Valentino Dibenedetto, produttore dell’Archetipo dice: “Il vino naturale non esiste, c’è il lavoro consapevole dell’uomo”

Lo chiamano pioniere del vino naturale in Puglia e il suo brand L’Archetipo è una vera e propria certezza per chi vuole misurarsi con vini diversi dai tanto conclamati convenzionali. Valentino Dibenedetto, vignaiolo pugliese, ci racconta com’è iniziata la sua avventura naturalistica e com’è diventata un successo che va ben oltre le solite mode.

“A quarant’anni la mia vita ha subìto una svolta e ho dovuto imparare un nuovo modo di vedere le cose. Scoprendo la filosofia di Rudolf Steiner, rapportata anche alla viticoltura, ho capito che per avere il bene dalla terra bisogna fare del bene, evitare trattamenti aggressivi e rispettare i tempi. La parola chiave è consapevolezza che ha iniziato a guidare il mio modo di produrre vino, cioè come uomo consapevole”. Dopo aver seguito questa filosofia per 20 anni, oggi Valentino ne parla naturalmente, proprio come una parte della storia agricola di famiglia. “Sono nato col vino e con l’olio. Mio padre aveva il cosiddetto trappite, il classico frantoio cittadino ad Altamura. Lì producevamo olio e in più si lavorava anche per il vino, ma solo per consumo personale e cittadino. Ho scelto di portare in grande scala quello che già facevo con mio papà”.

Valentino è stato un pioniere nella zona murgiana, producendo il primo biologico in Puglia e parlando di fermentazione spontanea nel vino. La sua opera è stata anche complice di una comunicazione franca in cui si racconta che esiste un modo diverso di produrre e senza dover fare i salti mortali in vigneto o in cantina per avere un vino perfetto. “Per me è stato naturale dare alla terra i suoi tempi, creare vita e non distruggerla con i classici trattamenti aggressivi. Come agronomo so quello che faccio, voglio che ci sia vita nel mio terreno. Il vero cibo delle piante è l’humus che viene attraverso micro e macro organismi. Faccio uso di tutto ciò che non sia chimico e artificiale”.

Se lavorare in regime bio e produrre secondo i dettami della fermentazione spontanea abbia dato subito buoni risultati, Valentino non ha alcun dubbio. “Non ho inventato niente, sin da quando ero bambino si faceva così. Se devi raccogliere 100 quintali di uva bisogna fare in modo che in cantina arrivi una piccola percetuale che funzionerà da starter per la fermentazione di tutta la massa che arriverà durante la vendemmia. Questa funziona proprio come un lievito per il pane. In questo modo si eliminano tutti i gap che creano difetti nel vino, ad esempio volatili e odori non proprio piacevoli, comprese reazioni che sono un pericolo per la salute”. Il segreto di un buon vino naturale sta nel riprendere il contatto con il territorio, lavorando con gli autoctoni dando alla terra e alla natura il tempo che serve.

L’Archetipo è diventato un manifesto che ha spinto molti a volersi misurare con il mondo della produzione di vino naturale, che poi naturale non si può chiamare. Quindi gli appassionati si sono trasformati in produttori, in garagisti e pontificatori di un mondo che nasconde insidie ben più grandi, come le polarizzazioni inutili. “Naturale non significa prendere l’uva e farne ciò che si vuole. Per realizzare vino naturale seriamente sono necessarie nozioni di microbiologia, biochimica e di enologia. Il vino naturale non esiste, esiste la mano consapevole dell’uomo. Le fermentazioni spontanee di cui tutti parlano non producono buoni risultati se dietro non c’è scienza. E ovviamente il naturale che diventa una moda porta anche tanta disinformazione e anche tanti garagisti alla ribalta”.

Il vino naturale ha creato squadre pro e contro, ma il mercato, alla lunga, ha saputo dare la sua risposta, secondo Valentino. “I consumi sono il vero spartiacque e premiando chi lavora con cognizione di causa e chi cerca di seguire solo la moda. La stessa cosa vale anche per chi cerca di riprodurre il naturale industrialmente”. E allora come combattere chi cerca la verità assoluta non necessaria? “Il fenomeno si combatte parlando, spiegando e chiarendo elementi poco chiari”.

L’Archetipo oggi, è un successo da 200.000 bottiglie che viaggiano in italia e all’estero, connotando il successo di 15 referenze destinate ad aumentare. “In cantina oggi, siamo in 4 e abbiamo costruito questo progetto da zero per poter creare qualcosa che potesse andare avanti con una ben precisa idea e che potesse proiettarsi nel futuro. “Ho scelto un nome non facile, sono andato contro le leggi del brand riconoscibile. A premiarci è stato il prodotto buono, creato senza improvvisazione e con competenza e posso dirlo, funziona perché dietro c’è proprio la competenza”.

Nel futuro di L’Archetipo c’è tanto altro ancora, tra cui l’anfora da utilizzare con i vitigni antichi che saranno, secondo Valentino, la chiave vincente della Puglia enologica. “La strada è proporre ciò che abbiamo a casa nostra come il Maresco e altri vitigni antichi e minori. Non dobbiamo vergognarci di ciò che c’è sempre stato e dobbiamo smettere di essere vittime della storia, di affidarci ancora agli internazionali, anche perché il clima ce lo permetterà sempre meno e se è vero che andiamo verso vendemmie anticipate ed estati sempre più calde, tanto vale adeguarsi e fare affidamento su ciò che ci ha sempre contraddistinto e ha sempre fatto successo su queste terre”.

 

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