Gli spaghetti all’assassina diventano PAT. Intervista a Sandro Romano tra i protagonisti di questo riconoscimento

Lo scorso 21 dicembre a Bisceglie durante la finale del Campionato della Migliore Assassina, che ha visto trionfare “Il Teatro del Gusto” di Altamura, è stata annunciata una notizia in esclusiva: gli spaghetti all’assassina sono ufficialmente un PAT – Prodotto Agroalimentare Tradizionale Pugliese, riconoscimento ottenuto proprio in questi giorni. L’importante traguardo è stato comunicato dallo chef Giuseppe Frizzale e dal giornalista gastronomo Sandro Romano, alla presenza del Sindaco e dell’Amministrazione Comunale di Bisceglie, sottolineando il valore culturale, storico e identitario di questo piatto per l’intero territorio regionale.

Abbiamo intervistato Sandro Romano, promotore e divulgatore storico della ricetta originale degli spaghetti all’assassina per comprendere l’iter, a cui ha partecipato, per ottenere questo risultato eccezionale.

Sandro, finalmente gli spaghetti all’sssassina sono stati inseriti nella lista dei PAT. Cosa rappresenta questo riconoscimento?

Rappresenta il riconoscimento di un lavoro di divulgazione iniziato alcuni anni fa, che ha permesso di ricostruire storia e ricetta autentica di questo piatto inventato nel 1967 dal cuoco Enzo Francavilla. Attraverso le interviste fatte a Francavilla da me e dallo storico della cultura e tradizioni baresi Felice Giovine è stato possibile smentire anni di cattiva informazione fatta da sedicenti esperti del piatto e superare persino il clamore creato da alcune testate nazionali e internazionali che nulla sapevano o che, addirittura, hanno preferito puntare più al gossip che ad una corretta divulgazione. Significa, inoltre, che finalmente gli spaghetti all’assassina sono entrati a pieno titolo nella tradizione gastronomica pugliese.

Qual è stato l’iter per raggiungere tale riconoscimento?

L’iter che ha portato al riconoscimento è durato alcuni anni, durante i quali la richiesta dell’università di Bari veniva respinta poiché non si trovava una documentazione attestante l’esistenza del piatto da almeno 30 anni. Alcuni mesi fa io e lo chef biscegliese Giuseppe Frizzale abbiamo recuperato un libro del 1967 in cui Enzo Biagi citava gli spaghetti all’assassina, risultato fondamentale per l’ottenimento del P.A.T. Quel libro, insieme a tutta la documentazione già presentata precedentemente, che comprendeva anche le interviste fatte da me e dallo storico e demologo barese Felice Giovine a Enzo Francavilla ha permesso lo sblocco della pratica e, finalmente, è stata riconosciuta la verità che, tra l’altro, su Pugliosità avevamo già raccontato oltre due anni fa. E finalmente esiste anche una documentazione che certifichi la ricetta originaria che prevede la sbollentatura e la rosolatura degli spaghetti al contrario di quelle preparazioni orrendamente bruciate, cariche di acrilammide, che si sono diffuse in questi anni nella città di Bari, ad opera di sedicenti esperti del piatto.

Gli spaghetti all’assassina sono ormai un piatto sempre più presente nei menù dei ristoranti baresi e non solo, soprattutto in particolari varianti: dalla tartare di tonno, alla burrata, fino ad arrivare al sugo di polpo. Tu sei sempre contrario a queste contamnazioni?

Più che contrario. Che senso ha aggiungere quegli ingredienti da te citati ad un piatto così semplice che si basa su pochi elementi e sulla capacità di saperli gestire al meglio? Che senso ha bruciare quegli ingredienti per poter utilizzare il nome assassina? La capacità di un cuoco non si misura da quanta roba aggiunge o da quello che brucia, ma dalla sensibilità verso la materia prima. Ti faccio un esempio. Io ritengo che uno dei piatti da cui si misura la bravura di un cuoco siano gli spaghetti al pomodoro. Se sai gestire la materia, se capisci come valorizzarla e non rovinarla, gli spaghetti al pomodoro sono un piatto da re. Sembrano semplici, eppure non tutti li sanno fare davvero. E poi una domanda mi viene spontanea. Se agli spaghetti al pomodoro vengono aggiunte, ad esempio, le acciughe o la burrata o le olive o altri ingredienti, continuiamo a chiamarli spaghetti al pomodoro? Certamente no, prendono altri nomi. E allora perché imbastardire gli spaghetti all’assassina? Perché bruciare, ad esempio, cime di rapa o cacio e pepe o carbonara e definirli all’assassina? È solo questione di marketing o, peggio, di “marketting” per trarre beneficio economico da un nome che, almeno adesso ha una tutela ministeriale. E il mio obiettivo futuro è di tutelarla ulteriormente attraverso il marchio collettivo e, personalmente, continuerò a onorare la memoria di Enzo Francavilla con la divulgazione corretta, contro l’utilizzo di fantomatici brodi di pomodoro, paste di qualità scadente, bruciatura dannosa alla salute e, appunto, pessimi tentativi di variarne l’essenza vera del piatto con interpretazioni di bassissimo livello. Pensa che sono arrivati a fare pizze all’assassina, panini all’assassina, panzerotti all’assassina, persino il panettone all’assassina. Io trovo che queste cose già qualifichino con certezza chi ha l’ardire di proporle. Bari, città del buon cibo, merita altro che questa escalation di pessime varianti.

Durante la finale del Campionato della Migliore Assassina hai ricevuto un premio per te molto importante, vero?

È stato istituito per la prima volta e hanno voluto assegnarlo a chi si è speso in questi anni per il recupero e la corretta divulgazione della storia di questo piatto. Questo riconoscimento è stato voluto e realizzato da : Gianfranco Laforgia con Sapori di Puglia e Nunzia Bellomo. È stata una gradita sorpresa, non me lo aspettavo ma ne sono stato molto felice perchè è il riconoscimento di un lavoro che dura da anni. È stato assegnato a me e Giuseppe Frizzale che mi ha aiutato nel recupero del libro di Biagi.

 

 

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