Si sa, ogni regione o zona d’Italia ha la sua tradizionale caciotta, l’elenco potrebbe essere infinito. E anche nel Salento non manca di certo. Qui viene prodotta, peraltro da pochissimi produttori, la poco conosciuta Caciotta leccese.
Una storia per mille caciotte
La sua storia si allinea alla nascita di tutte le caciotte italiane. È un prodotto molto recente se lo confrontiamo con la più antica nascita del primo formaggio: è legata al periodo in cui la transumanza ha lasciato spazio alle nuove frontiere della tecnica casearia, con l’avvento della catena del freddo; nel contempo si sviluppò anche l’esigenza di un formaggio più delicato e meno piccante, rispetto ai pecorini stagionati prodotti fino a quel momento. Quindi i produttori hanno iniziato a realizzare formaggi meno forti, adatti a un pubblico più ampio. Si può certamente dire che la caciotta è la diretta discendente del classico pecorino, o meglio l’alternativa delicata, pensata dai casari per essere pronta e in commercio più velocemente. Originariamente, infatti, era prodotta esclusivamente con latte di pecora; oggi invece viene prodotta con latte vaccino, ovino e anche caprino, misti e non.
Un nome per mille territori
Il termine “caciotta” deriva dal linguaggio dialettale che significa “cacio piccolo, rotondeggiante e fresco”; in passato, già dall’ottocento, questo termine veniva utilizzato dai contadini o dagli allevatori per indicare un formaggio di piccole dimensioni e di breve stagionatura, ma che identificasse in pieno il loro territorio. Quindi era, ed è anche oggi, il classico formaggio “da tavola”, pronto in pochissimo tempo e versatile, buono sia da solo che utilizzato in cucina per delle preparazioni. Nel nostro paese, nonostante la caciotta da sempre venga considerata l’arte povera della produzione casearia, questo resta uno dei formaggi più noto e diffuso sulle tavole e i motivi sono tanti: perché appartiene alla tradizione contadina, perché mantiene saldo un legame con il territorio e perché è uno dei formaggi con il miglior rapporto qualità/prezzo. Non a caso negli ultimi anni se ne è riscoperta la bontà e la genuinità. Oggi parlando di denominazioni, l’unica dop in Italia è la Caciotta di Urbino, ma girando lo stivale la si può gustare ovunque in diverse preparazioni e formati: quelle al peperoncino, pepe, spezie, aromi vari, erbe, noci, tartufo e tante altre. Non c’è alpeggio, agriturismo o masseria che non produca la sua caciottina.
Caciotta leccese: la tecnica casearia
E così anche il Salento ha la sua versione: la caciotta leccese è un formaggio morbido preparato semplicemente con latte misto vaccino-ovino (20% circa), caglio di vitello e sale. Ideale per chi ama sapori delicati, infatti richiama il sapore del latte, di consistenza morbida e non troppo sapida. È un formaggio grasso, prodotto con latte intero e crudo, le forme cilindriche hanno facce piane e un diametro variabile di circa 10-12 cm, scalzo leggermente convesso di 4-7 cm e peso fra 0,900-1,200 kg. La crosta è leggermente rugosa (segni delle fuscelle), elastica, sottilissima, in funzione della stagionatura diventa di un colore giallo paglierino; la pasta è tenera, compatta, diventa semidura con la stagionatura, di colore bianco o giallo paglierino. Viene prodotta durante tutto l’anno e matura in ambiente fresco; durante questo periodo le forme vengono lavate e girate spesso; la sua massima stagionatura è di 40 giorni. Un formaggio quindi che può essere fresco o semistagionato, sempre a pasta cruda e a coagulazione presamica.
La tecnica di produzione prevede che il latte sia riscaldato a circa 35°C e addizionato di caglio di vitello; lasciato riposare per circa 20 minuti, poi la cagliata deve essere rotta fino alla grandezza di chicchi di riso; successivamente viene riposta nelle fuscelle e lasciata riposare per la formatura; il giorno successivo salata in salamoia. Inoltre le forme vengono rivoltate ogni 12 ore.
Utilizzo e abbinamenti
É un formaggio “da tavola”, che va consumato crudo, come stuzzichino, o per la preparazione di antipasti, primi e secondi piatti. Il sapore della caciotta leccese è delicato, dolce, poco salato e fresco con valori olfattivi di livello basso, di tipo lattico fresco. Sia nella versione fresca che semistagionata fa la sua squisita figura su taglieri con frutta fresca o secca, sott’oli, sott’aceti, miele o composte che ne esaltano il gusto. Tagliata a dadini diventa ottima in composizioni di insalate. Non si può non evidenziare che nella preparazione di aperitivi o antipasti, accompagnata con olive, cummarazzi (caroselli) e taralli tipici, diventa il classico aperitivo Pugliese. Ma anche come secondo piatto accompagnata da verdure crude, zucchine e melanzane grigliate. Si abbina facilmente e prevalentemente a vini del suo territorio. Bianchi, maturi, morbidi, poco caldi e abbastanza freschi, ma anche a rosati o rossi, giovani, di poco corpo, con tannini. Ovviamente se ne raccomanda una conservazione in ambiente refrigerato a 10°C. La caciotta leccese si può trovare facilmente nella GDO locale e formaggerie di tutta la Puglia, ma sono ormai pochi i caseifici che la producono. Una caciotta leccese tra le più rinomate è quella della Masseria Cinque Santi a Vernole, nel cuore del Salento.