“Le acciughe fanno il pallone Che sotto c’è l’alalunga Se non butti la rete Non te ne lascia una”
In questo brano del 1996, scritto a quattro mani da Fabrizio De Andrè e da Ivano Fossati, ci si riferisce alla caratteristica forma che il banco di acciughe crea raccogliendosi per difendersi dall’attacco dei predatori, agevolando involontariamente l’azione del pescatore che, proprio in quel momento, getta le reti per catturarne il più possibile.
Le acciughe o alici, dal punto di vista nutrizionale, ma anche di sapore, sono tra i pesci migliori e ne fanno largo uso persino i cantanti che le mangiano per idratare le corde vocali. Si tratta dello stesso pesce, anche se, solitamente si tende a chiamarle acciughe quando sono più grandi e conservate sotto sale o sott’olio. Poco considerate, forse a causa del loro basso prezzo, sono una vera fonte di nutrienti: per l’11% contengono acidi grassi Omega 3, e poi Omega 6, proteine nobili, calcio, fosforo, ferro, rame, selenio, magnesio, manganese, sodio e potassio.
Sin dall’antichità le alici sono state protagoniste nell’alimentazione dell’uomo, conosciute sin dalla Mesopotamia, apprezzate dai Greci e ancor più dai Romani, che le conservavano in anfore sovrapponendole fra loro, insieme ad altri pesci come sgombri e sarde, per ottenere dalla loro fermentazione una salsa chiamata garum, con la quale insaporivano molti piatti della loro cucina, anche carni e vegetali.
Una preparazione talmente antica le cui tracce si trovano persino nel De Re Coquinaria di Apicio e nel Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, che attribuiva al garum proprietà medicinali. Qualcosa di simile, oggi, sono la colatura di alici di Cetara e la salsa vietnamita Nuoc Nam. Ma la caratteristica principale per chi ama il pesce è il loro sapore deciso, che ne fa uno dei pesci più versatili in cucina, grazie anche al costo decisamente basso. Unica difficoltà potrebbe essere la pulizia perché, essendo molto piccole, è richiesta una certa esperienza e manualità, ma spesso sono gli stessi pescivendoli a farlo agevolando così chi ha voglia di gustarle.
Tantissime sono le ricette pugliesi che impiegano le alici, come gli spaghetti alla Sangiuannìdde e le orecchiette con le cime di rapa, nelle quali è preferibile utilizzare quelle sotto sale, le cosiddette “alìsce du spròne”, più consistenti e saporite. Grande successo, soprattutto nei ristoranti di un certo livello, hanno gli ottimi crostini con burro e acciughe del mar Cantabrico, serviti come antipasto. Si tratta di un prodotto di grande qualità, pregiato e dal costo elevato, ovviamente non della nostra cucina tipica. Nella tradizione della nostra regione vengono impiegate nei vari classici calzoni di cipolle, diffusissimi soprattutto in Terra di Bari. Quelle fresche, invece, sono strepitose infarinate, fritte e gustate calde e fragranti senza togliere neppure la sottile lisca.
Personalmente sono ghiotto di quelle spinate, aperte, passate in uovo e farina e poi fritte, oppure ancor più semplicemente marinate, facendo però attenzione al rischio Anisakis, da scongiurare con il preventivo abbattimento. Ricordo che, una volta, di questo pericolo non ci si preoccupava e noi baresi ne mangiavamo in quantità, ma ora è un rischio davvero grande che non bisogna assolutamente correre. Ma, a parte queste ricette classiche, amo una ricetta facilissima da fare, semplicemente aperte e condite con olio extravergine, pangrattato, capperi e pomodorini e poi messe al forno a gratinare per pochi minuti. Piatto leggerissimo e di grande gusto. Provatelo.