Capriata alla martinese, il piatto povero con fave e lampascioni

La Puglia conserva una tradizione gastronomica antichissima, dove i prodotti del territorio da sempre hanno risposto alle esigenze di vita dei propri abitanti. La Capriata alla martinese è un esempio tangibile di come gli ingredienti semplici e facili da reperire di questa terra da anni sono riusciti a soddisfare i propri abitanti. Questo piatto pugliese dal 2024 è stato inserito nell’elenco dei Prodotti agroalimentari Tradizionali (PAT).

La capriata alla martinese è un piatto semplice e di gran gusto, che veniva preparato dalle famiglie contadine di un tempo, le quali cercavano di soddisfare la fame con i frutti della loro terra, a causa delle modeste condizioni economiche in cui vivevano. L’origine di questo piatto è attribuita alla città di Martina Franca, nella provincia di Taranto, dove ancora oggi è usanza comune servire il purè di fave insieme a bulbi di lampascione, questi una volta lessati e conditi con olio, accompagnano le fave insieme a una spolverata di pane grattugiato soffritto. La combinazione di questi ingredienti esalta una delle preparazioni più conosciute della cucina pugliese, ossia: la purea di fave, la cui dolcezza si abbina perfettamente al sapore amarognolo tipico dei lampascioni. La capriata alla martinese risulta essere un piatto ben equilibrato nonostante i pochi ingredienti presenti al suo interno.

Storicamente, la ricetta della “Capriata alla martinese” è da generazioni legata al territorio regionale. A dimostrazione del legame tra la ricetta e il territorio, è stata ritrovata una ricca documentazione bibliografica di libri che trattano la cucina pugliese, risalenti agli anni ’70 e ’90. In alcune zone della Puglia la Capriata viene chiamata anche “Ncapriata, deriva dal latino “Caporidia” adattamento del greco “kapyridia” ad indicare una specie di focaccia o polenta di grano pestato. Forse la purea di fave è stata una trasformazione di quel lontano piatto nato dai primi esperimenti dell’arte e tecnica del cucinare dell’uomo. 

Ingredienti:

  • fave bianche,
  • lampascioni,
  • olio extravergine d’oliva,
  • sale,
  • pane grattugiato soffritto.

Procedimento:

Partiamo dalla preparazione delle fave, che una volta private della loro buccia esterna devono essere poste a bagno per 10-12 ore, a seguito di questa procedura bisogna disporle in un tegame o, ancora meglio, in una pignata, classico recipiente di terracotta, e si ricoprono di acqua. Qui si lasciano cuocere a fiamma bassa e si rimestano di tanto in tanto, avendo cura di eliminare dalla superficie la schiuma che si forma. A metà cottura si aggiunge poco sale e un mestolo di acqua, se necessario. Quando le fave iniziano a sfaldarsi possono essere razzolate, vale a dire mescolate e battute con un cucchiaio di legno in modo da ridurle in purea.

L’impiattamento finale prevede che su un letto di purè di fave condite con olio extravergine d’oliva, si dispongano i lampascioni bolliti e si spolveri un’abbondante manciata di pane grattugiato soffritto. Una variante della ricetta è presentata da Luigi Sada nel volume “La cucina della Terra di Bari” (1991), in cui i lampascioni si uniscono alle fave a metà cottura per ridurre il tutto in purea e lasciar insaporire fino a cottura ultimata.

Foto Credit: https://breakfastdadonaflor.blogspot.com/

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