Ora non ci sono proprio più dubbi, grazie all’intervista che già nel 2018 e nel 2020 il demologo barese Felice Giovine fece al suo inventore, ribadita qualche giorno fa nel bel servizio di Alessandra Bucci su TeleBari, organizzato proprio da me e dal mio amico Felice, sappiamo con certezza e dovizia di particolari, la vera storia degli ormai celeberrimi “Spaghetti all’assassina”.
E non solo, perché durante l’intervista, l’inventore degli spaghetti all’assassina, ha raccontato anche altre cose, tra cui la ricetta precisa, che molto si discosta da quelle che circolano nella città di Bari. Ne hanno parlato in tanti, molto spesso a vanvera, altre volte quasi appropriandosi di qualcosa che, invece, è diventato patrimonio della città di Bari. Sul web circolano da tempo centinaia di ricette sbagliate, semplicemente inventate da chi, senza base alcuna ha divulgato l’idea di un piatto risottato che parte direttamente in padella dagli spaghetti crudi.
Falso, non è così ed è proprio il suo inventore che nell’intervista fuga ogni dubbio su questo aspetto.
Insomma, dopo tante storie, storielle e leggende inventate, vale certamente la pena ripetere e ampliare quella che è l’unica vera storia, del cui racconto custodisco il video e sono pronto a farlo vedere a chiunque ci tenga a sentirla direttamente dalla voce dal suo inventore Enzo Francavilla, simpatico, divertente e lucidissimo uomo di 90 anni.
LA VERA STORIA DEGLI SPAGHETTI ALL’ASSASSINA
Nel 1967, il cuoco foggiano Enzo Francavilla, da pochi giorni titolare dell’osteria “Al Sorso Preferito”, in via Bozzi a Bari, si ritrovò una coppia di clienti napoletani in visita alla città, che gli chiesero un piatto che “non avevano mai mangiato”. Francavilla aveva comprato la licenza pochi giorni prima con l’aiuto economico di un avvocato suo amico e racconta così la nascita della sua idea: “Non avevo una lira. Mi guardai attorno e vidi una capa (testa) d’aglio, il peperoncino, u pomodòre (il pomodoro) e gli spaghetti che mi facevano l’occhiolino, anzi i vermicelli”.
A questo punto dell’intervista, Enzo Francavilla racconta anche dettagliatamente la ricetta, ma di questo parlerò con precisione nell’articolo della prossima settimana. Non per fare il misterioso, ma semplicemente perché è una ricetta molto diversa da tutte quelle che troverete pubblicate sul web e sui giornali, o che attualmente vi capita di mangiare nei ristoranti, e merita un articolo a sé.
Insomma, la verità è che questo piatto è stato riportato in voga – e questa è senza dubbio una bella cosa – ma senza, fino a poco tempo fa, una vera e propria ricerca storica.
Pertanto la versione originale di Francavilla, segna una vera linea di demarcazione prendendo decisamente le distanze da tutti quei piatti malamente bruciati che stanno rovinando la ristorazione barese e la sua divulgazione prenderà nettamente le distanze dall’ormai fin troppo diffusa idea che basti buciacchiare qualcosa per farla diventare all’assassina!
Ma, continuando a raccontare la storia, ecco com’è andata effettivamente.
Francavilla prepara questo nuovo piatto e lo serve alla coppia napoletana raccomandandosi di non bere mai durante il pasto, ma soltanto alla fine, perché la voglia di spegnere il piccante con il vino o con l’acqua, avrebbe rovinato tutto. I due avventori così fecero e, alla fine, Enzo si avvicinò e chiese loro il parere, ricevendo una risposta entusiastica: “Figlio mio – ero giovane allora – questi spaghetti sono una cannonata, buonissimi, però sono assassini!”
“Ecco spiegato il nome degli spaghetti all’assassina – continua nel suo racconto Enzo Francavilla – da quel giorno volli chiamarli così. Ma non li misi nel menù, nel quale avevo 24 tipi di spaghetti, poiché, quando arrivavano le comitive, ogni persona sceglieva il suo. Solo alla fine io portavo gli spaghetti all’assassina, come complimento”.
Con il termine “complimento”, a Bari, si usava definire il regalo di fine pasto, quello che non viene pagato dal cliente ma regalato dal cuoco, persino dopo il dolce e lo spumante e, spesso, erano gli spaghetti aglio olio e peperoncino. Ma il complimento di Enzo erano gli spaghetti all’assassina.
