Alessandra Ferramosca, la cuoca itinerante Salentina che porta la Puglia in valigia

Cuoca perché appassionata di cucina, salentina perché nata e cresciuta nel Salento, itinerante perché girovaga per il suo territorio e oltre per conoscere e promuovere i suoi prodotti più caratteristici. Chi è Alessandra Ferramosca? E perché cucina prelibatezze in giro per la Puglia?

Classe 1973, studi commerciali e tanta esperienza nel marketing e vendite, Alessandra è una donna piena di vita che rispecchia in pieno la sua regione d’origine. Un bel giorno del 2013 ha deciso di dare una svolta alla sua vita facendo ciò che ognuno (o molti) di noi sogna di fare: lasciare il suo lavoro sicuro ma noioso per avventurarsi in un progetto dal futuro incerto ma dalle soddisfazioni immense. Da tempo aveva già realizzato con consapevolezza la sua indole e la sua passione per la convivialità, il buon cibo tradizionale e il suo rituale, che, come spesso nel meridione accade, le ha tramandato la sua nonna materna. Tale influenza in poco tempo l’ha portata ad essere una nomade della cultura enogastronomica, “l’unico stile che mi permette di portare avanti una più efficace promozione territoriale” dice Alessandra.

“Essere una nomade della cucina mi ha consentito di sviluppare un format innovativo, fornendo servizi non solo di cucina ma anche di comunicazione, marketing, consulenza e di poter sperimentare con i prodotti locali. Io parto dalla cucina tradizionale salentina, una solida base che conosco molto bene, tenendomi informata sulle PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali) pugliesi. Mi piace scoprire anche la cucina contemporanea pugliese che sta aprendo un nuovo scenario gastronomico della regione, non vincolato sempre a fave e cicorie o orecchiette con le rape, ma sperimentare nuove realtà.

Le aziende mi contattano per testare nuovi prodotti, come è successo per un’azienda di salumi fermentati di pesce, un prodotto che da poco si sta affacciando nella cucina locale”.

Alessandra vanta nel suo curriculum importanti collaborazioni anche come sperimentatrice, come con un’azienda di comunicazione di Gallipoli e il CNRR di Lecce per i quali ha cucinato l’attualissimo granchio blu e addirittura la medusa.

Quindi il tuo lavoro è realizzare un’esperienza dietro al piatto in funzione di una totale immersione dei sensi?

Esattamente, non mi piace ridurre il mio lavoro alla semplice rivisitazione della cucina locale, magari, non so, declinandola in cucina molecolare o sferificazioni; la mia è una vera cucina tradizionale con il mio valore aggiunto, ovvero piccole innovazioni dovute a nuovi prodotti pugliesi. Un esempio è stato un formaggio affinato in modo particolare che ha diversificato il concetto della tradizione casearia pugliese. Non faccio scuole di formazione, a me piace imparare direttamente dal produttore, magari presenziando a fiere, degustazioni, laboratori dove assaggiare prodotti sempre differenti. Mi impegno in dei tour personali per conoscere aziende locali, come per esempio un’azienda ittica, grazie alla quale ho potuto imbarcarmi per scoprire un allevamento di ombrine, spigole e orate in grandi vasche e in mare aperto, quindi uno stato di semilibertà che dà un gusto unico e genuino al pesce. Anche su un peschereccio di cozza castrense, dove le correnti di acqua dolce le conferiscono un sapore eccezionale.

Qual è la tua organizzazione, in temini di attrezzature e spostamenti?

Da oltre dieci anni fornisco a strutture ricettive e dimore di lusso il servizio di chef a domicilio e organizzazione eventi, piccoli matrimoni, cooking experience e food tour a turisti che provengono da ogni parte del mondo, e che scelgono la Puglia come destinazione territoriale e gastronomica per le loro vacanze. Se la struttura che mi ha ingaggiato è ben fornita non ho bisogno di portare nulla con me. Ma se il menu necessita di uno strumento che la struttura non possiede allora la porto io, perché comunque sono dotata di attrezzature complementari, sempre previo sopralluogo. Per grandi eventi invece collaboro con laboratori gastronomici quindi si arriva sul posto direttamente con i semilavorati.

Hai avuto l’occasione di sviluppare dei progetti anche fuori dalla Puglia?

Si certamente, sono stata a Roma per un progetto di integrazione gastronomica di prodotti pugliesi e laziali come i Panini di Mare (polpo pugliese e guanciale romano oppure cicorie ripassate e pomodorini agrodolci). L’obiettivo è stato quello unire due territori nella tradizione e innovazione. Poi a Parma, dove un ristorante mi ha voluta per un evento a tema Puglia; a Milano per la fiera Tuttofood per laboratori e showcooking, e in Toscana. All’estero invece, in Slovacchia, ho tenuto masterclass e showcooking in vari eventi tra cui il Festival della cultura italiana; e in America, in Ohaio, sono stata chiamata come consulente per un coffe-restaurant pugliese seguendo il menu e la formazione del personale. Quindi anche start up.

