise di acquistare la Masseria Autigne e un piccolo appezzamento di terra affacciato sul mare, nei pressi di Torre Sant’Emiliano, torre costiera del XVI secolo costruita lungo il litorale di Otranto, tra Punta Palascìa e Porto Badisco. Ma il vero inizio di questa storia è un viaggio. Alberto partì per la Sardegna, dove rimase per un lungo periodo. Lì scoprì i sapori e i profumi di un mondo pastorale autentico, rimasto intatto nei gesti e nei saperi. Tornò nel Salento con un piccolo gregge di pecore e due pastori sardi, artigiani esperti di formaggi. Da quell’esperienza nacque una produzione casearia unica nel suo genere, costruita sulla libertà del pascolo e sulla forza del territorio.

A pochi metri dal mare, tra la macchia mediterranea e le antiche torri d’avvistamento, mucche, ovini e caprini pascolano ancora oggi in libertà, nutrendosi delle erbe spontanee che profumano di timo, finocchietto e lentisco. È da quel latte, genuino e ricco di aromi, che nascono i formaggi di Torre Sant’Emiliano. «Ricordo il pentolone sul fuoco, la mungitura a mano, il profumo del latte caldo. Così, un po’ per gioco, è cominciato tutto» racconta Daniele Negro, figlio di Alberto.

Quello che era nato come un esperimento domestico si è trasformato, negli anni, in una vera impresa. Dopo la laurea in Economia e Commercio, Daniele ha deciso di raccogliere l’eredità paterna e rinnovarla, unendo tradizione e visione moderna. Accanto alla coltivazione di famiglia, che da quattro generazioni produce barbatelle – le giovani piante di vite utilizzate per impiantare nuovi vigneti, destinate sia alle cantine che ai produttori di uva da tavola –, sorge un moderno caseificio dove il latte viene trasformato interamente in loco.

«I nostri animali vivono all’aperto e si nutrono di ciò che la terra offre – continua –. È questo a rendere il nostro latte diverso, perché conserva il profumo delle erbe mediterranee e restituisce al formaggio un sapore autentico».

Oggi Torre Sant’Emiliano produce oltre venti tipi di formaggi, dai freschi come ricotta, giuncata e primo sale, fino agli stagionati di capra e di pecora. Nessun conservante, nessun antimuffa: solo legno, aria e tempo. Il lavoro quotidiano è fatto di equilibrio tra tradizione e innovazione: nuove stalle, energia fotovoltaica, formazione dei casari, ma anche difficoltà burocratiche e costi sempre più alti.

A tutto questo si aggiunge un problema sempre più evidente: nessuno vuole più fare il pastore.

«È un mestiere duro – ammette –. Bisogna svegliarsi all’alba, seguire gli animali tutto il giorno, rispettare regole sempre più rigide. I giovani preferiscono lavori diversi, e questo rischia di far scomparire un’antica tradizione».

Eppure, tra mare e pascoli, la famiglia Negro continua a resistere. «Essere imprenditori oggi è una sfida continua – dice Daniele –, ma il nostro obiettivo resta quello di difendere la qualità e l’artigianalità. Le persone stanno tornando a cercare il gusto vero, quello dei formaggi che sanno di erba e di sole».

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