Chef Luca Trabalzini e la sua compagna dall’Australia a Fasano con amore per aprire il ristorante “Pentole e Provette”

Era ancora bambino e già maneggiava le padelle, magari per imitare la nonna. Oppure correva in bicicletta tra i vigneti intorno alla sua città natale, Montepulciano, e assaggiava i formaggi dello zio casaro. È lo stesso Luca Trabalzini ad evocare con legittimo orgoglio i suoi trascorsi giovanili, che alla luce degli sviluppi successivi potremmo definire decisamente profetici, e forieri di una passione che era destinata a diventare pienamente consapevole nel giro di pochi anni. Una passione che lo ha spinto ad operare nella sua Toscana come pizzaiolo e come addetto alla panificazione, per poi cogliere la fortuita occasione di misurarsi ai fornelli di un’importante realtà ristorativa. Si è trattato di una pietra miliare, di un fondamentale salto di qualità che ha aperto la strada ad una lunga serie di emozionanti esperienze in giro per il mondo: tra lo street food in Nord Europa, i ristoranti (anche stellati) in Australia, e la felice impresa di una catena di locali italiani a Sidney. Felice impresa in tutti i sensi, che si è risolta nel folgorante incontro con Rossella Militi, un’intraprendente fasanese alla ricerca di lavoro in quel grande paese lontano da casa. Non a caso la tappa successiva si colora di tinte (anche) romantiche, con il trasferimento proprio a Fasano dei due protagonisti, e con la realizzazione di un duplice progetto, personale e professionale.

Oggi infatti collaborano a trecentosessanta gradi, tanto nella gestione della propria famiglia, quanto nella conduzione della loro creatura, Pentole e Provette. Si entra dunque negli antichi ambienti, che dall’ingresso spaziano in lunghezza fino al cortiletto interno utilizzato come dehors estivo: tra volte a botte e vezzose nicchie in pietra. Qui tuttavia i ruoli sono ben distinti. Se Rossella accoglie gli ospiti con sorridente cordialità; Luca si definisce uno chef “di pancia”, ma in realtà ama sperimentare, come suggerisce il nome della stessa attività. E più in particolare si diverte a sperimentare moderne tecniche di cottura insieme al suo aiuto Herion Tafa, in modo da ottenere fascinosi contrasti, e da valorizzare i sapori autentici degli ingredienti utilizzati.

Lo dimostrano, in prima battuta, le eleganti presentazioni del gamberone alla piastra con alga wakame e spuma all’aglio, latte e miele; e della tartare di spigola con limone candito, gel di limone e succo di cipolla rossa in agrodolce, impreziosita da una lisca riprodotta con cialda di pane. Il continuo incrocio tra i sentori agrumati e quelli speziati, tra le intense note amare e quelle più delicate, ritorna puntualmente in due squisiti primi piatti. Che si tratti dei cremosi tagliolini ai ricci di mare con purea di piselli, buccia di limone e polvere di extravergine; o dei sontuosi bottoni ripieni di ragù di faraona con purea di cipolla e polvere di fungo. Ai vegetariani è invece destinata l’ironica finta carne, ovvero il sedano rapa glassato con salsa barbecue e fondo di verdure. Magari in alternativa alla crocchetta di anatra con salsa tartara, rucola e cipolla in agrodolce. Il tutto prima di arrivare alla sorpresa finale, e cioè all’artistico dessert (a base di gelato di lamponi e gelato al cioccolato) servito direttamente sul tavolo e presentato come un quadro. E con il valore aggiunto della presenza del pan brioche per fare la scarpetta. Ogni portata è accompagnata da un opportuno abbinamento enologico.

 

 

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