Oggi si parla molto dell’eventuale destagionalizzazione dei prodotti e piatti, che ne pensi?

I miei menù sostanzialmente sono stagionali, quindi non sono del tutto concorde alla destagionalizzazione di un prodotto. Nelle nostre memorie gustative esiste la stagione. Quando una persona assaggia un piatto o un dolce in un determinato periodo dell’anno il ricordo inevitabilmente lo associa a quel momento, e solo in quel momento o per quella ricorrenza avvertiamo l’emozione e il calore (a volte anche il sapore più pieno) di quel cibo. Riconosco però che il flusso turistico ci impone di far assaggiare dei prodotti anche fuori stagione. Tempo fa una famiglia di newyorkesi ad agosto voleva assaggiare le fave e cicorie, ma ho dovuto mettere in chiaro che le cicorie potevano essere congelate, perché invernali, oppure sostituirle con le cicorielle all’acqua, presenti in estate ma della famiglia delle bietole. Capisco che bisogna assecondare il cliente, ma almeno essere chiari e onesti su ciò che si offre.

Oggi c’è il boom di programmi televisivi a tema culinario, non hai mai pensato di farne parte?

Ho provato ad entrare in alcuni format televisivi. Però mi piacciono di più i canali e programmi tematici che si occupano di cucina e dove spiegano bene una ricetta raccontando il prodotto e la cura che c’è dietro. Intendo tutto il processo di preparazione e di cottura. Non apprezzo invece le ricette che fanno vedere sui social in maniera frettolosa facendo capire alle persone che un buon piatto può essere fatto supervelocemente senza nessuna cura.

Tendono tutti ad accorciare i reel per raggiungere più persone che sempre più velocemente scrollano via il post.

Nasci però nell’era dei social, nel 2013, che uso ne fai oggi con tutte le difficoltà e le polemiche del momento?

Per me è un rapporto di odio e amore. Ho iniziato con facebook con un profilo privato caricando foto di piatti cucinati. All’epoca, nel 2013, ho ricevuto richieste di lavoro dopo circa due mesi, quindi il social funziona come vetrina, ha aiutato la mia futura attività. Durante la pandemia invece mi ha aiutato molto Youtube con video delle mie ricette.

 Nessuna disavventura sui social?

 Fortunatamente nessuna, mi è capitata solo qualche critica quando ho bagnato la frisella dopo averci messo l’olio. Molti hanno polemizzato con questa mia scelta tecnica forse non usuale, ma è un mio tocco, quel valore aggiunto di cui parlavo prima. Io voglio che la frisa assorba l’olio e le sue fragranze prima che tocchi l’acqua. Questo perché dopo che la frisa è intrisa di acqua poi non è più in grado di assorbire nulla al suo interno, e nel momento in cui si mangia, tutto ciò che si gusta sono gli ingredienti aggiuntivi, pomodoro, sale, etc… Per una questione chimica se si bagna prima la frisa e poi si mette l’olio quest’ultimo tende a scivolare via e quindi ce ne vorrebbe il doppio della quantità per condirla nel modo giusto. I tradizionalisti attaccano ma lasciano il tempo che trovano.

Domanda secca: piatto veloce con pochi ingredienti o piatto elaborato con tanti ingredienti?

 Entrambi, perché a volte se spiegati bene i piatti con pochi ingredienti e facili da preparare hanno dei gusti e dei profumi che non hanno nulla da invidiare ai piatti più complessi. Poi ho preparato piatti anche con più di dieci ingredienti, molto apprezzati dai clienti perché tutti ben distinguibili e in armonia fra loro. Un piatto quindi deve essere solo ben bilanciato. “Less is better” è giusto ma a volte è bello avere di fronte un piatto dove il quid in più è poter distinguere tutti gli elementi.

Non hai mai pubblicato un libro tuo di ricette, pare sia la moda del momento, come mai?

È semplice!  Non ho la spinta emotiva per scriverlo in questo momento. Precedentemente ho pubblicato dei racconti gastronomici dal titolo “Memorie Gustative”, il mio primo libro in cui ho raccolto le memorie gastronomiche di Francesca, la protagonista del mio libro. Se trovassi una casa editrice seria mi piacerebbe poterlo ripubblicare.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

 Nell’immediato penso al periodo pieno di impegni che sta per arrivare con l’arrivo dell’onda turistica più grande; quindi la primavera è per me un momento di ricerca e programmazione nella quale strutturo nel dettaglio tutta la stagione lavorativa. Vivo fondamentalmente dell’andamento del mercato, mi rifaccio alla richiesta che ricevo.

Poi, essendo reduce da numerose consulenze e docenze in alberghieri del territorio in qualità di esperta enogastronomica pugliese, mi piacerebbe, nel medio lungo termine portare avanti la cucina regionale anche all’estero.

Infine accenno solo ad un progetto di consulenza proprio all’estero non ancora definito ma, visto la mia scaramanzia, non approfondisco.

 

 

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