Se in periodo di crisi è meglio guardare alle opportunità, il Consorzio del Salice Salentino ci prova a capovolgere la situazione. Siamo nella patria del Negroamaro, e con il presidente dell’omonimo consorzio Damiano Reale, abbiamo tracciato le linee non solo di ciò che è stato, ma di ciò che sarà del nostro Salice Salentino. Piccolo spoiler: sarà Superiore, dal gusto contemporaneo e comunicato a modino, magari con una Docg a supporto.
Il triangolo è quello tra Lecce (Salice Salentino, Veglie e Guagnano) Brindisi (San Pancrazio Salentino e San Donaci) e parte del territorio comunale di Campi Salentina in provincia di Lecce e Cellino San Marco (Brindisi). Terra di Negroamaro da sempre, qui si fa la tradizione mantenendo una forte personalità al bicchiere, frutto della sapienza contadina e di una terra che ha saputo trovare una capacità di espressione creando vini di pregio. Il Consorzio del Salice Salentino, ad oggi, raccoglie tutte queste anime in 1500 soci che si distribuiscono tra imbottigliatori – ancora troppo pochi – e tanti agricoltori che conferiscono il Salice Salentino per trasformarlo in IGT.
Nell’epoca di crisi di rossi però, le opportunità cambiano per tutti e anche il Salice Salentino deve trovare la sua exit strategy dal problema. Allora nell’epoca dei social a tutti i costi e di una comunicazione ragionata, anche l’immagine del vino va raccontata non più in modo marginale ma capillare. A livello comunicativo è successo qualcosa e a confermarcelo è il presidente Reale “Abbiamo acquisito maggiore consapevolezza riguardo la nostra storia. Il nostro è il consorzio più antico della regione e il primo ad aver avuto l’erga omnes. Dare una seconda vita al consorzio non è stato semplice, ma ci abbiamo visto lungo. Già da qualche anno le risorse da destinare alla comunicazione sono state maggiori poiché avevamo notato quanto vivere di rendita – attraverso i grandi marchi e gli anni d’oro del Salice – non pagasse più. Non potevamo permetterci di restare indietro rispetto alle altre denominazioni in quanto il nostro Salice ha grandi potenzialità e sa ben vendersi. Incrementare i contatti con gli addetti ai lavori per comunicare la bontà del prodotto, ma soprattutto la contemporaneità, per noi è stato un grande vantaggio”.
Il Negroamaro – che tutti abbiamo imparato a conoscere nell’accezione rossa o al massimo rosata grazie ai grandi brand – secondo la voce del Consorzio del Salice Salentino può andare ben oltre i classici. “Negli anni lo abbiamo vinificato come un vino importante con molto legno, ben 18 mesi in affinamento – dice il presidente Reale – Purtroppo oggi, non è più possibile prendersi questo tempo. Un vino come questo, dalla trama tannica imponente e in grado di riempire già al sorso, non tutti lo apprezzano più e il mercato lo conferma. Dobbiamo, per uscire da questo impasse, puntare su un vino semplice sì, ma non troppo. La risposta sta nelle bollicine, nella vinificazione rosata ormai tradizionale, e anche nella vinificazione in bianco. Un’operazione che molte cantine stanno compiendo con buon successo”.
Ma per uscire da questa crisi senza snaturarsi forse, è il caso di puntare su un vino agile. Il Consorzio in questi anni, non è rimasto a guardare e ha puntato sul Salice Salentino Superiore. “Lo chiameremo così e sarà la dimostrazione della contemporaneità del vino. Sarà prodotto da vigneti con rese basse per ettaro (si parla di 90 quintali di Negroamaro) elimineremo la barrique ingombrante e abbasseremo anche il contenuto zuccherino, puntando su una semplice vinificazione. Il risultato sarà un vino moderno ma non semplice, adatto per essere bevuto anche durante l’estate, ovviamente abbassando la temperatura in frigo”. Per assaggiare questa evoluzione bisognerà attendere poiché la burocrazia, come al solito, prevede tempi di decantazione ben più lunghi rispetto a quelli di un vino. “Forse riusciremo a produrre la prima annata di Salice Salentino Superiore dalla vendemmia 2025. L’iter è già avviato, ma mancano ancora gli ultimi dettagli”.
Modifiche immediate e in grado di caratterizzare la denominazione al meglio ci sono state e mostrano, una volta per tutte, la direzione inequivocabile del consorzio che corrisponde all’esaltazione del Negroamaro ad ogni costo e mai no-sense. “è stato previsto un aumento della percentuale di Negroamaro nel classico blend. Pertanto si passerà dall’attuale 70% con un 30% di Malvasia o altri vitigni internazionali a bacca rossa, ad avere in bottiglia un minimo di 90% di Negroamaro. L’idea è avere un prodotto espressione del territorio inequivocabile, lavorando più sul Negroamaro ci si augura che i produttori riescano a portare in bottiglia un vino riconoscibile”.
Ci sarebbe poi un sogno, valorizzare il Salice Salentino con il passaggio da DOC a DOCG, ma il cammino sembra essere più che faticoso e non imminente. “Per realizzare il traguardo della denominazione controllata e garantita è necessario superare la soglia del 60% di imbottigliamento e, al momento, non ce la facciamo in termini numerici. Bisogna puntare più sull’imbottigliare uva di qualità, uscire dalla comfort zone dell’IGT che, ancora oggi, prende una buona percentuale di produzione. Per fare questo bisogna lavorare non solo con le grandi aziende, ma anche con i piccoli imbottigliatori. È vero che tutti i soci fanno un ottimo lavoro, ma c’è da fare ancor di più”.
La DOCG potrebbe essere la svolta per aprire nuovi mercati, anche se l’Europa al momento, sembra rispondere bene al Negroamaro. Un cambio di rotta e una strategia unitaria e ragionata potrebbe essere la risposta anche per incuriosire nuovamente il pubblico italiano, ovviamente dopo il passaggio dell’onda “bianca”. Ad ogni modo, per uscire da questo tempo di crisi, la possibilità c’è secondo Reale “Continueremo a insistere sulla valorizzazione e versatilità del prodotto, soprattutto sulla sua evoluzione del Negroamaro tanto in Italia quanto all’estero. Adegueremo il nostro prodotto alle esigenze del consumatore che cambiano, però non ci snatureremo”.