Gabriele Biscotti, il figlio d’arte che non ama farsi chiamare chef

I mille meandri del tempo arzigogolando più o meno caoticamente, incrociano letteratura, filosofia, e ciascuna delle arti umane.

Vi sono, per davvero, così tanti umani specializzati nella imitazione delle “mosche cocchiere” e, magari, i più astuti scartabellano nelle pieghe di ciò che fu per trovare ispirazione e colorare la loro grama dotazione attingendo ad opere di portata etica, pedagogica e financo estetica.

Negli ultimi tempi s’è fatta maestra la saga di Tolkien in The Lord of the Rings.

L’anagrafe ce lo consegnò in giovine età e, mi sia concesso mutuare una frase di un personaggio straordinario: Gimli, nano della stirpe di Durin e membro della Compagnia dell’Anello. La compagnia che accompagna Padron Frodo attraverso mille peripezie pur di distruggere l’Anello del Potere. Non per appropriarsene.

“Certezza di morte? Piccole possibilità di successo? Cosa stiamo aspettando?”

Me la ripeto ogni volta che comincio un percorso nuovo, consapevole che lo scoutismo ci costringe ad esplorare terreni nuovi, aree poco illuminate, spesso costellate di trappole e sabbie mobili. Ma la bellezza di vedere prima ciò che verrà visto dopo, o, forse non verrà mai visto, è una molla così potente da spingere alle soglie dell’imprudenza. Ma se un Nano, per quanto forte, non si fa intimorire dovremmo farci intimorire noi? Noi che nani non siamo e che crescemmo con la curiosità dei fratelli Vivaldi fin dalla più tenera età.

Preso fiato e preso l’abbrivio, eccoci a presentare il primo dei nostri protagonisti delle “Cucine di Puglia”. Si comincia da Nord della Puglia, dal Nord dei laghi ed in particolare dal Lago di Lesina.

Il nostro protagonista si chiama Gabriele di nome, Gabry per come oggi si usa, è di classe 1999 e porta un cognome pesante nel mondo gastronomico di Puglia (e non solo). Figlio di Nazario Biscotti e compartecipe de Le Antiche Sere, tempio di una cucina geograficamente inimitabile nella quale si compendiano il lago, il mare e la montagna. Uno di quei microclimi, ma sarebbe meglio dire ecotipi, dei quali l’Italia e la Puglia sono generosissimi, basta andare e cercarli prima che vengano snaturati.

Il colloquio con Gabriele è meraviglioso, di una semplicità inimmaginabile. Il tentativo di trovar qualcosa di epico nelle sue risposte fallisce continuamente.

A che età hai avuto il tuo primo tagliere? E il tuo primo coltello? E la tua prima pentola?

E ti attendi ricordi datati e conditi con code mitologiche da costruire un personaggio. Niente. “Non ho mai avuto un tagliere, né un coltello, ho sempre usato quelli della cucina del Ristorante, nemmeno mi ricordo quando ho cominciato …” Sulla pentola si ferma, sorride. “Una pentola l’ho avuta in premio, quest’anno, a Fano, per il mio brodo di anguilla!”

E il fatto che preferisca brandire l’anguilla prima che il premio è già un fotogramma descrittivo del personaggio.

Gabriele ha una formazione ovviamente da studi alberghieri, tra Vieste e Termoli, e da un esercizio continuo che comincia “… da sempre …, ripeto, nemmeno mi ricordo quando è cominciato” Intanto la materia prima, su quella autoctona che “non cambierà mai”: muggine (in particolare la bottarga) anguilla, pasta e Olio Extra Vergine di Oliva (OEVO), con particolare inclinazione verso la peranzana.

Poi si va nello specifico ma prima cancelliamo dal dialogo una parola: Chef. A Le Antiche Sere questa parola non si usa proprio. Si cucina e basta.

Caro Gabry, dovessi scegliere tra due piatti irrinunciabili?

Spaghetti con la bottarga (di muggine prodotta in proprio ndr) e minestra di anguille.

Minestra in senso di minestra? Non è usuale trovare questa proposta di piatto nei Ristoranti

Le mie forme di cottura preferite sono tre: i brodi in primis, poi frittura e cottura al vapore. Quindi la minestra di anguille è irrinunciabile.

Ma di materia prima esotica non fai uso?

Certo che la uso, non bisogna avere paura di unire al territorio quello che dal territorio non appartiene.

E quali sostanze allogene ti piace usare.

Quelle che hanno una storia e sono riconoscibili: pepe, zenzero e curcuma.

Sarà così anche in futuro?

Sulle materie prime autoctone sicuramente, su quelle esotiche vedremo.

I tuoi strumenti principali per cucinare?

Le pentole.

Le tue percezioni principali da stimolare?

Il gusto, la vista e l’olfatto.

Trovo strano che tu le metta al contrario o quasi. Di solito si privilegia la vista, poi l’olfatto e poi il gusto.

Se devi fare le fotografie è così, se invece devi mangiare vale soprattutto il gusto ed anche la facilità di fruire del piatto. Per l’olfatto non ho mai avuto necessità di occuparmene, qui lavoriamo solo e sempre con il freschissimo, non ho mai avuto bisogno di coperture dominanti o eccessive.

Cosa intendi “facilità di fruire del piatto” …

Non è che ogni volta devo smontare un grattacielo o grattare un piatto per poter gustare una pietanza. Il piatto ha tre dimensioni, devono essere proporzionate, bello a vedere ma facile a smontare.

Pensi di avere un piatto che porta il tuo nome?

Non ho mai dato un nome a un piatto, io preparo da mangiare e spero che sia apprezzato quello che faccio.

E tra cinque anni ci sarai ancora in cucina?

I giri che dovevo fare li ho fatti, la decisione che dovevo prendere l’ho presa, e se avrò salute …

E finisce così il nostro dialogo, a lui il compito di continuare a faticare in cucina a noi la certezza che, a Lesina, negli anni a venire, la Puglia di quel mondo sarà ancora raccontata dall’ars coquinaria di Gabry, il non-Chef con una vita di cucina alle spalle e la benedizione (per noi tutti) di averlo in cucina anche nel futuro. La speranza rimane viva.

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