“Femminile Plurale”: la cena d’autore di Angela D’Errico e Chiara Spalluto

A pochi passi sorge l’abbazia di Ognissanti di Cuti, un insediamento risalente alla metà dell’XI secolo, retto dai benedettini, tra i possedimenti della basilica di San Nicola. È qui, in agro di Capurso, che la famiglia Pontrelli ha creato, dal nulla di antiche costruzioni diroccate, il “Casale” dove Angela D’Errico, la chef resident, e Chiara Spalluto, l’ospite d’onore della gelateria Vittoria di Casalabate, borgo marinaro tra Squinzano e Trepuzzi, hanno disegnato una cena per certi aspetti indimenticabile.

Perché il filo conduttore è stato il gelato. Il gelato declinato in gusti possibili e (in)immaginabili.

Come, si chiederanno, infatti, i puristi: il gelato ai capperi?

Ebbene sì. Dipende tutto da come si decide di guardare il mondo, cari signori (e signore), artefici e sostenitori della gastronomia perbenista e financo bacchettona. Perché oltre la sperimentazione, al di là della contaminazione, c’è la voglia di sorprendere. Come sorprendenti sono tutte le invenzioni. “Anche se – dice Chiara Spalluto – io non ho inventato nulla. Sto solo cercando nuove elaborazioni, nuove tecniche, diciamolo pure, per spiazzare clienti, degustatori e, perché no, critici ed esperti”. Ecco: nuovi modi di sparigliare le tavole della Legge del Gusto.

A questo gioco, Angela D’Errico, giovanissima globe-trotter delle cucine (a 35 anni può contare esperienze in Australia, in Sardegna e in Francia, prima di approdare al Casale Pontrelli), c’è stata, eccome! “Il gelato è il completamento di un piatto già importante, l’integrazione a mio parere risulta perfetta”.

Insieme, Chiara e Angela hanno dissolto pregiudizi che parevano inscalfibili e creato composizioni e combinazioni. Sempre nel rigore della scelta degli ingredienti. Un esempio: per il gelato al cioccolato (una delle rare concessioni alla tradizione del gelato come dolce) sceglie personalmente le fave di cacao. “La preparazione del gelato gastronomico non si discosta da quello diciamo normale. Solo che vengono utilizzati ingredienti insoliti, offerti anche nella mia gelateria, con abbinamenti che a volte possono apparire poco coerenti”. Ma, perlappunto, è tutta apparenza.

Agli ospiti della famiglia Pontrelli (il Casale è diretto da Luca, con la collaborazione della madre, Lia, mentre il papà, l’imprenditore edile inventore dell’insediamento, osserva tutto con sguardo sornione) Angela e Chiara hanno fatto compiere un percorso presto trasformatosi in un viaggio extra-sensoriale con una narrazione dell’arte gastronomica suddivisa in capitoli titolati Apertura, Fiori e frutti dell’orto, Carpaccio, Foglie, Semina e Raccolto. Un percorso illustrato dal giornalista e gastronomo Sandro Romano, che ha inventato l’evento, insieme a Luca Pontrelli e Gianfranco Laforgia, appellandolo “Femminile plurale” (“Valore e spazio alle donne pugliesi che operano ai fornelli”, per dirla con la cuoca di casa) ed ha condotto per mano i commensali, illustrando la sintesi tra gelato e pietanze e l’abbinamento con il vino.

Ecco, il vino. Non una semplice comparsa. Prodotto dall’azienda L’Archetipo di Castellaneta, proposto dalla associazione di promozione Sovrannaturale, è stato accompagnato dalle parole di Vitandrea Baccellieri e Piero Racano, ed ha a sua volta egregiamente accompagnato i piatti preparati nelle cucine del Casale.

L’Apertura, dunque. Il gelato è fatto con burro, capperi e limone. Si degusta con pane e grissini. Insomma, il primo capitolo apre prospettive intriganti, a tratti persino inquietanti.

Inquietudine dissipata dalla Cialledda di verdure, con la presenza dell’impertinente portulaca, una colata di cotto di fichi, il sorbetto alla mandorla e finocchietto selvatico. Quest’ultimo, anche per i meno disponibili ad attraversare a papille gustative scalze terre misteriose, è sicuramente meritevole del podio. E ancora di più lo è il terzo capitolo della saga del gelato gastronomico, il Carpaccio: con la zucchina trombetta in aceto, la salsa di anacardi, l’ormai consueto cotto di fichi d’India e, come dimenticarlo, il sorbetto al pomodoro datterino. A dir poco sorprendente.

Eppoi vengono le Foglie, come dire sua maestà il “primo”: Bottoni verdi ripieni di erbe aromatiche, tenerumi aglio olio e peperoncino, e l’immancabile gelato, quasi avvolto dagli spirali della zucchina-serpente. Stavolta il gelato è al caciocavallo e pepe. Questo sì, il definitivo salto del fosso quanto ad azzardo.

La rappresentazione scenica, invece, diventa concretezza pugliese con la Semina, ovvero Torcinelli arrosto, con fondo di carne e farinaccio selvatico. E qui il gelato naviga su mari meno sconosciuti, al gusto di cioccolato, peperoncino e lampone.

L’ultimo passo è denominato Raccolto. Siamo alla frutta, ma non in quel senso. La proposta prevede Percoche alla brace con crumble di nocciole dell’orto. Il gelato, poi, è l’esaltazione della scioglievolezza: crema pasticcera, vaniglia e fava tonka. Sembra un ritorno alla tradizione. E invece anche in questo caso Chiara va oltre, come sempre.

Aiutati dal moscatello selvatico (95% di bianco, 5% di rosso), sono in molti ad alzare gli occhi al cielo. Ed a scoprire, quasi sospesa al soffitto del casale, la scala di nonno Luca. Che su quei pioli, un tempo, si arrampicava per curare ulivi e mandorli e coglierne poi i frutti, con fatica e sacrificio. Una scala simbolo del lavoro nella sua accezione più nobile. Ma anche della ambizione di continuare nella ascesa. Parabola perfetta per una sinossi della storia delle protagoniste della prima tappa di “Femminile plurale”.

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