Ruggiero Francavilla, “La pizza mi ha salvato dalla depressione”

Cresciuto nel panificio di famiglia ha curato il “male oscuro” con psicoterapia e lievitati. Oggi ha deciso di credere in sé stesso con un progetto ambizioso

Fare la pizza è da sempre visto come un mestiere su cui ripiegare quando tutti i piani sono andati a vuoto. Ma per Ruggiero Francavilla impastare e stare al forno ha significato salvarsi. Classe 1993, nato e cresciuto a Barletta, ha tentato di sfuggire all’arte bianca scritta nel suo Dna familiare, salvo poi accorgersi che forse, da economista, non avrebbe realizzato il suo destino. Oggi Ruggiero è il pizza e bakery chef del Panificio Francavilla. Nonostante il Covid e la chiusura del passaggio a livello di via Milano abbiano sparigliato le carte dell’insegna di famiglia, lui ha preso in mano le redini del suo destino e ha deciso di scommettere su sé stesso per raggiungere un obiettivo ben preciso: essere felice.

La pizza del sabato sera

“Il primo ricordo che ho della pizza è al Saint Patrick – racconta Ruggiero – Il sabato sera, al termine della settimana lavorativa, finalmente la famiglia si riuniva per cenare insieme. Ed era lì, ai tavoli di quel pub, che ci ritrovavamo”. A quei tempi, il Panificio Francavilla, aperto dal 1986, dedicava la sua vetrina solo al pane. Il piccolo Ruggiero, affascinato dal rumore dei macchinari, a volte faceva le scale per andare spendere il resto della notte sui sacchi di farina, dove ritrovava il sonno.

Ma ben presto la grande fatica di papà Emanuele e mamma Nunzia scoraggia Ruggiero dal seguirne le orme. Frequenta lo scientifico perché pensa a una carriera da ingegnere. Si fa sedurre dalla filosofia. Alla fine, dopo il diploma, si iscrive a economia aziendale per disegnare una strada tutta sua o, eventualmente, tenersi la porta aperta per tornare nel panificio di famiglia, ma da manager.

Panico e paura

Inizia a macinare esami, uno dopo l’altro, tutti siglati da un bel 30 e lode. Poi, durante i suoi giorni da studente universitario qualcosa si rompe. “Ero nei corridoi dell’università e guardavo questi ragazzi, tanti, che andavano e venivano dalle aule. Studiavano le mie stesse cose e mi ritrovai a pensare: ‘Come potrò fare la differenza?’. Ed è lì che ho sentito cambiare qualcosa”.

Come un chiodo che cede lentamente fino a far cadere il suo quadro, Ruggiero inizia a peggiorare nello studio. Prima una semplice flessione che attribuisce alla stanchezza. Poi, però, a complicare le cose arrivano gli attacchi di panico. Uno, due, dieci. Smette di uscire di casa. La sua fortuna? La psicoterapia e mamma Nunzia. “Ha subito capito che c’era qualcosa che non andava, mentre mio padre pensava semplicemente, rifiutando l’idea dell’esistenza di un problema più complesso, che non avessi voglia di lavorare”.

Ruggiero va in ospedale e i medici gli consigliano un percorso di psicoterapia, in cui Ruggiero si impegna e investe sette anni della sua vita. Nel frattempo, un po’ per distrarlo un po’ per tirarlo fuori di casa, i genitori lo invitano a dargli una mano in panificio. Lui, che il pane lo sa fare da quando aveva otto anni, va in laboratorio e inizia ad appassionarsi alla lievitazione. I ritmi del panificio sono troppo alti per lui. Così, quando non riesce a lavorare, va a casa e studia. Quando sente di farcela, va in panificio e mette alla prova le sue conoscenze. E scopre che quello che per altri è difficile a lui viene facilissimo. Soprattutto: che quel lavoro lo stava guarendo.

Risalire la china

Ruggiero decide di coltivare questo talento non solo con lo sforzo delle braccia, ma da professionista. Si iscrive alla Cast Alimenti, dove frequenta un corso di panificazione, pizzeria e prodotti alimentari da forno per intolleranze e senza glutine. Fa lo stage al Dolce Forno De Tommaso, a Torre Santa Susanna, in provincia di Brindisi, e poi torna a casa. Ma come spesso accade agli eroi, le avversità tornano a funestare il cammino di Ruggiero. Il Covid e la chiusura del passaggio a livello di Via Milano interrompono la serie fortunata di eventi che lo avevano portato al fianco di papà Emanuele per far crescere il panificio. Un’offerta di lavoro a Pavia per la sua ragazza giunge in contemporanea a quella per lui dal Ristorante Lino nella stessa città. La coppia parte e Ruggiero si trova a non potersi più sottrarre ai ritmi alti di una cucina professionale, che nel giro di un anno viene premiata con la stella Michelin. Anche qui, come all’università, Ruggiero sa di essere un numero e non un nome, che deve faticare il triplo. Ma i lunghi anni di terapia, la fatica e la determinazione che sente scorrergli potente nelle vene, gli permettono di ritagliarsi spazio e importanza nel team del Lino.

Il nuovo Ruggiero Francavilla

A ottobre 2023 Ruggiero torna a casa, a Barletta, con un’idea in testa: mettersi in gioco. Si è iscritto a diversi concorsi, tra cui la Pizza Bit Competition di Molino Dallagiovanna e il Campionato del mondo della Pizza, in cui gareggerà da solo e in team. In ogni occasione, davanti a ogni giuria, con toni eleganti e composti, racconta la sua storia di caduta e redenzione.

“Voglio raccontare che fare il pizzaiolo non è un lavoro per gli ultimi, per tutti quelli che non hanno saputo fare altro. Voglio raccontare che questo mondo è talmente bello che può anche salvarti quando pensi che tutto sia perduto. A furia di concentrarmi sulla lievitazione ho dimenticato le cose brutte. Mi sto mettendo in discussione perché voglio confrontarmi con altre persone, ma anche di dimostrare che anche i brutti periodi possono diventare dei brutti ricordi”.

Intanto, oggi Ruggiero si dedica a far crescere l’attività di famiglia. A breve prenderà vita la sala in cui poter sostare per assaggiare la sua pizza. Nell’attesa, ci sono tre vetrine dedicate al dolce, salato con pizze e panini gourmet e panificazione. Si pranza e si cena sui tavoli alti oppure si porta tutto a casa. Il tutto in un contesto elegante, caratteristica cara al pizzaiolo barlettano, fervente ammiratore di Franco Pepe, la sua Margherita Sbagliata e il suo stile.

Nel suo futuro c’è un progetto di personal branding che lo porterà in giro per la Puglia. Chiederà alle persone di esprimere un desiderio in forma di pizza e lo realizzerà. In più, ultimo, ma non meno importante, un desiderio piccolo eppure gigantesco. Semplice, ma imponente come una Margherita fatta bene: essere felice.

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