Il suo nome scientifico è Squilla Mantis, da noi in Puglia è chiamata più comunemente cicala di mare, ma sarebbe più corretto canocchia o pannocchia, anche per non confonderla, con la cicala greca, della quale ho già parlato in un precedente articolo.
La canocchia, che si presta a preparazioni di gran gusto, è anche molto economica al punto che qualche giorno fa ne ho acquistato un bel quantitativo per soli due euro al chilogrammo, laddove generalmente vengono vendute a 13 euro.Un’offerta speciale, certamente, che il mio pescivendolo di fiducia mi ha proposto dovendosene liberare anche a causa della non lunga capacità di sopravvivenza di questo crostaceo, che viene venduto rigorosamente quando è ancora vivo e lo si vede saltellare o quanto meno muovere le zampette sul banco della pescheria. Quelle che ho acquistato qualche giorno fa erano piuttosto piccole, molto piene e belle sode, ma possono arrivare fino a 20/25 cm di lunghezza.
Presentano due macchie sulla coda che servono ad ingannare i predatori, ma, in realtà, i suoi occhi veri sono, com’è normale, sulla piccola testa e sono particolarmente efficaci in quanto si muovono indipendentemente l’uno dall’altro e riescono così, con rapidità, a individuare eventuali pericoli. Le canocchie vivono su fondali sabbiosi o fangosi a profondità variabili tra i 20 e i 200 metri e si pescano con reti a strascico o da posta, oppure con nasse. Il periodo migliore è quello fuori dal ciclo riproduttivo, cioè da luglio a dicembre, anche perché, oltre a non comprometterne la moltiplicazione, le sue carni sono più sode e saporite. In cucina si prestano a molteplici utilizzi e un piatto che non dimenticherò mai per la sua eleganza e delicatezza è la “Semola battuta in consommé di canocchie al profumo di mandarino”, mangiato molti anni fa nel ristorante che lo chef Nazario Biscotti aveva a Foggia.
Le canocchie sono ottime anche gratinate o lessate, ma strepitose con gli spaghetti o le linguine. Necessario, però, per non sporcarsi la camicia, munirsi di un bel tovagliolo da mettere al collo, prenderle con le mani e succhiare le sue carni schiacciando con i denti la loro tenera corazza, operazione che può risultare complicata ai più, ma che gli amanti del pesce adorano fare. Personalmente, però, preferisco sobbarcarmi un lavoro un po’ complesso da fare prima di metterle a cuocere, cioè le sbuccio a crudo ricavandone la delicatissima polpa e preparando con gli scarti la deliziosa bisque, che andrà a rinforzare il sapore della pasta o del risotto.
L’operazione non è così complicata, ma richiede un po’ di pazienza. È necessario, infatti, tagliare la corazza tutt’intorno, in modo da dividerla e, sollevandola delicatamente verrà fuori la polpa. Per fare questa operazione bisognerà fare un po’ di esperienza, ma una volta imparata la tecnica, darà tanta soddisfazione. Con le teste e gli scarti del carapace si potrà fare, appunto, la bisque – ne ho già spiegato la tecnica in un precedente articolo – cuocendoli con aglio, cipolla o scalogno, un po’ di pomodoro e poi schiacciando e frullando il tutto, per poi passarlo al setaccio e ricavarne un concentrato di sapore, da utilizzare per arricchire qualsiasi preparazione. Se farete in questo modo, gli spaghetti con le canocchie saranno un piatto davvero speciale, che nulla avranno da invidiare a quelli con astice o aragosta.
Basterà, appunto, fare un leggero soffritto di olio e aglio, metterci qualche pomodorino e cuocere il tutto fino ad ottenere un sughetto leggero. Versare la pasta tenuta al dente, aggiungere la bisque e amalgamare il tutto. In ultimo, spegnere la fiamma e aggiungere la polpa, talmente delicata che cuocerà al solo calore. Una spolveratina di pepe e prezzemolo tritato, un filo di ottimo olio extravergine, e il piatto che ne verrà fuori sarà, credetemi, qualcosa di sorprendente.