Nel mio modo di vivere e gustare il cibo ci sono tre materie prime che non riesco assolutamente a mescolare con altre. Sono il tartufo bianco pregiato, i ricci e le ostriche. Su questi ingredienti sono integralista, mi piacciono così tanto che devo gustarli senza contaminazioni per coglierne a fondo l’essenza, assaporandoli da soli o con accompagnamenti che non ne devono intaccare minimamente i profumi e i sapori primari. Non ho mai mangiato un’ostrica cotta che sia più buona di un’ostrica freschissima, piuttosto mi diverto tantissimo a cogliere le sfumature di sapore che hanno le varie tipologie. Quindi perché cuocerla? È uno di quei tesori della natura che non va aggredito – secondo me – con cotture, salse o altro. Stessa cosa vale per i ricci, che sin da ragazzo pescavo in quantità sui fondali dell’Adriatico.
E pensare che prima non mi piacevano, per anni li ho raccolti per regalarli. Poi, prova oggi prova domani, ad un certo punto mi è scattato qualcosa e quel gusto così particolare, salmastro e dolciastro allo stesso tempo, mi ha conquistato, al punto che tante volte li mangiavo direttamente in acqua mentre facevo le mie battute di caccia subacquea, spaccandoli con il pugnale e leccandoli aiutandomi con le dita.
Ma il modo migliore è, secondo me, gustarli sugli scogli o in un ristorante vista mare raccogliendo le golose gonadi con un bel pezzo di pane bianco. Io non so dirvi perché, sarà suggestione, ma mangiati tra quattro mura senza sentire il profumo del mare né vederlo, no è la stessa cosa. Il massimo della contaminazione che mi concedo è con gli spaghetti, in questo caso quasi sempre a casa e raramente al ristorante. Perché? Semplicemente perché nei ristoranti o non li sanno fare, oppure perché, per risparmiare sul quantitativo, ci aggiungono del pomodoro, o utilizzano quelli in scatola che non hanno il sapore di quelli freschi. O, peggio, li cuociono troppo, saltandoli in padella con la pasta e distruggendone il sapore.
Insomma, gli spaghetti ai ricci non si possono arrangiare in qualche modo, devono essere semplici, praticamente un buon aglio e olio a cui va aggiunto un giusto quantitativo di ricci, non meno di una ventina, e una generosa spolverata di pepe, che in questo caso preferisco bianco. I ricci vanno aggiunti a fuoco spento, mi raccomando. Conti alla mano, non possono costare meno di una ventina di euro, se li trovate a meno diffidate.

L’altra materia prima sulla quale non ammetto aggiunte pesanti è il tartufo bianco pregiato o tuber magnatum pico, perché il suo potente profumo voglio sentirlo tutto. Soltanto due sono, per me, le possibilità di abbinamento: con l’uovo al tegamino oppure con tagliolini freschi e burro di altissima qualità. Qualsiasi altro utilizzo è bandito dalla mia idea di valorizzazione di questa incredibile materia prima. Perché il tartufo o si ama o si odia, sembra incredibile ma c’è chi proprio non lo sopporta e dice che puzza. Vabbè, poi ognuno è libero, ma…
Chiudo questa leggera disquisizione su questi ingredienti che adoro, per chiedere a voi lettori cosa ne pensate.
Anzi, lancio un sondaggio: tra tagliolini burro e tartufo e spaghetti ai ricci, cosa preferite?