Che cosa sia la multifunzionalità applicata all’agricoltura ce lo spiega lo scrittore ed esperto di agricoltura sociale Alfonso Pascale: “Significa la capacità del settore primario di produrre beni e servizi secondari di varia natura, congiuntamente alla produzione di cibo”. Una capacità, prosegue lo studioso, potentino di Tito, di produzione di “beni e servizi materiali e immateriali, di mercato e non, che si manifesta con l’esercizio di una molteplicità di funzioni produttive che vanno dalla sostenibilità della produzione alimentare alla sicurezza degli approvvigionamenti alla salubrità e alla qualità degli alimenti; e ancora: dal benessere degli animali alla generatività delle risorse naturali e culturali fino alla produzione di energia”. Insomma, un mondo multidimensionale, oltre che multifunzionale.
Dopo quasi un quarto di secolo dalla legge 228, varata il 18 maggio 2001, il valore dell’agricoltura multifunzionale in Puglia, tra attività connesse e di supporto, è schizzato a quasi un miliardo e duecento milioni. Siamo al 20 per cento del pil agricolo regionale.
La Pecoraro-Scanio ha dunque letteralmente rivoluzionato l’agricoltura, allargandone i confini dell’attività con opportunità imprenditoriali e professionali nuove e creative. Così si sono salvate oltre cinquantamila aziende agricole: “Un’autentica svolta per il lavoro in campagna – l’ha definita Alfonso Cavallo, leader regionale di Coldiretti -: le attività vanno oggi dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative; e ancora: l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti; la sistemazione di parchi, giardini, strade; l’agribenessere e la cura del paesaggio; la produzione di energie rinnovabili; fino all’agriturismo che ha reso le campagne un punto di riferimento del turismo globale”.
Per Dominga Cotarella, numero uno di Terranostra, “il 2001 è stato un vero e proprio spartiacque del nuovo modo di fare agricoltura, senza il quale avremmo perso la caratteristica della biodiversità e non avremmo avuto il successo della vendita diretta e dei mercati contadini”. Quella normativa, varata pochi giorni prima della caduta del secondo Governo Amato, ha in modo particolare “contribuito ad aprire l’agricoltura alla società riconoscendo un nuovo ruolo agli agricoltori italiani, diventati produttori di cibo”.
Insomma, lo scorso anno, più della metà dei consumatori, ha fatto almeno una volta la spesa nei cosiddetti farmer’s market. Spiega Carmelo Troccoli, direttore generale di Fondazione Campagna Amica: “I cittadini scelgono la vendita diretta perché questo modello risponde in pieno alle loro esigenze di sicurezza alimentare, di gusto e di contatto con la realtà”. Siamo sulla buona strada, se, ad esempio, ormai quasi tutti considerano fondamentale la trasparenza su provenienza e ingredienti, la tutela della salute, l’eticità. Innalzandosi il livello di tali sensibilità, l’attenzione si sposta decisamente alla lotta contro lo spreco che per gli acquisti fatti direttamente dal produttore agricolo è del 15-20% contro il 40-60% per i sistemi alimentari della grande distribuzione.
Già alcuni anni fa, l’allora leader regionale della Cia, Antonio Barile, parlava di una Puglia in cui “da decenni si fa multifunzionalità e agriturismo”. Alla Confederazione italiana degli agricoltori regionale, oggi presieduta da Gennaro Sicolo, piace ricordare la definizione della commissione Agricoltura dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico della UE, “che dà davvero l’idea di cosa significhi multifunzionale: ‘Oltre alla sua funzione primaria di produrre cibo e fibre, l’agricoltura può anche disegnare il paesaggio, proteggere l’ambiente e il territorio e conservare la biodiversità, gestire in maniera sostenibile le risorse, contribuire alla sopravvivenza socio-economica delle aree rurali, garantire la sicurezza alimentare’”.
In Puglia è un fatto che il valore della vendita diretta supera ormai i 900 milioni di euro e coinvolge più d’una azienda agricola su cinque, con i mercati contadini che contano circa millecinquecento giornate di apertura e oltre ottocento produttori coinvolti.
Anche, se non soprattutto, per tali ragioni, in vent’anni l’agricoltura pugliese ha compiuto salti straordinari. Sono stati promossi oltre 60 cibi e vini certificati Dop e Igp; da non dimenticare le 4 STG (specialità tradizionale garantita) nazionali e le due bevande spiritose IG regionali, per un totale di 66 indicazioni geografiche, secondo i dati forniti dall’Osservatorio Ismea Qualivita.
La Puglia è ottava nella speciale classifica per prodotti Dop, Igp e Stg, con 66 indicazioni geografiche. Sui 678 milioni di euro stimati quale valore complessivo, il comparto agroalimentare pesa per il 6,9% e quello vitivinicolo per il 93,1% (631 milioni di euro) del paniere IG.
Tra i prodotti che fanno grande la Puglia, i formaggi: la burrata di Andria, il canestrato e la mozzarella di Gioia del Colle. Gli oli extravergine di oliva (evo): il Collina di Brindisi, il Dauno, il Terre d’Otranto, il Terre di Bari e il Terre Tarantine. L’ortofrutta e i cereali: il carciofo brindisino, le clementine del Golfo di Taranto, la Bella della Daunia (oliva), la lenticchia di Altamura, l’uva di Puglia, la cipolla bianca di Margherita. Per i prodotti da forno, il pane di Altamura (Dop).
E poi, sua maestà il vino. Da segnalare le tre docg del Castel del Monte (bombino nero, nero di Troia riserva e rosso riserva) e il Primitivo di Manduria dolce naturale. Tra le doc, il San Severo (dal 1968, la più antica denominazione di origine controllata della Puglia), Salice Salentino, Negraoamaro, Aleatico (fra l’altro, l’unica doc a interessare l’intero territorio della Puglia) e il Cacc’e mmitte di Lucera. Il comparto, come accennato, vale oltre seicento milioni.
E infine ci sono ben 379 prodotti riconosciuti tradizionali dal Masaf, il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste: essi vengono coltivati, allevati e trasformati in veri e propri scrigni della biodiversità made in Apulia. Un altro dato è interessante, in quest’ottica: la superficie agricola destinata alle colture biologiche raggiunge i 311mila ettari con la Puglia in vetta al ranking nazionale.