Addio a un gigante della cucina: Aimo Moroni. Lo chef che amava la Puglia e i suoi prodotti

Un gigante ci ha lasciato. Aimo Moroni, storico fondatore e chef de “Il Luogo di Aimo e Nadia” insieme a sua moglie, non c’è più. Da tempo aveva diradato le sue uscite pubbliche e l’ultima volta l’avevo incontrato a Milano in occasione di una visita nel suo ristorante, ormai da anni seguito da sua figlia Stefania, con la cucina nelle salde mani del valtellinese Alessandro Negrini e del pugliese Fabio Pisani, suoi figliocci.
Lo conobbi in modo strano. Lui amava la mia regione e la prima volta che avemmo modo di chiacchierarne fu nel 2013, in un albergo di Firenze, in occasione di una manifestazione organizzata dal un noto magazine di cucina. Quel giorno prenotai l’ascensore per scendere nella hall e, quando la porta si aprì al mio piano, al suo interno c’era un distinto signore che, all’istante, non riconobbi. Ovviamente, entrando, lo salutai e lui educatamente rispose. Poi mi chiese se fossi anch’io un cuoco e io, ancora mezzo addormentato, risposi che ero un giornalista.
Lui mi tese la mano dicendo: “Piacere, Aimo Moroni”.

Da sinistra lo chef Moroni con Sandro Romano

Mi rammaricai per non aver riconosciuto uno dei grandi padri della cucina italiana, ma lui subito mi rassicurò e, quando uscimmo dall’ascensore, ci fermammo sui divani a parlare della manifestazione che stavo organizzando per celebrare la tiella di riso patate e cozze, uno dei piatti iconici della
tradizione pugliese. Così Aimo mi parlò del suo amore per la Puglia, nato molto tempo prima che la regione diventasse un’importante meta turistica. Da sempre usava i nostri prodotti e amava in particolare il nostro piatto tradizionale fave e cicorie, che considerava una genialata in quanto sintesi estrema di una cucina povera ma di gusto semplice ed elegante allo stesso tempo. Così la nostra chiacchierata andò avanti per almeno un’altra oretta ed è davvero tra i ricordi gastronomici che custodisco con maggior gioia. Ancor di più, quando, dopo esserci più volte incontrati in varie altre occasioni, nel 2017 fui incaricato, da uno dei magazine più importanti per la ristorazione, di scrivere de “Il Luogo di Aimo e Nadia”.
In quell’occasione Aimo volle passare a salutarmi e, a conclusione del pranzo, mi raccontò un po’ tutta la sua vita ristorativa. Lui aveva già 83 anni e mi disse con la grande umiltà che lo caratterizzava: “Non mi ritengo più bravo degli altri ma amo il mio lavoro e, se non avessi qualche acciacco dovuto all’età, sarei ancora ai fornelli, che sono da sempre la mia vita. Senza pensare al denaro perché la mia
ricchezza e la cucina e oggi vivo di pensione”. Quel pomeriggio con Aimo Moroni è tra i ricordi più belli della mia vita gastronomica. Volle
donarmi il libro che raccontava la storia del suo ristorante con una dedica che mi rese felice: “Con affetto dal tuo amico Aimo”. Oggi, però, riguardandola, mi riempie di tristezza, perché Aimo ci ha lasciati orfani di una delle più
importanti figure della ristorazione italiana, un maestro con pochissimi pari in questo nostro mondo.

Lui che nella sua lunga e fulgida carriera ha cucinato i celeberrimi spaghetti al cipollotto per Rudolph Giuliani e per il presidente George Bush, celebrati anche dal New York Times, non c’è più, e tutto il mondo della gastronomia si stringe intorno alla famiglia ricordando la grandezza di
quest’uomo, modesto, elegante, semplice e anche – mi sia permessa un’affettuosa dedica – amico simpatico e generoso.

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