Strade semivuote, saracinesche abbassate, macchine che viaggiano silenziose, schermi illuminati riflessi nelle vetrate delle finestre di palazzi ancora abitati. Giornate che corrono veloci tra call, video call, email e chat di messaggi. Sono all’incirca le ore 10 di un semplice lunedì mattina di mezza estate. Nelle città in cui non c’è il mare, è più che comune vedere meno gente percorrere le strade che durante altri periodi dell’anno sono molto più affollate, si sa il caldo si fa sentire ed in molti lo soffrono e cercano di ripararsi come meglio possono. Chi va al mare, se può permetterselo, visti i costi della benzina, per non parlare del prezzo di un ombrellone e due lettini che sin da fine giugno oscilla tra i trenta e i quaranta euro nel territorio della provincia Bat (inserito tra i meno costosi della regione Puglia). Una Puglia super gettonata a livello turistico, in alcune aree si parla ormai sempre più spesso di overtourism.
Ma come sta cambiando in realtà il volto delle città pugliesi, turistiche e non?
Diverse città dell’entroterra vivono la situazione di semi desolazione descritta, mentre altre si ritrovano a vivere un sovraffollamento quasi distruttivo per l’ecosistema costiero. Quelle prese ulteriormente di assalto sono immancabilmente le destinazioni turistiche presenti lungo il litorale sabbioso, molto più confortevole per famiglie con bambini, ma anche per chi predilige la comodità di accesso al mare e sceglie ampi stabilimenti in grado di offrire una serie di servizi come bar, ristoranti, area giochi per grandi e piccini, campi da beach volley, ed in alcuni casi anche piscine. Luoghi che divengono anche spazi di aggregazione, svago e divertimento per trascorrere giornate in compagnia tra relax, buon cibo, aria salutare -tutti i medici ci dicono che respirare iodio faccia bene, ma sono sempre di più le persone che non possono permetterselo, pur avendo lavorato per un anno intero.
Sarebbero altresì in crescita i numeri di coloro che accedono a finanziamenti per poter vivere le tanto agognate vacanze. “E dopo mesi di fatica – come direbbe il ragionier Fantozzi – arrivarono finalmente le fatidiche vacanze!” A guardarsi bene attorno però non sembrerebbero tali: famiglie, proprio come accadeva nei film anni ‘80-’90 in cui l’attore Paolo Villaggio ben rappresentava l’italiano medio, anzi possiamo dire che siam messi ancora peggio. Come allora anche oggi, ore ed ore di preparazione di piatti freddi, bevande ben precedentemente congelate inserite in apposite borse frigo, sempre più carine-non c’è che dire purchè possano essere un pò più camuffate e meno brutte di ciò che erano – chilometri e code da smaltire, nonostante la levataccia mattutina – anche di domenica! In fin dei conti non è cambiato molto, nonostante le apparenze, con foto sempre perfette e patinate, con facce rilassate e sorridenti, spiagge caraibiche (a volte fasulle poiché modificate)- in Puglia ne abbiamo per davvero però!
Ma basta osservare meglio per comprendere che spesso dietro tutto ciò c’è molta semplicità. La semplicità di chi nella vita sa che per far qualsiasi cosa occorre sacrificarsi e sono proprio quelli i sorrisi veri, li trovi nei volti di chi ha lavorato mesi e mesi ed oggi, pur di stare un pò al mare, sorride anche dopo un’ora di coda a 40° e mezz’ora di trasporto merci sotto il sole cocente. Eppure le chiamano “vacanze”, e pensare che almeno Fantozzi non doveva accendere un finanziamento per potersele permettere, oggi invece si.
Come si sta evolvendo il turismo in Puglia?
Non è un caso che la Puglia stia crescendo in termini di arrivi grazie agli stranieri, il trend parla chiaro, l’impennata è determinata non più da circuiti di turismo interno nazionale, ma internazionale. Perché l’italiano medio, oggi, sta peggio di ieri, è indebitato. È per lo stesso motivo che la Puglia, come destinazione turistica, è divenuta cara per i pugliesi e per gli italiani, eccetto coloro che non stanno nel mezzo. Ed è ciò che spinge il target, che fino a qualche anno fa affollava le nostre città e spiagge pugliesi, a scegliere altre mete come l’Albania.
Uno scenario che non sembra possa cambiare in breve tempo visti vari fattori critici: bassi salari, concentrazione del periodo cosiddetto “di ferie” ancora concentrato nelle settimane centrali di agosto – motivo per cui ad una elevata domanda, l’offerta risponde con prezzi alti, nonostante i servizi non siano verosimilmente all’altezza. Ma sono soltanto questi i fattori critici che impediscono all’italiano medio di potersi permettere vacanze adeguate alle fatiche sopportate?
