Si chiama Cinque Sfumature di Cipolla ed è un piatto pronto a riscrivere la tradizione rustica pugliese. A pensarlo è Roberto Pisciotta, Chef di Jamantè a Polignano a Mare. Con Gianluca Torres al timone e una crew di sala e cucina “importante” questo piatto viene presentato come un must in ogni degustazione ed è complice della menzione Michelin. L’idea è uscire dal cliché, dal mare magnum dei menù turistici nel borgo e la cipolla può assolvere a questo compito, promettendo di appassionare anche chi proprio non vuole sentir parlare di questo ortaggio.
Roberto Pisciotta inizia a mettere proverbialmente le mani in pasta dal nulla. I risultati eccellenti lo portano a frequentare l’istituto alberghiero di Bari, quindi nel classico turbinio di stagioni da nord a sud d’Italia, perché la Puglia iniziava a muovere i primi passi in fatto di buon vivere a tavola e non solo. Edificante l’esperienza all’estero, specialmente quella in Australia che lo ha messo difronte a un nuovo modo di cucinare. Zero waste, nuove tecniche di cottura, saper fare squadra ai fornelli. Arriva il 2020 e con il Covid inizia anche l’avventura di Jamantè. Tutti giovani con buone idee da calibrare e la formazione continua. Unico invece, l’obiettivo: creare una cucina su misura che fosse specchio della buona Puglia, di Polignano, senza dimenticare che si cucina per gli altri e non per sé stessi.
Quindi la cipolla. Il piatto, con buona pace dei critici gastronomici, possiamo chiamarlo iconico per Jamantè. La cipolla viene cotta per 4 ore in estrazione di fragola, in forma di spuma areata, come crumble, in agrodolce e in brodo vegetale infuso per 24 ore in cipolla. Cinque Sfumature di Cipolla non è solo un antipasto, ma un viaggio che va da Acquaviva a Margherita di Savoia, da nord a sud della Puglia. Come hai pensato questo piatto?
Questo piatto, ormai, accompagna Jamantè dallo scorso anno. Ora siamo alla sua terza evoluzione. Tutto nasce da un esubero di liquido di fragola da utilizzare per un dessert. Mi piaceva l’idea di creare un contrasto a livello palatale molto semplice e che rendesse il piatto appetibile anche a chi schiva la cipolla in ogni preparazione. La fragola quindi, va a ingentilire la cipolla togliendo la componente rustica che si trasforma in raffinata in entrambe le versioni. Estiva ed invernale, sempre utilizzando al massimo l’ingrediente principale. C’è la parte croccante e fritta, quella agrodolce, la spuma, infine la granita che si arricchisce del sedano per lavorare sulla pulizia del palato alla fine del piatto. Chiaramente d’inverno la granita non la si fa, ma si ricostruisce la cipolla gratinata in tutte le sue forme.
Quanto tempo ti ci è voluto per arrivare alla formula che assaggiamo oggi da Jamantè?
Ci ho messo un sei mesi, grazie all’aiuto di Gianluca Torres che dalla sala mi ha riportato il parere di chi assaggia. Ho affinato la ricetta quindi, tutto è diventato un piatto ricco. Anche se la perfezione non esiste, in ogni mio piatto cerco di toccarla. L’importante è che ogni stimolo sia motivo di crescita.
Proprio Gianluca Torres ci racconta cosa succede al tavolo quando si arriva alla voce “cipolla” nel menù.
“La prima reazione è la curiosità che sappiamo alimentare con il nostro racconto precedente all’arrivo del piatto. Al primo assaggio si rimane stupiti perché il sapore che ha è completamente differente a ciò che ci si può aspettare, sembra quasi un brasato di carne in stile Niko Romito e Massimo Bottura, dove il vegetale prepotentemente prende la sua parte. In realtà è una semplice cipolla. La reazione del cliente è sempre particolarissima. Sin da subito tutti la amano. soprattutto gli stranieri che già concepiscono questo come un ingrediente principale. Noi la vediamo ancora come un componente di un soffritto. È il momento di uscire fuori dalle convenzioni e di lasciare spazio”.
Torniamo a Roberto e alle consistenze. Dal croccante alla spuma. Perché questo assoluto riesce a conquistare anche i più scettici?
La cipolla non è sempre facile da introdurre a tavola. C’è stata una sorta di sfida che ho lanciato al cliente. Cerco di rendere un elemento che non viene preso in considerazione da parte del cliente e cerca di metterlo da parte per i suoi sapori forti. Renderlo semplice da mangiare e alle volte ritornano solo ed esclusivamente per la cipolla. È una sfida anche con me stesso per non lasciarlo statico, cerco di animarlo creando nuove combinazioni ed emozioni. Il cliente a volte torna solo per questo.
Cucinare con gli ingredienti di “casa” è sufficiente per appassionare gli avventori in cerca di novità da mangiare? Qual è il segreto per conquistarli a tavola oggi?
Credo che il segreto sia la semplicità, utilizzare ciò che si trova normalmente sul mercato, ma tenere a mente la tecnica. Il cliente vuole lo stupore della semplicità, soprattutto quando si parla di vegetale. Negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento in fatto di prodotti di origine animale e del mare. Questi costi eccessivi hanno portato noi personale di cucina a ripensare l’offerta sfruttando ciò che in una regione come la nostra può fare la differenza. Quindi spazio ai vegetali da reinterpretare con un bagaglio di esperienze del tutto diverse. Questo l’ho imparato in Australia.
È stata la cipolla a conquistare la Michelin?
Chissà. Ciò che conta è aver lavorato sulla valorizzazione del prodotto che abbiamo in casa, sebbene sia rustica, un componente da brodo. Invece è l’essenza in tutta la sua semplicità ed è questo che dobbiamo comunicare.
Cosa c’è nel futuro di Jamantè?
Crescere e innovarsi sempre, non trascurare la componente umana è il segreto del nostro lavoro. Affiatamento in sala e cucina è ciò che vogliamo portare avanti e il miglioramento verrà da se. Vogliamo implementare il comparto bakery e ci sono novità firmate Jamantè, sempre però, restando sul pezzo.
E concentrarsi sulla stella?
Si e no. Averlo come punto di riferimento ci da sempre nuovi stimoli, ma il lavoro è senza dubbio concentrarci su di noi, il resto verrà da sé. Perché avere la stella e non una squadra compatta alle spalle non è ciò che voglio. Vorrei che la stella esprimesse, a tavola, la stessa umanità che ci mettiamo in cucina.
Più umanità. Ma la cipolla da 0 a 10 quanto è umana al netto dei limiti “strutturali”?
Da zero a dieci, direi sicuramente nove.