Stefania Moroni, figlia di Aimo, un gigante della cucina italiana, parla del suo rapporto con i cibi pugliesi

Tra i ricordi più belli della mia vita giornalistica in campo gastronomico ce ne sono due legati agli incontri che ho avuto con una vera leggenda della cucina italiana: Aimo Moroni. L’ho incontrato per la prima volta nell’ascensore di un albergo a Firenze, in occasione di un premio organizzato dalla rivista Italia a Tavola e, già in quei pochi secondi, riuscì a trasmettermi la sua innata signorilità, umiltà e simpatia. Usciti dall’ascensore ci trattenemmo nella hall, per un’oretta buona, a parlare di cucina e della Puglia, terra che lui ama in modo particolare.

La seconda volta, invece, é avvenuta a Milano ne “Il Luogo di Aimo e Nadia”, dove, a fine pranzo, ho avuto modo di intervistarlo lungamente per un articolo su un noto giornale di settore. Più che un’intervista, direi una meravigliosa chiacchierata, culminata con una bellissima dedica sul libro che racconta la storia del ristorante, gelosamente custodito nella mia biblioteca. Aimo, oggi 91enne, nel lontano 1962 aprì a Milano, insieme a sua moglie Nadia Giuntoli, il suo ristorante poi diventato negli anni un tempio dell’alta ristorazione italiana, conosciuto e apprezzato in tutto il Mondo.

Nel 1987 nello staff entra anche la loro figlia Stefania, che fino ad allora si era occupata di tutt’altro, ma che, con impegno e studio, diventa un pilastro del locale e si occupa di portarlo nel futuro ben sapendo che prima o poi sarebbe stato necessario creare una continuità con il lavoro dei genitori. Infatti, nel 2012, quando Aimo e Nadia si ritirano, la cucina passa nelle solide mani di Alessandro Negrini e Fabio Pisani, valtellinese il primo e pugliese di Molfetta il secondo, già da alcuni anni in brigata come capi partita.

Circa un mese fa ho avuto il grande piacere e onore di essere presso l’Istituto Alberghiero di Molfetta, nella prestigiosa giuria del Premio “Aimo e Nadia per i giovani”, insieme a Giuseppe Cupertino, Solaika Marrocco, Fabio Pisani e Stefania Moroni, così una bella chiacchierata non poteva che essere la degna conclusione di una bella giornata passata insieme.

Da sinistra: Giuseppe Cupertino, Stefania Moroni, Fabio Pisani, Solaika Marrocco, Sandro Romano.

 

Carissima Stefania, ci rivediamo dopo qualche anno e ti ringrazio per aver pensato a me per la giuria che ha assegnato il Premio ai più meritevoli giovani alunni degli Istituti alberghieri di Puglia. Qual è l’obiettivo di questo premio?

Abbiamo scelto di portare nelle scuole la filosofia della cucina di Aimo e Nadia, e l’abbiamo pensato non per i singoli ma per le squadre. Perché noi al ristorante siamo una grande squadra e le cose funzionano quando c’è una squadra che lavora in armonia. Da soli si va più rapidamente, ma insieme si va più a lungo nel tempo.

Quindi non litigate mai?

Sempre. Quello è il valore, saper risolvere il litigio, litigare e saper trovare la soluzione cedendo un po’ ognuno qualcosa e mettendo da parte un po’ del proprio ego.

Sei stata tu la fautrice della formazione di questa grande squadra?

In parte sì, orgogliosamente. Nel 2005, quando papà e mamma erano ancora in cucina, venne prima Alessandro che, poi, mi presentò Fabio. Loro si conoscevano bene per aver lavorato insieme al prestigioso ristorante Dal Pescatore, così ebbero dapprima il ruolo di capi partita. Sono stati per 6 anni con i miei genitori, lavorando e imparando. Ma sono stati bravi soprattutto perché hanno saputo aspettare, e quando è maturato il momento giusto hanno saputo cogliere l’occasione prendendo questa grande eredità e responsabilità.

Tuo padre ha sempre amato la Puglia e la sua cucina, nei nostri incontri me lo ha sempre raccontato. E tu?

Anche io, tantissimo. Noi avevamo un carissimo amico pugliese che aveva un ristorante a Biella e lui, già in tempi non sospetti, si faceva arrivare prodotti dalla Puglia, che allora veniva vista come un luogo così lontano dalle mete turistiche, ma vissuto da una popolazione ancora molto legata alla terra. Questo aspetto per mio padre era un valore importante, quindi il cuore della Puglia faceva parte della nostra quotidianità ancora prima che arrivasse Fabio Pisani. Per esempio negli anni ’90 noi avevamo le cicerchie, che non erano così conosciute neppure da voi stessi.

Possiamo dire che tuo padre sia stato uno dei primi grandi estimatori e fruitori delle nostre materie prime, quindi…

Lui ha certamente scoperto e usufruito della vostra grande biodiversità. La Puglia è una di quelle regioni in cui ogni luogo produce eccellenze e questo è il suo importante valore gastronomico, quello che i francesi chiamano orgogliosamente terroir ma che in Italia non è considerato con lo stesso valore pregnante.

Ovviamente Fabio Pisani ha continuato a portare da voi la cucina pugliese. Tra i suoi piatti quale sceglieresti?

Un risotto mantecato con burrata, gamberi viola, pomodoro fresco, zeste di limone e origano, dai sentori marini ma con un equilibrio pazzesco, nostro piatto memorabile di molti anni fa. Lo ha reinterpretato molte volte ma sempre mi ha colpito perché portava la memoria della sua terra.

E un piatto della tradizione pugliese?

In Puglia, al matrimonio di Fabio, ho scoperto un piatto tradizionale poverissimo: le fave e cicorie. Sono rimasta folgorata da questo piatto, che è niente ma che ha gli ingredienti giusti in perfetto equilibrio. È una magia, non si può capire finché non lo si assaggia.

La domanda non è stata casuale cara Stefania. È il piatto che anche tuo padre mi disse di amare proprio in quel primo incontro a Firenze.

Ah, non sapevo!

Grazie a te per la tua disponibilità e, per favore, porta un grande abbraccio a papà!

Premi- Royal Porcellana

Foto Credit: Andrea Gherardi

 

 

 

 

 

 

 

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