La ristorazione cambia, ma a non cambiare sono gli amanti di un gusto semplice e casalingo. Gli agriturismi rispondono proprio a queste esigenze e lo sa bene Donato Mercadante di Masseria La Calcara ad Altamura. Come cuoco dell’agriturismo e presidente Coldiretti Giovani Puglia, promuove un mangiar bene e consapevole, intercettando chi è alla ricerca spasmodica del piatto perduto. Gli agriturismi sono già o saranno delle vere e proprie destinazioni in cui è assolutamente vietato mancare? Scopriamolo con lui.
Donato ci ha raccontato come tutto è iniziato e i primi coperti certamente non sono arrivati tanto tempo fa. “La storia è iniziata con l’azienda agricola zootecnica che già negli anni Settanta era multifunzionale, quindi produceva latte, formaggi, conserve dagli ortaggi dell’orto, si allevavano e macellavano agnelli e tutto arrivava alla vendita. A curarla sono stati i miei nonni materni, ad Altamura stimati per la loro generosità, tanto da guadagnarsi il soprannome di Zuccr (Zucchero in dialetto altamurano). In Agriturismo c’è sempre un posto a tavola per qualcuno in più e così capitava che i clienti più affezionati, quelli che si recavano in agriturismo per acquistare, restassero a pranzo con gli operai. Una pratica che rendeva tutti una grande famiglia”.

Erano gli anni Ottanta e per congiunture che avevano coinvolto i bovini, la famiglia decise di eliminare la stalla. A quel punto ci si chiese perché non dedicare questi grandi spazi all’accoglienza, proprio per rendere una costante quel pranzo aperto anche agli avventori della masseria. “All’epoca non era ancora stato regolamentato il sistema agrituristico, tant’è vero che non esisteva ancora un ministero dedicato all’agricoltura. Negli anni Novanta, con una legislazione adeguata, siamo stati la prima famiglia a dare vita all’agriturismo sul territorio murgiano e i quinti a livello a regionale. La gestione, con gli anni, è passata a mia madre e ai suoi fratelli, oggi si sta insediando la quarta generazione nell’interno dell’azienda agricola, di cui faccio parte”.
“L’agriturismo è l’ultima parte dell’azienda, attraverso la tavola pubblicizziamo ciò che produciamo”. Così Donato racconta la sua mission in cucina che si identifica nella tradizione murgiana e pugliese a tutto tondo, con qualche piglio più contemporaneo. “I nostri piatti raccontano chi e dove siamo, ma non ci fermiamo. Sapevo che avrei preso in mano la cucina, quindi ci ho messo del mio. Ne è un esempio il nostro orzo che non serviamo in una classica zuppa, ma lo risottiamo con creme che ricaviamo dagli ortaggi coltivati qui. Rape, zucca, dipende da quello che c’è a nostra disposizione”. Una cosa però, resta certezza nella cucina di Donato: “Raccontiamo la cucina murgiana e della nostra famiglia attraverso i segreti di mia nonna”.
Sensazioni perdute e essenzialità. Questi i concetti che, secondo Donato, devono caratterizzare l’agriturismo. “Le persone cercano sempre di più le aziende agrituristiche e agricole perché hanno bisogno di riscoprire chi sono, vogliono tarare le loro papille gustative su gusti che non ricordano più e rievocano sensazioni perdute. Credo ci sia un ritorno agli agriturismi non solo qui, ma proprio in tutta Italia e i dati sul turismo enogastronomico lo confermano (14,5 milioni i potenziali turisti del gusto stimati per i prossimi anni in Italia – Fonte Roberta Garibaldi). Ma oltre la stagionalità c’è di più e un menù agrituristico, al giorno d’oggi, deve saper dare il massimo. “Quando studiamo un menù innanzitutto ci guardiamo intorno e poi pensiamo a tre piatti che siano un viaggio territoriale e affettivo. Quindi c’è un piatto murgiano, altamurano e di famiglia”. Il racconto del menù di La Calcara passa attraverso il panzerotto che è un cavallo di battaglia di famiglia. “Lo realizziamo con la semola del nostro grano e ci mettiamo la treccia di pecora. I nostri prodotti caseari sono privi di conservanti e puri”.

Qual è il segreto del successo di una formula che non cambia mai? Questa è la domanda a cui Donato ha risposto con un sorriso sincero, di quelli che lasciano trasparire gratitudine per la terra in cui vive. “Il segreto è portare i clienti in una loro dimensione congeniale e quotidiana, che li faccia accomodare anche dal punto di vista culinario. E poi c’è lei, la scarpetta. Questo è un gesto appagante per i clienti e per noi. È sinonimo di gratitudine e ringraziamento, ma anche di fiducia”. E se l’invito è quello di prendere un tozzo di pane e intingerlo nei sughi e creme de La Calcara, certamente non possiamo lasciarcelo sfuggire per scoprire l’essenza del gusto dimenticato.