“Oro” il titolo del libro di Federica Pellegrini, la “Divina” si racconta in Puglia

Riproponiamo una delle interviste realizzate da Patrizia Nettis, la giornalista pugliese prematuramente scomparsa lo scorso 29 giugno a Federica Pellegrini. Non era la tua prima intervista fatta alla “Divina”, che apprezzavi come atleta e come donna, ma ogni volta riuscivi a cogliere aspetti inediti di una campionessa così grande. Il tuo talento resterà leggibile negli articoli che ci hai lasciato.  

L’acqua come filo conduttore della sua vita, dentro e fuori la vasca, la passione per il nuoto, il suo tutto anche oggi che è uscita dalla piscina; l’amore con il suo allenatore, le storie passate, la bulimia, le gioie del titolo olimpico, il record di Roma che ancora resiste.

Federica Pellegrini si racconta ad Alberobello, ospite d’onore della 13ma edizione di “Tracce di donne” (organizzata dall’associazione “Da Betlemme a Gerusalemme” guidata dalla presidente Fenisia Gramolini) nel giorno del 226mo compleanno della Capitale dei trulli (a fine serata ha anche spento le candeline). Una vita d’oro come “Oro” è il titolo della sua biografia scritta a quattro mani con la giornalista Elena Stancarelli per “La nave di Teseo” e che è in cima alle classifiche delle ultime settimane tra i libri più venduti.

Non è l’esordio in Puglia (la prima nel 2014 a Bari, la seconda nel 2018 nel Salento), una terra “dove c’è sempre qualcosa da mangiare”, scherza la divina citando panzerotti e pasticcini al pistacchio. La regina dei 200 stile libero parla a una platea di fan innamorati ripercorrendo le tappe della sua carriera. Lei, che non ricorda quando ha imparato a nuotare perché sua mamma Cinzia (seduta in prima fila) l’ha buttata in acqua quando aveva meno di un anno ma che ha capito subito che l’acqua sarebbe stata la sua casa: “Vivere della propria passione è la chiave per essere felici – dice -, io ho avuto la fortuna di trovare la mia passione al primo colpo, di trovare la mia strada quasi da subito e di seguirla, nonostante le difficoltà. Credo sia una cosa comune alle grandi passioni che un po’ ti salvano la vita. E l’acqua, appunto, è stata la mia vita e la mia più grande passione”.

Ai tanti giovani dice: “Lo sport è una delle scuole di vite più belle e più intense che esistono oggi in un percorso di crescita che insegna i valori della dedizione, del rispetto dell’avversario, del sacrificio che è una parola che non mi piace molto perché non penso di aver sacrificato delle cose per la mia passione, semplicemente ho inseguito l’onda”. E non importa se ha dovuto saltare feste di compleanno degli amici per allenarsi (come ricorda la mamma): “Certamente per emergere in una disciplina specifica devi nascere con una predisposizione naturale in quella disciplina, ma sono convinta che il lavoro duro batta sempre un talento che non lavora. Io mi sono sempre allenata tantissimo, non ho mai lasciato scivolare dalle mani questo grandissimo dono che mi è stato dato e sono certa che un talento allenato sia imbattibile”.

Pellegrini parla anche del rapporto con il suo allenatore Matteo Giunta, poi diventato suo marito: “Un rapporto che al di là del solito cliché della relazione tra atleta e tecnico è cresciuto nel tempo”. Nascosto fino al ritiro come si fa per proteggere le cose belle e importanti, come racconta anche nel suo libro. E nel libro parla anche della bulimia. Lei che si ingozzava di tutto durante il giorno e poi la sera vomitava il più possibile per senso di colpa. “Non ero felice e quando ho capito che questo intaccava la mia più grande passione ho chiesto aiuto”.

Si diverte a giocare con i bambini insegnando sul palco “la passata” della bracciata a stile libero e non manca un messaggio ai genitori, ricordando sua mamma che le preparava le fette biscottate e il panino con la bresaola: “Sono gesti che forse fanno sorridere ma sono l’essenza della crescita e della sicurezza di noi atleti. Per questo alle mamme e ai papà dico: se i vostri figli hanno un talento vale la pena assecondarli e seguirli anche se non diventeranno campioni olimpici, perché comunque ne sarà valsa la pena”.

 

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