Di solito, quando mi reco al mercato, preferisco acquistare pesci meno comuni e magari meno pregiati, dando la preferenza soprattutto al pesce azzurro. Eppure qualche giorno fa, poiché il mio amico nutrizionista mi ha intimato di mangiare tanto pesce per far salire i valori di colesterolo HDL (quello cosiddetto buono), mi sono fatto prendere dalle parole di Mimmo, il mio pusher di prelibatezze di mare, che mi ha così convinto ad acquistare da lui una bella spigola. Ne aveva 5 o 6 sul banco e io, normalmente, neppure le guardo perché – si sa – sono pesci d’allevamento che non compro mai.
Ma lui: “Sà, accàttete sti spìgole, sò la fine du munne. Sò de cattùre! (Sandro, compra queste spigole, sono eccezionali. Sono selvatiche!). In effetti le ho guardate bene e mi aveva detto la verità, le ho subito riconosciute dalla forma e dalla livrea leggermente tendente al verdastro. Erano, però, molto grandi, perché quelle di cattura, che sono dei formidabili predatori, raggiungono ragguardevoli dimensioni e anche prezzi molto alti.
In un attimo mi sono passate davanti agli occhi le spigole – che in alcune zone prendono il nome di branzini e anche pesci lupo – catturate in immersione in tanti anni di pesca subacquea praticando la tecnica dell’agguato tra le onde in acqua anche molto bassa, nella zona di Polignano a Mare.
Le spigole si avvicinavano a riva per predare gli avannotti di cefali ed era proprio lì, acquattato tra le onde che frangevano in acqua bassa creando una bianca schiuma, che io le aspettavo. Un pomeriggio di ottobre del 2001, mentre ero lì che aspettavo in un metro d’acqua, si presentò una spigola veramente grande, circa 75 cm e 5,150 kg di peso, che riuscii a catturare e che rimane il pesce più grande da me pescato.
Il sapore di quella spigola non potrò mai dimenticarlo, perché anche le dimensioni danno alle carni una consistenza particolare. La cucinammo al sale dopo averla lasciata in frigo per 24 ore, proprio per fare in modo che le carni si rilassassero, e la mangiammo in 13 persone nel giardino della mia villa, in una di quelle serate di autunno mite che la Puglia ci regala.
La spigola, per il pescatore subacqueo, è una delle prede più ambite, capace di avvicinarsi al sub per la sua innata curiosità e poi virare improvvisamente quando si rende conto del pericolo. Inoltre, come già detto, può raggiungere ragguardevoli dimensioni e ha carni di qualità eccelsa, paragonabili soltanto a quelle di altri pesci pregiati come il dentice o l’orata.
Così, quando Mimmo mi ha proposto di comprarla, non ho saputo resistere, ma, dovendo mangiarla da solo quella che aveva erano troppo grandi. Un po’ nascosta tra quelle più grandi ne individuo una che, secondo la mia stima, doveva pesare poco meno di un chilo, così chiedo di pesarmi quella. Non mi sbagliavo, il mio occhio esperto di vecchio subacqueo, ci aveva azzeccato: 920 grammi! Mimmo pur di convincermi a prenderla mi dice: “Se la vuoi ti faccio 20 euro invece di 24”.
Potevo dirgli di no? E così l’ho presa, me la sono fatta pulire bene e una volta a casa non ho saputo aspettare. Subito l’ho messa in forno e l’ho fatta cuocere per circa mezz’ora condita semplicemente con olive, pomodorini, aglio e un filo d’olio. Poi l’ho pulita con attenzione e l’ho impiattata non dimenticando di raccogliere la polpa delle sue guance. La carne della guancia non è più grande di un cucchiaino da caffè, ma è così gustosa da potersi meritare il nome “boccone del prete”, termine usato per definire, appunto, una porzione piccola ma particolarmente prelibata.
Ah, questo è uno dei tanti modi per cucinarla, ma se ve la fate pulire bene ricavando dei filetti, potete anche gustarla cruda facendone un carpaccio da condire con olio extravergine, succo d’arancia e pepe, credetemi è deliziosa. Io comunque non mangiavo una spigola verace da tantissimo tempo e così cotta al forno ho fatto felice pure il mio nutrizionista, avendo mangiato proteine di grande qualità, con pochi grassi, ricco di Omega 3, vitamine e minerali. E solo una novantina di calorie, quindi è stata felice anche la mia bilancia!