“Mai ho avuto l’applauso per gli altri spaghetti che preparavo prima – continua il suo racconto Francavilla – ma quando portavo gli spaghetti all’assassina s’appecciàve u munne (si accendeva il mondo). Io mi presentavo a tavola tutto sporco di schizzi di pomodoro e mi facevano tantissimi applausi. Ero così sporco che non mi chiamavano più Sorso Preferito, ma il Zozzo Preferito!”.
“Era, quindi un piatto che potremmo definire povero?” gli chiedo.
“Poverissimo, anzi avrei dovuto chiamarli spaghetti dei disgraziati, proprio perché me li sono inventati con quel poco, quasi nulla, che avevo. E alla fine i clienti mi dicevano sempre che gli avevo fatto ordinare altro, ma, se avessero saputo che c’erano gli spaghetti all’assassina, avrebbero ordinato soltanto quelli”.
Enzo saltuariamente prepara ancora gli spaghetti, ma solo per la sua famiglia o per se stesso, in quanto gli piace davvero farlo.
“Ma ho insegnato a farli a mia figlia Pina e ora l’allieva ha superato il maestro, è più brava di me!”
Nel corso di questo emozionante incontro con Francavilla, il mio amico Felice Giovine gli ha chiesto anche di raccontare quella volta in cui li preparò per il grande Eduardo De Filippo.
“Io la domenica chiudevo perché avevo bisogno di riposare dal tanto lavoro che facevo, circa 18/20 ore al giorno. Abitavo in Corso Sonnino di fronte al Bar Viola, in un bell’appartamento grande dove avevo persino il pianoforte. Eduardo mi chiamò il giorno prima chiedendomi dove poteva andare a mangiare e gli dissi che io ero chiuso perché dovevo riposarmi. Non ci fu verso, mi disse che non c’era niente da fare perché sarebbe venuto a casa mia e così preparai per lui anche questo mio cavallo di battaglia. Ma in tanti sono venuti da me, mi ricordo Mike Buongiorno, Maria Callas, il tenore Giuseppe Di Stefano, Pupetta Maggio, persino Steve Reeves, l’attore americano che interpretava Ercole e che nel film fece cadere le colonne. Chissà, forse aveva mangiato poco prima i miei spaghetti (ride). Poi tanti personaggi della politica, io avevo un cappello da cuoco con 1000 firme, ma purtroppo non ce l’ho più, me lo rubarono”.
Finalmente è arrivato il momento, quindi, di mettere un punto fermo a tutte le imprecisioni, errori e stupidaggini che girano sugli Spaghetti all’Assassina. La prima cosa che va ribadita, nell’ottica di dare a Cesare quel che è di Cesare, è che chi ha intervistato per la prima volta il suo inventore, è stato Felice Giovine, demologo e storico della città di Bari, custode dell’Archivio Storico delle Tradizioni Baresi, nonché figlio dell’immenso Alfredo Giovine che, nell’arco della sua vita, ha lasciato, al capoluogo pugliese, un enorme patrimonio di sue opere e documenti storici, tanto da meritarsi anche un tratto di Lungomare a lui intitolato.
Mi pregio dell’amicizia di Felice da oltre vent’anni e tengo, quindi, a ribadire che, quando in tanti si attribuivano meriti che non avevano, lui è stato assolutamente e certamente il primo.
Nel 2020 anche io ho cominciato ad occuparmi della divulgazione della verità con un articolo molto letto sul web.
Questa intervista è quella che sfata definitivamente una serie di dicerie, riprese con tanta approssimazione da tanti giornali e blog, compreso il New York Times, che, ultimamente, si è soffermato su aspetti più voyeristici che storici. Fra soltanto una settimana, invece, vi riporterò la vera ricetta raccontata con dovizia di particolari da Enzo Francavilla, sfatando una serie di passaggi riportati da tanti, come Giallo Zafferano, La Cucina Italiana, Fatto in casa da Benedetta, Gambero Rosso, Casa Pappagallo, Giorgione e – pensate – persino da me stesso, dall’Accademia dell’Assassina e dai tanti che si professano cultori del piatto. Un’anteprima? Ok, dimenticate i termini “risottatura”, “brodo di pomodoro”, “tostatura”, persino “bruciatura”. Ma ne parleremo fra una settimana, per ora “gustatevi” la vera e completa storia.
La prossima settimana, però, vi prometto che saprete tutto sulla vera e originale ricetta by Enzo Francavilla, il cuoco foggiano che ha fatto questo regalo alla città di Bari.
Foto Credit: Maria Prudenza Nugnes
@maria.prudenza.photos
Foto Enzo Francavilla di Sandro Romano