Cantina Amalberga punta tutto sulla Doc Ostuni

“Le vigne non ce le hanno raccontate, le abbiamo sottopelle”. Così Dario De Pascale apre la sua chiacchierata per raccontare ciò che è Amalberga. La cantina nasce da un sogno, quello di far conoscere al grande pubblico la cinquantenaria Ostuni Doc. Una denominazione che nell’epoca della corsa all’autoctono diventa un viatico per conoscere il Salento che non ti aspetti.

Amalberga è una storia che conquista e lo dimostra la partecipazione di Gloria Battista, moglie di Dario e a supporto della parte enologica aziendale, Roberto Fracassetti e Roberto Candia. A dare il giusto apporto enologico c’è Valentino Ciarla che ha saputo ben immedesimarsi nel mood del vino pugliese, unico nel suo genere. Il nome – ispirato alla monaca belga Amalberga di Temse, santa delle Fiandre e protettrice di agricoltori e marinai – indica lo spirito di dedizione e cura in fatto di scelte ed impegno aziendale che lega persone e idee attraverso l fil rouge del vino.

“Tutto è iniziato nel 2013, quando in Puglia era ancora possibile impiantare nuovi vigneti in zona”. Dario ha iniziato da solo, scegliendo la strada più lunga, quella del vignaiolo autentico “L’idea che avevo in testa da solo non poteva vedere la luce molto presto e ovviamente, i capitali erano necessari. Per questo nel 2015 mi sonno messo alla ricerca di un partner, qualcuno che potesse percorrere con me questa strada impervia. Arriva Roberto Fracassetti, bergamasco, imprenditore del tessile e appassionato di Puglia. Ha ascoltato i miei appassionati racconti e ha deciso, dopo molti mesi di corteggiamento, di cedere alla proposta di diventare socio”. Arriva così il 2016 e si inizia a vinificare per capire l’appeal che avrebbe avuto il vino firmato Amalberga, ma il momento di proporsi al mercato sembra essere ancora lontano. L’imperativo categorico per Dario è uno soltanto “Uscire solo e soltanto al momento giusto, quando saremo pronti”. Nel frattempo si sa, il vino unisce, ed ecco perché con Roberto Fracassetti è nato un sodalizio che si arricchisce, appena nel 2022, della presenza di Roberto Candia, veneto innamorato della Puglia, alla ricerca di un piccolo appezzamento da curare in loco. Il destino ha voluto che incontrasse la famiglia di Amalbega innamorandosi del progetto con l’unica motivazione plausibile, a detta di Dario “i sogni sanno essere contagiosi”.

Amalberga cresce non solo dal punto di vista umano, ma anche nella superficie fatta di terra rossa, ma anche di calcare fino all’argilla, arrivando oggi a 42 ettari di terreno circa, di cui 13,60 vitati e di proprietà, 5 ettari circa in affitto e 8 in fase di impianto dove si trovano le dimenticate viti di Francavilla, Impigno, Minutolo, Bianco D’Alessano, Verdeca, Ottavianello, Susumaniello, Aleatico e Negroamaro. Una realtà dinamica che denota quanto non ci si possa improvvisare professionisti del settore senza aver studiato e aver ascoltato i tempi pazienti della terra e, talvolta, anche del mondo circostante. A non mancare è il Primitivo, un po’ il simbolo di congiunzione della Puglia enologica.

“Siamo vignaioli. 13 anni fa se avessimo scelto altre strade saremmo stati solo dei produttori, puntando alla commercializzazione. Invece abbiamo voluto dare voce a un territorio vocato impiantando gli autoctoni dimenticati, puntando sul loro potenziale. Abbiamo studiato – sottolinea Dario – Gloria da biologa ha implementato la formazione con l’enologia, io ho approfondito l’aspetto agronomico. La mission è avere dei vini di rottura rispetto alla credenza e immaginario comune del vino pugliese”. Si, perché c’è da andare oltre il solito rosso che tinge il bicchiere a tutti i costi o del “vino da tutti i giorni”.  A rendere possibile questo desiderio è Valentino Ciarla.

La testimonianza forte è quella dell’Ottavianello – gemello del francese Cinsault – e della Verdeca. “Nel vino la semplicità è una cosa complicata da comunicare. Fare un vino che risulta facile da bere senza esser banale, è estremamente complesso come opera. Ho deciso di accettare la sfida per dimostrare che anche i vitigni minori, vinificati in maniera semplice, possono esprimere eleganza e struttura”. Ciarla lo afferma davanti a un calice di Ottanianello e Verdeca, prodotti che lo rendono orgoglioso e sicuro del parere positivo del consumatore. “La Verdeca in purezza firmata Amalberga viene da vigne vecchie di almeno 60 anni e a testimoniarlo c’è una struttura importante, un’ottima spalla acida e un corredo aromatico distinto e mai eccessivo. A colpire però, è l’estrema luminosità. Quando guardo in un bicchiere vado alla ricerca della luce, l’energia, il movimento. E qui ce n’è tanta. Poi arriva la struttura. È un vino di pregio – continua l’enologo – non ha da invidiare nulla ai bianchi dai nomi altisonanti”. Allo stesso modo l’Ottavianello, per quanto riguarda i rossi, si dimostra all’altezza della situazione con il suo carattere deciso e dalla “parte aromatica avvolgente”. Un vino che si innesta come contemporaneo sul mercato italiano ed estero, aprendo la strada alla scoperta di un territorio meno commerciale e più autentico.

La Doc di Ostuni può farcela, può ripartire da qui, dai sognatori e lavoratori che non si arrendono mai. Dario, Gloria, Roberto e Roberto, Valentino, ne sono la testimonianza tangibile di come si possa costruire un futuro meno banale e piacione, stando al passo con i tempi e, allo stesso modo, raccontando una storia coinvolgente e appassionante. Una storia di Puglia diremmo, in cui i sogni sanno avverarsi solo con la giusta dedizione e quel pizzico di collaborazione che qui, di certo, non manca.

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