Il cocktail sta diventando un ottimo compagno non solo per il pre o post serata, su questo non c’è dubbio. Il merito è di bartender audaci e con idee un po’ pazzerelle, che hanno deciso di creare drink sempre più adatti a raccontare qualcosa o un luogo, senza necessariamente far ubriacare. Con Andrea Renzullo detto Paky, formatore di bartender to be per la scuola di formazione Ad Horeca (Bari), abbiamo ragionato su come si costruisce un cocktail al passo con i tempi e che parli, osando, di Puglia.
Prima di tutto si può e si deve parlare di mixology pugliese. A dimostrarlo sono gli ingredienti che fanno parte delle drink list che diventano sempre più fantasiose, ma sono fortemente ancorate al territorio. “Mandorle, fichi d’India e persino elementi del mare come la salicornia o il sale marino, possono diventare protagonisti in un drink – afferma Renzullo – il segreto sta nel voler richiamare la tradizione culinaria locale, come accade con i drink in grado di ospitare i sapori di olive e pomodorini, oppure che utilizzano infusi di erbe tipiche della macchia mediterranea, come rosmarino e alloro”. Un modo per raccontare il territorio certo, ma anche un’evoluzione che si concretizza con le tecniche di preparazione non scontate di sciroppi e cordiali, ma non solo. Infatti non mancano produttori che scelgono di lavorare creando spirits regionali al 100% utilizzando botaniche ben individuabili, spezie in grado di ancorarsi al territorio che, sotto questo punto di vista, esprimono tutt’altra ricchezza gustativa.
Drink sostenibili e che non danno alla testa
Anche il cocktail può essere sostenibile ci dice Renzullo, basta conoscere ciò che offre la nostra terra. “Molti sono i bartender che ci tengono a lavorare con ingredienti di stagione, a ridurre gli sprechi e che riutilizzino gli scarti alimentari, portando un impatto positivo anche al di fuori del cocktail stesso”. Può un drink avere delle guarnish da non gettare via? Certo, basta ingegnarsi con scorzette di agrumi o altri elementi che, nella preparazione diventano essenziali per il frutto prima, poi per tutto il resto. “Oggi si cerca il km zero e un packaging 100% riciclabile, oltre a ridurre gli sprechi alimentari. Questo approccio sposa il concetto di responsabilità verso l’ambiente in cui viviamo e da cui cogliamo il meglio che serve per lavorare i drink”.
Altro tema scottante è l’alcolicità. Oggi si richiede sempre di più un prodotto low alcol – anche no alcol – in modo da poter bere senza pericoli di ubriacature, oppure per poter reggere in una cena in cui il cocktail pairing è protagonista. Anche in regione si segue questa tendenza secondo il nostro bartender, dando una motivazione ben oltre il salutismo. “Riducendo la gradazione, il cocktail può mettere maggiormente in risalto i profumi e gli aromi degli ingredienti regionali, come agrumi, erbe selvatiche e cordiali pugliesi, che trovano spazio accanto a preparazioni homemade di sciroppi e infusi. Inoltre la bassa gradazione rende i cocktail più accessibili per un pubblico ampio, anche per chi preferisce bere con moderazione. Questo aspetto invita chiunque a voler sperimentare senza mai sovraccaricare il palato”.
E per chi cerca la sostenibilità a tutti i costi, anche in questo caso, fare mixology in regione significa mettersi alla prova con ciò che la terra offre. “La raccolta di piante e fiori spontanei locali, come rosmarino selvatico, alloro, capperi e altre erbe della macchia mediterranea, è un toccasana per chi vuole creare qualcosa di insolito. È un approccio che permette di conferire al drink il profumo e il gusto della Puglia in modo naturale e autentico”. Non solo materia prima però, anche le tecniche di lavorazione fanno la loro parte, come ad esempio le fermentazioni naturali, pratiche rispolverate e utilizzate in grande quantità oggi. “Tali lavorazioni permettono di pensare a qualcosa con i fichi, uva, melograno e altri frutti a chilometro più che zero, creando basi per cocktail dalla naturale acidità e sapori complessi”.
Sapersi stupire sempre a lavoro
Paky Renzullo, come formatore, mette in campo il suo saper fare a servizio di chi vuole mettersi alla prova o è alla ricerca di stimoli per la sua attività professionale. “C’è bisogno di offrire ai futuri bartender tanti motivi per sviluppare un’identità professionale solida e distintiva. In concreto il mio compito è guidarli a conoscere prima di tutto gli ingredienti della loro terra, stimolandoli a utilizzare ciò che si trova a pochi passi da noi, ad esempio oli aromatici, erbe selvatiche e amari pugliesi. Li invito a riscoprire tradizioni, profumi e sapori di casa che possono divenire parte di un cocktail, rendendolo così unico e riconoscibile”. A volte basta poco per fare una rivoluzione, un jigger e un tumbler. “Ovviamente non deve mai mancare la competenza tecnica, chiave per una preparazione di alta qualità”.
Per fare mixology pugliese serve soprattutto coraggio – secondo il nostro formatore – ma anche una dose di sana follia. “In una regione ricca di materie prime come la nostra, il margine per la sperimentazione è enorme, e la capacità di innovare può diventare un punto di forza nel campo della mixology”. Conclude Renzullo. E allora che mixology pugliese sia.