Per tutti a Bari è soltanto Eddy. Eddy senza cognome. Come accade ai personaggi particolarmente carismatici, il cui nome contiene e riesce ad esprimere significati importanti, o un riconosciuto valore storico e sociale. Ebbene, il nostro Eddy non è certamente il sovrano di un regno, e neppure un pontefice, ha però tanto da raccontare, e la sua emblematica storia in un certo senso è rappresentativa di un’epoca, nonché della capacità di integrarsi in un contesto inizialmente estraneo.
È infatti sbarcato nel capoluogo pugliese nei primi anni novanta del secolo scorso, con la mitica nave Vlora proveniente dall’Albania, e in tempi relativamente brevi è riuscito non solo ad inserirsi nella realtà cittadina, ma anche a trasformarsi in un coraggioso e lungimirante imprenditore nel settore della ristorazione. Naturalmente la scalata al successo non è stata affatto facile, ed Eddy l’ha affrontata senza mai cercare di risparmiare energie, pronto ad accettare anche incarichi che esulavano da quello che sarebbe diventato il suo ambito professionale. Un ambito nel quale ha comunque ricoperto ogni singolo ruolo: dal barista al cameriere, dell’aiuto cuoco al pizzaiolo. Il tutto fino al fatidico momento della svolta, che gli ha permesso di diventare socio titolare di un locale (che ora non esiste più), a poco più di due lustri dalla data del suo arrivo in città. Si potrebbe parlare del primo gradino di una vertiginosa ascesa, perché oggi Eddy è coinvolto nella gestione (insieme ad altri soci) di tre pizzerie tra il quartiere Umbertino e il Murattiano, ed è in procinto di inaugurare un luogo di ritrovo dedicato alla degustazione di vini e di prosciutti di qualità.
Il vero fiore all’occhiello è tuttavia il ristorante di corso Vittorio Emanuele, il cui nome è una sorta di attestato di paternità. Non a caso si chiama Eddycola, ovvero una crasi tra il proprio nome e quello del suo compagno di avventura, Nicola Introna. Se la veranda che ospita il dehors è affacciata sullo stesso corso, lo stile degli arredi interni ricorda gli ambienti di un bistrot parigino: tra l’ampio bancone centrale, e i tavolini da due coperti abbastanza vicini tra loro. E con il valore aggiunto dei caldi e accoglienti colori scuri. Mentre la proposta gastronomica della brigata di cucina è alquanto articolata, e si muove in differenti direzioni, comprese le selezioni di pinse e di insalate. Non manca, in alternativa, il plateau di frutti di mare, magari accompagnato da una tartare e da un carpaccio di pesce; e seguito da una serie di preparazioni dai sapori decisi e saldamente legati al territorio. Vengono dunque serviti un croccante di baccalà, che è veramente croccante, una robusta parmigiana, e un’impepata di cozze arricchita dalla presenza dei crostini di pane. Per poi procedere con i piatti principali, tra i quali si lasciano apprezzare le ottime orecchiette, ora condite con il ragù di braciola, ora con il sugo di tre pomodori, il cacioricotta e il basilico. Oppure, sul versante ittico, i cavatelli ai frutti di mare, e la catalana di gamberi con patate, pomodori, cipolle, cetrioli e basilico. Per un valido suggerimento enologico ci si può affidare a Nicola Introna.