Cosa sta cambiando?
Sta cambiando anche la tipologia di spesa che gli italiani decidono di fare o il costo della vita è aumentato? Le fonti parlano di crescita di alcuni consumi, quali: piatti pronti, l’abitudine a mangiare fuori casa almeno una volta a settimana, gli acquisti online, la domanda di beni di lusso, e il divario tra le fasce sociali e quindi economiche. Insomma ci stanno dicendo che ci sono sempre più poveri e sempre più ricchi, la classe media sta diminuendo, quella fantozziana per intenderci! E di conseguenza sta mutando anche lo scenario ed il volto delle città.
Infatti, le città affollate, come quelle di cui parlavamo, che in estate vivono un vero e proprio spopolamento, hanno un comune denominatore: Bari, come Andria, Trani e Barletta, e Lecce, mettendo a confronto alcune province pugliesi vivono situazioni comuni. Il comune denominatore è la chiusura di tantissime attività commerciali con il risultato che vedere il cartello “AFFITTASI LOCALE COMMERCIALE” è divenuta un’abitudine. Sempre più strade si stanno letteralmente riempiendo di saracinesche abbassate con all’interno locali da ricollocare ad altre finalità commerciali.
Sono le stesse saracinesche di cui parlavamo all’inizio, nella città dell’entroterra, ma si trovano in egual misura in quelle lungo la costa. Bari, ad esempio, capoluogo di regione nell’ultimo anno ha visto la chiusura di tantissime realtà commerciali storiche che davano lustro alle vie del centro cittadino come Via Sparano, Via Argiro e sue affluenti. Già aver visto palazzo Mincuzzi, meraviglioso esempio di architettura novecentesca, occupato per diversi mesi da una catena commerciale come ce ne sono tante sparpagliate in tutto il mondo la dice lunga su quanto si stia perdendo l’identità di un luogo in quanto tale.
Un’identità venduta prima e svenduta dopo a vantaggio di chi, di che cosa?
A vantaggio della globalizzazione. L’Italia, non solo la Puglia, sta perdendo tutto ciò che il mondo ci invidiava: classe, eleganza, creatività e UNICITA’. Nella moda, come nella ristorazione e nell’arte.
Dai viaggi dei Grand Tour, che giovani rampolli, soprattutto dell’aristocrazia inglese, facevano per togliersi di dosso quell’aria rude, poco raffinata e consona per l’ingresso in società, le cui mete erano proprio il Belpaese per acculturarsi ed elevarsi intellettualmente, ne abbiamo fatta di strada, ma all’indietro. L’Italia era la meta prediletta per questi viaggi, viaggi-studio come li chiameremmo oggi. Qui si recavano in visita nelle città più belle del mondo come Roma, Firenze, Venezia, Napoli la Sicilia. Studiavano la lingua italiana, i pittori più importanti: Caravaggio, Michelangelo, Raffaello, visitavano le nostre città e se ne innamoravano.
Questi viaggi erano molto costosi, e potevano permetterseli in pochi, pochissimi privilegiati. Poi è arrivato Thomas Cook, e con lui sono cominciati i primi viaggi organizzati, fino ad arrivare ai giorni nostri con i famigerati “pacchetti all-inclusive”. A lui hanno dedicato anche una statua nella sua città di origine Leicester. All inclusive, dall’inglese “tutto incluso”, e dall’anglosassone che poi abbiamo cominciato a copiare tante cose. Oggi dopo aver insegnato e condiviso qualsiasi cosa con rappresentanti d’oltreoceano, c’è un po’ d’Italia in giro per il mondo, dal food alla moda, al design.
E l’Italia invece ha sposato un altro modello: quello americano. Pieno di fast food, cibo “spazzatura” che però mangeremmo tutti i giorni – anche perché è fatto con sostanze che provocano dipendenza – abbigliamento usa e getta perché passata la moda non serve più e si può anche cestinare visto il costo contenuto – e non fa niente se è sintetico, cancerogeno, o se è stato realizzato da bambini di 5 o 10 anni, sfruttati, sottopagati e costretti ad orari di lavoro massacranti, acquisti online in una società sempre più liquida e meno conscia di ciò che realmente è reale – che chi se ne importa se chiudono le attività fisiche. Una società che ha perso tutta la sua identità, ed insieme a lei anche i nostri territori.
Foto credit: Erika Musardo